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Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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21
DOC4B-0002
DOC IV bis n. 2 Legisl. XIII
23-02-98 [ DOC13-4BIS-2 DO C134BIS0002 13DOC4BIS 00002 DOC13-4BIS-2A 13DOC4BIS 00002 A 000900052 DOC4BIS 00002 000004B000200000101000919SI1 9 000101000534SI1 5 0000 00 00 ]
      DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
         AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
                        nei confronti
     DEL DEPUTATO  ROSY BINDI  NELLA SUA QUALITA' DI
                    MINISTRO DELLA SANITA'
  PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 e 323 DEL
  CODICE PENALE (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO
        UFFICIALE IN ATTI PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO);
  PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL CODICE
  PENALE (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN
               ATTI PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
           TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
                 PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                     il 23 febbraio 1998
  All'onorevole Presidente
  della Camera dei Deputati
                                        Roma, 21 febbraio 1998
     Ai sensi dell'articolo 8 della legge costituzionale n.
  1/89 si rimettono, per quanto di competenza, gli atti relativi
  alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del
  Ministro On. Rosaria BINDI.
     Ossequi
                    Il Pubblico ministero
                      Roberto Cavallone
            Sostituto procuratore della Repubblica
                       Giuseppe Volpari
            Procuratore aggiunto della Repubblica
 
                              Pag.2
 
              COLLEGIO PER I REATI MINISTERIALI
                 presso il TRIBUNALE di ROMA
                       Via Triboniano 3
                                              R.G. COLL. 15/97
                                             R.G. P.M. 3588/97
     Il Collegio composto a norma dell'articolo 7 L. Cost. n.
  1/1989 dai seguenti magistrati:
       dott. Bruno Fasanelli,  presidente; 
       dott. Aldo Scivicco,  giudice; 
       dott.ssa M. Francesca Maresca,  giudice; 
  riunito in camera di consiglio, visto il procedimento nei
  confronti di:
  BINDI Rosaria nata a Sinalunga il 12.2.1951
  ha emesso la seguente
                          RELAZIONE
  Con denuncia presentata al Procuratore della Repubblica
  presso il Tribunale di Roma in data 11 febbraio 1997, il Dott.
  Giuseppe Ferraro faceva presente di essere stato nominato
  dall'ex Ministro della Sanità, Elio Guzzanti, commissario
  straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura dei tumori
  "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli in data 1^ marzo 1996.
  Riferiva, altresì, che tale nomina era stata determinata al
  fine di porre rimedio ad una serie di gravi carenze ed
  irregolarità della gestione evidenziata all'esito di una
  ispezione del 1995 condotta dal dottor Giorgio Di Dato per
  conto e nell'interesse del Ministero del tesoro le cui
  conclusioni erano state sottoposte all'attenzione del Ministro
  del tesoro e della sanità, oltre che alla Procura della
  Repubblica di Napoli e a quella regionale della Corte dei
  conti.
     Alla pagina 6 del verbale ispettivo (allegato 1 della
  denuncia) venivano evidenziate chiaramente le cause del
  dissesto, dovute ad una enfatizzazione della funzione dei
  sindacati interni, i quali avrebbero avuto il potere di
  condizionare le decisioni degli organi di amministrazione e
  della dirigenza dell'Ente verso soluzioni illegali a danno
  dell'organizzazione dell'Istituto.
     In particolare dopo il suo insediamento, iniziava una vera
  e propria attività concentrica da parte delle organizzazioni
  sindacali volte a contrastare l'opera di risanamento del
  Ferraro e tutto ciò con riferimento specifico alla sua
  attività volta a far cessare ogni forma di erogazione di
  emolumenti accessori a quelli stipendiali, di fatto in
  godimento a circa 70 ricercatori laureati.
     Tale modalità operativa era non solo finalizzata a criteri
  di economicità dell'Istituto ma anche perfettamente in linea
  con l'orientamento dello stesso Ministero e alle conclusioni
  poste in rilievo dall'ispezione del dottor Di Dato.
     Tali decisioni sollevavano, come detto, le doglianze di
  molte organizzazioni sindacali e davano spunto a numerose
  denunce e interrogazioni parlamentari che sollecitavano
  sostanzialmente la rimozione del denunciante.  A questo punto,
  nonostante che il Ferraro avesse chiesto un incontro riservato
  con il Ministro della sanità, anche per meglio fornire le
  ragioni del suo operato sul piano della legalità, veniva
  convocato, a suo dire inopinatamente, dallo stesso Ministro
  Rosaria Bindi, ad un "incontro pubblico" unitamente a tutte le
  organizzazioni sindacali dell'Istituto per il giorno 11
  dicembre 1996.  E nonostante le obiettive difficoltà nella
  disamina delle varie problematiche (atteso il gran numero
  delle persone convenute e la durata della riunione) non
  emergevano - a parere del Ferraro - "fatti che potessero
  suscitare la revoca del Commissario del Pascale".
     In data 10 gennaio 1997, "a ciel sereno", gli veniva
  comunicato - via  fax-  il decreto del Ministero relativo
  alla nomina di un nuovo Commissario Straordinario (allegato 2
  della denuncia) e tale provvedimento - datato 9 gennaio 1997 -
  stabiliva la sua contestuale revoca motivata da "una
 
                              Pag.3
 
  insanabile situazione di incompatibilità ambientale causa di
  grave pregiudizio per la funzionalità dell'Ente, con negativi
  riflessi sul corretto perseguimento delle finalità
  istituzionali".  Al riguardo il denunciante censurava la
  legittimità e l'opportunità della nomina del nuovo Commissario
  Straordinario, professor Alfonso Barbarisi, il quale non
  avrebbe avuto alcuna esperienza di gestione di Enti sanitari
  e, per giunta, appartenente alla stessa area di partito del
  Ministro Bindi.
     Il 28 gennaio 1997 il TAR Campania accoglieva con
  ordinanza la domanda incidentale del Ferraro tesa ad ottenere
  la sospensione del provvedimento del Ministro, e tuttavia il 5
  febbraio 1997 quest'ultimo reiterava con decreto la revoca,
  con contestuale riconferma del professor Barbarisi,
  motivandolo, fra l'altro, sulla base della necessità di
  "eliminare la situazione di conflittualità da tempo esistente
  nell'Istituto" con "la situazione di grave disordine interno
  all'Istituto ... oggettivamente collegata a comportamenti del
  Commissario Straordinario, dottor Ferraro", con "la frattura
  creatasi tra il Commissario Straordinario ed il Segretario
  Generale dell'Ente", circostanze che portavano a concludere
  che era "venuto meno il rapporto fiduciario che... è
  fondamento dell'atto di nomina e della permanenza
  dell'incarico di Commissario Straordinario".
     In proposito e per completezza espositiva, l'  iter
  processuale, alla stregua delle acquisizioni disposte da
  questo Collegio, ha visto a tutt'oggi, il rigetto da parte del
  Consiglio di Stato, in data 11 marzo 1997, dell'appello
  proposto dal Ministro della sanità avverso l'ordinanza del TAR
  Campania sopraricordata e la sentenza 3 giugno 1997 del
  medesimo TAR di accoglimento nel merito della domanda del
  Ferraro e per l'effetto l'annullamento di entrambi i decreti
  di revoca emessi dal Ministro della sanità.
     Tanto premesso, il Collegio provvedeva a svolgere indagini
  preliminari, alla stregua delle richieste del PM che in data
  1^ aprile 1997, trasmetteva gli atti relativi alla citata
  denuncia, ai sensi dell'articolo 6 legge costituzionale 16
  gennaio 1989, n. 1.
     In particolare, il Collegio acquisiva documentazione
  attinente al  curriculum  relativo alle esperienze
  lavorative del professor Barbarisi e che hanno formato oggetto
  del provvedimento di nomina quale Commissario straordinario
  dell'Istituto "Senatore Pascale", il verbale di riunione
  tenutasi l'11 dicembre 1996 presso il Ministero della sanità,
  nonché copia dei verbali del Collegio dei revisori dei conti
  di cui è cenno nel secondo decreto ministeriale 5 febbraio
  1997 (che reiterava, la revoca dell'incarico al Ferraro) e
  delle 56 denunzie, oltre le 7 interrogazioni parlamentari
  anch'esse indicate nel citato decreto ministeriale (cofr.
  volume 2 "acquisizioni").
     Il 22 maggio 1997 si procedeva ad interrogatorio del
  Ministro Bindi; l'8 luglio 1997 all'esame del Ferraro; il 30
  settembre del 1997 all'esame del dottor Zotta Giovanni,
  Direttore del servizio vigilanza enti del suddetto Dicastero
  (anch'egli partecipante alla riunione dell'11 dicembre 1996)
  nonché del dottor Conte Carlo, Presidente del Collegio dei
  revisori dei conti presso l'Ente in questione; l'11 novembre
  1997 all'esame del dottor Graziano Olivieri, Direttore
  sanitario dell'Istituto, anche in merito alla gestione ed ai
  dati statistici, per l'anno 1996, relativa alle attività
  assistenziali di cui fa riferimento il Ferraro all'allegato 3)
  della denuncia.
     Nel corso delle indagini veniva prodotta ampia
  documentazione difensiva da parte dell'Avvocatura generale
  dello Stato ed imperniata su tre memorie, rispettivamente in
  data 29 aprile, 19 novembre 1997 e 12 gennaio 1998.
     All'esito, il Procuratore della Repubblica, richiedeva in
  data 16 dicembre 1997, la restituzione degli atti per la loro
  rimessione al Presidente della Camera dei deputati ai sensi
  dell'articolo 8 legge costituzionale n. 1/89.
     Tanto premesso questo Collegio
                           OSSERVA
  gli atti sui quali deve fondarsi il giudizio da parte del
  Collegio sono da individuarsi nei due decreti emessi dal
  Ministro della sanità in data 9 gennaio e 5 febbraio 1997.  E
 
                              Pag.4
 
  non vi è dubbio che in entrambi i provvedimenti vengono
  evidenziate pesanti valutazioni negative a carico del dottor
  Ferraro ed, in particolare, in ordine alla sua attività di
  gestione protrattasi per meno di un anno nell'Istituto in
  questione.
     Nel primo decreto del 9 gennaio 1997 si legge di "una
  insanabile situazione di incompatibilità ambientale, causa di
  grave pregiudizio per la funzionalità dell'Ente con negativi
  riflessi sul concreto perseguimento delle finalità
  istituzionali".  Un primo elemento che risulta all'evidenza è
  l'assoluta carenza di motivazione per legittimare la revoca
  dell'incarico, tenuto anche conto della peculiare natura
  dell'atto di alta amministrazione nonché costitutivo di
  situazioni giuridiche nuove (la nomina di un nuovo
  commissario) e contestualmente, la rimozione di un alto
  funzionario dello Stato.
     Vi è solo il generico riferimento ad un "approfondimento
  istruttorio" a seguito dell'"incontro" tenutosi l'11 dicembre
  1996 dinanzi al Ministro della sanità.  Tale parametro di
  riferimento appare capzioso e strumentale; non può certo
  definirsi tale indagine "istruttoria" (e per giunta
  approfondita) una riunione nella quale sono state ascoltate le
  doglianze (e neppure tutte) delle varie rappresentanze
  sindacali e per un lasso di tempo di poche ore.
     Ma non solo: non emerge assolutamente dalla lettura del
  verbale della riunione ministeriale dell'11 dicembre 1996 che
  siano sorte contestazioni circa l'operato del Ferraro, almeno
  da parte dell'organismo preposto alla vigilanza sugli Enti e
  che fa capo al Direttore Generale del Ministero della sanità
  dottor Zotta pure presente durante il corso della riunione
  sopraindicata.  Vi è soltanto un richiamo da parte del dottor
  Conte, Presidente del Collegio dei revisori dei conti, su uno
  specifico problema riguardante le "transazioni" con i
  creditori dell'Istituto e per le quali egli sollecita risposta
  da parte dell'Amministrazione ed i cui "atti non risultano
  ancora invece pervenuti" (chiaro il riferimento al verbale n.
  214 del medesimo Collegio dei revisori, acquisito agli atti).
  Per il resto il dottor Conte si augura un ritorno alla
  "normalità" (visto che la gestione straordinaria perdura da 8
  anni) mentre il dottor Vitale, componente del medesimo
  Collegio, ha affermato semplicemente la necessità di
  correggere solo delle "piccole storture".
     Pochi e insignificanti, i rilievi rappresentati dal
  Collegio nei confronti del Ferraro se si considera la
  precedente e non remota, grave, situazione gestionale che
  aveva formato oggetto dell'accurata ispezione del dottor Di
  Dato, tuttora perdurante, nonostante la nomina di un nuovo
  amministratore come si evince dalle dichiarazioni dello stesso
  dottor Conte dinanzi a questo Collegio e nelle quali, faceva
  presente come, in definitiva, i solleciti soprarichiamati (di
  cui al verbale n. 214) rimangono ancor oggi, con il nuovo
  commissario straordinario Barbarisi inevasi.  Sta di fatto - ed
  è assodato dall'esito della indagine - che ciò che appare
  oggettivamente rilevante è che nulla è stato contestato da
  parte del Ministro circa l'operato del Ferraro né in
  precedenza né contestualmente ai due provvedimenti di revoca.
  Pretestuoso, inoltre, risulta il riferimento nel decreto
  ministeriale all'"approfondimento istruttorio" in assenza di
  verifiche sulla correttezza dei risultati gestionali, sul
  piano della legittimità e dell'operato - complessivamente
  considerato - del commissario straordinario Ferraro.
     In definitiva, ammessa e non concessa (come in seguito si
  dirà) una sua inidoneità a mantenere buoni rapporti di
  collaborazione con le componenti sindacali (e non tutte come
  può ben rilevarsi nel più volte ricordato verbale di riunione
  dell'11 dicembre del 1996) in merito all'annoso problema del
  trattamento economico dei ricercatori laureati, la valutazione
  raccolta nelle argomentazioni dei due decreti, redatti dal
  Ministro BINDI, pregiudicanti la professionalità del Ferraro
  (e di riflesso l'immagine dell'Istituto) avrebbe dovuto
  fondarsi su altri e ben diversi parametri comparativi e
  valoriali.
     Lo stesso Ministro della Sanità, in sede di interrogatorio
  dinanzi a questo Collegio, non ha potuto fare a meno di
  riconoscere sostanzialmente la correttezza dell'operato del
  Ferraro e, comunque, dal contesto delle sue dichiarazioni non
 
                              Pag.5
 
  si evince minimamente alcun addebito specifico,
  ragionevolmente contestabile, se non una generica necessità
  (posta già a base dei due provvedimenti in parola) di una
  "moralizzazione complessiva" dell'Istituto.  Tale
  manifestazione di giudizio appare ancora una volta
  insufficiente per fondare i presupposti di una rimozione del
  Commissario straordinario, esclusivamente "colpevole" di non
  essere persona accomodante rispetto a taluni interessi delle
  Organizzazioni Sindacali che avanzavano le loro istanze, in
  palese contrasto con il contenuto, sul punto, della relazione
  Di Dato pur disposta dal Ministero del Tesoro.
     Al riguardo, circa il problema della conflittualità con i
  Sindacati (peraltro fisiologico nell'ambito di quell'Istituto
  attesa la grave situazione persistente rilevata dall'ispezione
  del Dott. Di Dato), il Direttore Generale del Ministero della
  Sanità, Giovanni Zotta confermava, in sede di esame dinanzi a
  questo Collegio (pagg. 102-103) che la sospensione del
  pagamento dell'indennità disposta dal Ferraro nei confronti
  dei ricercatori laureati era perfettamente in armonia sia con
  le conclusioni della precedente ispezione, sia con
  l'orientamento del medesimo Ministero della Sanità (e,
  pertanto, della Direzione Generale Vigilanza sugli Enti) in
  quanto non vi era altro modo, all'epoca, di risolvere il
  problema degli emolumenti corrisposti.  Anche Carlo Conte,
  Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, confermava
  tale specifica circostanza (p. 169).  E se è pur vero che tale
  specifico problema verrà successivamente, (rispetto alla
  gestione commissariale del Ferraro) risolto in forma
  favorevole alle istanze sindacali (v. sentenza del Consiglio
  di Stato n. 318/97 Reg.  Dec., depositata il 1^ aprile 1997,
  ciò non sposta minimamente il problema: non solo perché tale
  decisione interveniva in epoca successiva ai due provvedimenti
  di revoca del Ferraro ma anche e soprattutto perché
  quest'ultimo, con i suoi poteri decisionali, aveva
  semplicemente ottemperato alle direttive ministeriali e alle
  valutazioni dell'Ispettore del Ministero del Tesoro, Giorgio
  Di Dato.
     Quanto, poi, al problema attinente alla conflittualità con
  il segretario generale dell'Istituto, Oreste Pennasilico, e al
  quale il Ferraro aveva negato il potere di controfirma degli
  atti, il Dott. Giovanni Zotta riferiva al Collegio che
  l'interpretazione della normativa data dal Ferraro era stata
  riconosciuta corretta (pag. 114) alla luce del parere
  formulato dall'ufficio legale del Ministero della Sanità.
  Analogamente tale circostanza veniva confermata dal Dott.
  Conte (pag. 165) il quale aveva semplicemente segnalato, nel
  verbale n. 214 del Collegio dei Revisori (richiamato nel
  decreto di revoca del 5 febbraio 1997) l'obiettiva
  "conflittualità" esistente tanto da determinare una crisi del
  "rapporto di fiducia" tra i due soggetti.  Ma ciò, alla luce di
  quanto riferito dal Conte e dalla semplice lettura di quel
  verbale, non era, di certo, da intendersi quale specifica
  censura sull'operato del Ferraro.
     E, del resto, come si è detto, la questione veniva decisa
  in senso favorevole a quest'ultimo, previo parere favorevole
  del competente Ufficio Legale del Dicastero.
     Proprio per ciò appare all'evidenza capziosa e
  pretestuosamente inveritiera l'affermazione contenuta nel
  citato decreto di revoca del 5 febbraio 1997 (e non contenuta
  - si noti - nel precedente decreto del 9 gennaio 1997) circa
  la "frattura creatasi tra il Commissario Straordinario e il
  Segretario Generale dell'Ente, ben evidenziata nei verbali n.
  214 del 5-6 luglio 1996 e n. 215 del 5-6 settembre 1996 del
  Collegio dei Revisori dei Conti".
     Basta osservare che nel verbale n. 215, richiamato nel
  decreto ministeriale del 5 febbraio 1997, non si rinvengono
  elementi di doglianza da parte del Collegio dei Revisori né
  tantomeno si muovono censure sul piano della legittimità
  dell'operato del Ferraro.
     Sul problema relativo all'asserito grave pregiudizio per
  la funzionalità dell'Istituto "Pascale" con "negativi riflessi
  sul corretto perseguimento delle finalità istituzionali"
  (decreto 9 gennaio 1997), lo stesso Dott. Conte ha
  riconosciuto l'aumento della produttività durante la gestione
  del commissario straordinario (pag. 183); ed anche il Dott.
 
                              Pag.6
 
  Olivieri, Direttore Sanitario dell'Istituto Pascale ha
  confermato al Collegio gli incrementi delle prestazioni
  assistenziali.  La documentazione acquisita - e segnatamente i
  dati statistici relativi all'anno 1996 - registrano un globale
  e significativo aumento di tutte le attività quantificato nel
  19,89 per cento rispetto all'anno precedente, con punte del
  32,70 per cento per le attività operatorie e del 97,47 per
  cento per le prestazioni in Day Hospital.  Tutto ciò senza
  contare le ulteriori note, in data 10 gennaio 1997 e 17
  dicembre 1996, rispettivamente a firma dell'Olivieri e della
  Dirigenza Medica (allegati alla denunzia del Ferraro) nelle
  quali si sottolineano i risultati conseguiti, oltre "la
  soddisfazione e la gratitudine per l'opera sin qui svolta dal
  Commissario straordinario".
     Dinanzi a tali elementi di conoscenza, del resto pure
  richiamati e posti all'attenzione del Ministro Bindi nella
  riunione dell'11 dicembre 1996, la decisione di quest'ultimo
  di revocare l'incarico al Ferraro appare oggettivamente
  ingiustificata e illegittima.
     Basta considerare che se il primo decreto, quello del 9
  gennaio 1997, è apparso genericamente motivato sulla base del
  mero assunto di un "approfondimento istruttorio" (del quale
  non vi è traccia, sulla base dell'indagine svolta, che sia
  stata effettivamente esperita, né si rinvengono i risultati in
  termini di apprezzamento negativo nei confronti del Ferraro),
  il secondo provvedimento, quello del 5 febbraio 1997, assume
  una valenza punitiva fondata su generiche affermazioni
  puramente artificiose.  Al riguardo, è sufficiente considerare
  che, nonostante l'ordinanza di sospensione del Tar della
  Campania in data 28 gennaio 1997, ben conosciuta al Ministro
  Bindi, in quanto emessa in congrui tempi antecedenti
  all'emissione del secondo decreto nella quale è possibile
  leggere che "non si addebitano al ricorrente specifiche
  inadempienze rispetto al mandato affidatogli", il secondo
  decreto del Ministro in data 5 febbraio 1997, nel prendere
  atto di ciò, si fonda sulla considerazione secondo la quale
  per contro, il provvedimento è ispirato allo scopo di
  eliminare la situazione di conflittualità da tempo esistente
  nell'Istituto.  Il palesarsi di una forte situazione di
  contrasto fra il commissario Ferraro e le parti sociali (e con
  esse le conseguenti denunce e segnalazioni) avrebbe dovuto
  richiedere nel pubblico ufficiale redattore del decreto una
  approfondita ricerca e illustrazione delle ragioni conformi a
  legge scaturenti la conflittualità evidenziata.  Ciò il
  Ministro Bindi non ha inteso dare conto nella parte motiva del
  decreto, in modo da rappresentare, surrettiziamente, in detto
  atto l'obiettivo apparire della radicalizzazione di un
  contrasto, situazione agevolmente qualificabile con i
  caratteri di un malessere intraistituzionale, la cui facile
  terapia è stata quella di compiere la scelta di far soccombere
  il contendente socialmente più debole, il commissario
  straordinario Ferraro, a favore e a vantaggio del contendente
  socialmente e politicamente più forte, i sindacati della
  fondazione Senatore Pascale.  In altri termini, la decisione
  contenuta nel decreto ministeriale è in piena continuità con
  quanto aveva lamentato, quale causa endemica dell'Istituto
  sanitario partenopeo, la più volte richiamata relazione
  ispettiva di Giorgio Di Dato, al cui contenuto e conclusioni
  il Ministero della Sanità aveva pur prestato adesione.  Prova
  ne sia che il Ministro Bindi, nel redigere il primo decreto di
  revoca del Ferraro, si è preoccupata di scegliere un nuovo
  commissario dell'Istituto sanitario, nella persona di Gilberto
  Barbarisi, senza dar mostra di aver operato, nell'occasione,
  una oculata e prudente ponderazione dal momento che l'unica
  persona presa in considerazione dal Ministro risulta essere
  stato soltanto il Barbarisi - così come si ricava dall'unico
  curriculum  acquisito in atti e idoneo per la
  individuazione della scelta del successore del Ferraro e
  pervenuto per via  fax  al Gabinetto del Ministro solo
  alle ore 15.30 del giorno stesso in cui è stato emesso il
  primo decreto di revoca del Ferraro e senza, come ha
  riconosciuto la Bindi, avere una adeguata conoscenza personale
  dello stesso, se non quella di provenire il Barbarisi
  dall'area culturale e politica vicina al Ministro Bindi.  E il
 
                              Pag.7
 
  primo, principale atto di gestione compiuto dal Barbarisi -
  hanno riferito al Collegio l'Olivieri e il Conte - è stato per
  l'appunto quello di autorizzare il pagamento di emolumenti ed
  indennità ai 70 ricercatori laureati rivendicanti direttamente
  e per il tramite delle organizzazioni sindacali; e ciò prima
  della pronuncia del Consiglio di Stato del 1^ aprile 1997.  Con
  tale atto, a conferma della ricostruzione fin qui operata
  degli accadimenti, la conflittualità sociale all'interno
  dell'Istituto sanitario partenopeo venne fortemente ridotta,
  anche se le questioni relative alla gestione dell'istituto
  permasero intatte se non aggravate anche con il commissario
  Barbarisi (dichiarazioni dell'Olivieri e del Conte innanzi al
  collegio).
     La pervicacia manifestata dal Ministro nell'adottare un
  simile decreto con evidente pregiudizio del Ferraro, è
  dimostrata da una motivazione apparente senza che, di fatto,
  possano ravvisarsi ragioni concrete circa le "specifiche
  inadempienze" addebitabili al Ferraro, nonostante il
  provvedimento del Tar.  Ed anzi si sottolinea una "situazione
  di conflittualità da tempo esistente nell'Istituto" e un
  "grave disordine" per il solo fatto dell'esistenza di "sette
  interrogazioni parlamentari, 56 esposti e denunzie, le
  indizioni di scioperi" (collegabili alle rivendicazioni
  sindacali in merito al trattamento economico dei ricercatori
  laureati e sul quale il Ferraro, come detto, non ha fatto che
  attenersi all'orientamento dello stesso Ministero).  Tutto ciò
  attraverso un sillogismo pretestuoso e paradossale che collega
  questo "grave disordine" a "comportamenti" del Commissario
  Straordinario, senza alcuna specificazione e, per di più,
  rivelatisi "inidonei ad assicurare quel clima di serena
  operosità".
     Alla luce delle sopraesposte considerazioni, appare
  evidente che entrambi i decreti di revoca risultano emanati
  senza alcun vaglio critico perché nulla è stato contestato dal
  Ministro della Sanità in ordine all'operato del Ferraro, né in
  precedenza né nelle argomentazioni del provvedimento di
  revoca.
     La mera affermazione dello stato di conflittualità interna
  e segnatamente della componente sindacale (del resto,
  preesistente alla nomina del Ferraro) e le altre asserzioni -
  puramente tautologiche - come sopra ricordate, risultano
  connotate da una evidente falsità ideologica attesa la non
  corrispondenza al vero delle relative motivazioni alla realtà
  dei fatti.  Sotto il profilo psicologico, il reato di cui
  all'articolo 479 del codice penale è ravvisabile proprio
  dall'assenza di verifica circa la correttezza dell'operato del
  Commissario straordinario, sia sul piano della legittimità che
  dei risultati gestionali.
     Tali considerazioni sono state, del resto, poste in
  risalto dalla sentenza del Tar della Campania in data 3 giugno
  1997 (che ha accolto questa volta nel merito i ricorsi del
  Ferraro) laddove sottolinea come il giudizio di valutazione
  effettuato dal Ministro non andava disgiunto dall'esame dei
  dati concretamente realizzati sul piano della funzionalità,
  dell'andamento delle attività assistenziali e della situazione
  di spesa, "esame che nella realtà appare assente".
     In definitiva, se soltanto tali presupposti fossero stati
  criticamente vagliati e si fossero evidenziate impossibilità
  di funzionamento o violazioni di legge, imputabili al Ferraro,
  una così grave decisione sarebbe stata corretta e
  giustificabile.  L'aver sottaciuto, invece, tali elementi,
  quali fondamentali parametri di giudizio, denota ancora una
  volta una falsità ideologica, anche sotto il profilo della
  reticenza colpevole e come tale incidente sulla natura, sul
  contenuto specifico e la funzionalità dell'atto.
     Entrambi i decreti di revoca dell'incarico di commissario
  straordinario del Ferraro configurano, altresì l'ipotesi di
  reato di cui all'articolo 323 del codice penale (abuso
  d'ufficio) pur a fronte della recente modifica di cui alla
  legge n. 234 del 16 luglio 1997.  La stessa sentenza del Tar
  della Campania innanzi richiamata fa esplicito riferimento
  all'evidente carenza di motivazione quale presupposto
  indefettibile per l'adozione di simili provvedimenti che
 
                              Pag.8
 
  determinano, inevitabilmente, un forte pregiudizio per un alto
  funzionario dello Stato.  E tale motivazione avrebbe dovuto
  essere concretamente aderente alla realtà (e non fondarsi su
  mere argomentazioni tautologiche per di più - come nel caso
  concreto - travisatrice la realtà dei fatti).
     In tal senso risultano le sentenze del Consiglio di Stato
  - Sezione IV del 20 dicembre 1996, n. 1311 e 7 giugno 1996, n.
  745.  Nella specie balza all'evidenza la violazione di norme
  quale presupposto del reato  de quo,  ed in particolare
  nella disposizione contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241
  (sulla disciplina del procedimento amministrativo) laddove
  all'articolo 3 viene sancito che ogni provvedimento
  amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione
  amministrativa ed il personale deve essere motivata, ad
  eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto
  generale (comma 2).  Ed il predetto articolo (al comma 1)
  aggiunge che la motivazione deve indicare i presupposti di
  fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la
  decisione dell'amministrazione, in relazione alle "risultanze
  dell'istruttoria" (assenti, nel caso in esame, come più volte
  ricordato).  Il difetto di motivazione viene ricondotto
  comunemente nell'ipotesi di violazione di legge senza contare
  che un doloso travisamento dei fatti, risultante nella specie,
  assume i connotati di un'evidente violazione dei princìpi di
  buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa
  sanciti dalla legge fondamentale dello Stato, quale è
  l'articolo 97 della Costituzione.  In tal senso il carattere
  immediatamente precettivo all'articolo 97 della Costituzione
  va riconosciuto con la conseguenza che anche la violazione del
  principio di imparzialità è inquadrata come autonoma figura di
  violazione di legge.
     Quanto all'ulteriore elemento della fattispecie penale
  nella nuova formulazione dell'articolo 323 del codice penale,
  risulta altrettanto palese che il Ferraro abbia dovuto patire
  un ingiusto danno, sia sotto il profilo patrimoniale (perdita
  degli emolumenti connessi all'incarico ricevuto) e sia sotto
  l'aspetto del danno dell'immagine (in considerazione dei
  pesanti giudizi negativi espressi in entrambi i decreti -
  segnatamente nel secondo - sulle sue capacità gestionali).
     Alla luce delle sopra esposte argomentazioni
                           RICHIEDE
     alla Camera dei deputati l'autorizzazione a procedere a
  carico di Bindi Rosaria per la seguente imputazione:
     a)  delitto previsto e punito dagli articoli 81, 479
  e 323 del codice penale perché in qualità di Ministro della
  sanità ed in violazione dei principi di buon andamento ed
  imparzialità nell'azione amministrativa sanciti dall'articolo
  97 della Costituzione della Repubblica, nello svolgimento
  delle specifiche funzioni abusava del suo ufficio ed in
  particolare addebitando falsamente all'operato del dottor
  Giuseppe Ferraro un grave, ma in realtà inesistente
  pregiudizio nella funzionalità dell'Istituto per la Diagnosi e
  la Cura dei Tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli,
  revocava al medesimo, con decreto del 9 gennaio 1997,
  l'incarico di Commissario Straordinario dell'Istituto, così
  intenzionalmente arrecando allo stesso Ferraro un ingiusto
  danno e procurando un contestuale ingiusto vantaggio
  patrimoniale ai dipendenti dell'Istituto che ne avevano
  appunto chiesto la rimozione a causa della sospensione, da
  egli disposta, del pagamento di emolumenti ed indennità non
  dovute, emolumenti ed indennità la cui corresponsione veniva
  successivamente ripristinata dal nuovo Commissario nominato in
  sostituzione dal Ministro medesimo.  In Roma, 9 gennaio
  1997;
     b)  delitto previsto e punito dagli articoli 81, 479
  e 323 del codice penale perché, in qualità di Ministro della
  sanità ed in violazione dei principi di buon andamento ed
  imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo
  97 della Costituzione della Repubblica, nello svolgimento
  delle specifiche funzioni, abusava del suo Ufficio e con
  decreto del 5 febbraio 1997 reiterava la revoca del dottor
  Giuseppe Ferraro, precedentemente sospesa con provvedimento
 
                              Pag.9
 
  del Tar della Campania che così veniva di fatto eluso,
  affermando falsamente nel nuovo decreto che la situazione di
  grave disordine all'interno dell'Istituto "Fondazione Senatore
  Pascale" era oggettivamente collegata a comportamenti del
  dottor Ferraro inidonei ad assicurare un corretto
  funzionamento dell'Istituto, con ciò arrecando
  intenzionalmente un ingiusto danno al medesimo dottor Ferraro
  e di riflesso al buon funzionamento dell'Istituto.  Roma, 5
  febbraio 1997.
     A tal fine ordina rimettersi gli atti al Procuratore della
  Repubblica presso il Tribunale di Roma, unitamente alla
  presente relazione per la loro immediata trasmissione al
  Presidente della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 8,
  comma 1 legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989.
  Roma lì, 17 febbraio 1998
                        Il presidente
                       Bruno Fasanelli
                          I giudici
                        Aldo Scivicco
                     M. Francesca Maresca
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
              PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE
                   (Relatore:  BONITO) 
                            sulla
      DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
         AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
                        nei confronti
       DEL DEPUTATO  ROSY BINDI  NELLA SUA QUALITA'
                  DI MINISTRO DELLA SANITA'
  PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL
                        CODICE PENALE
  (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI
                 PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
  PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL
                        CODICE PENALE
  (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI
                 PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
           TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
  PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA
                            CAMERA
         Presentata alla Presidenza il 6 aprile 1998
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - In data 11 febbraio 1997 il
  dottor Giuseppe Ferraro presentava una denuncia penale in
  danno del Ministro della Sanità Rosy Bindi.  A sostegno della
  sua iniziativa processuale il dottor Ferraro esponeva di
  essere stato nominato dall'  ex  Ministro Elio Guzzanti
  commissario straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura
  dei tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli in data 1^
  marzo 1996.  Evidenziava, in particolare, il denunciate che
  "tale nomina era stata determinata al fine di porre rimedio ad
  una serie di gravi carenze ed irregolarità della gestione
  evidenziata all'esito di una ispezione del 1995 condotta dal
  dottor Giorgio di Dato" per conto del Ministero del Tesoro.
     Esponeva altresì il denunciante che dopo il suo
  insediamento aveva dovuto contrastare l'azione dei sindacati
  interni i quali, a suo dire, avevano ostacolato l'opera di
  tale risanamento, soprattutto con riferimento al suo
  intervento teso a porre termine ad "ogni forma di erogazione
  di emolumenti accessori a quelli stipendiali, di fatto in
  godimento a circa 70 ricercatori laureati".  Denunciava ancora
  il dottor Ferraro che in data 10 gennaio 1997, "a ciel sereno"
  ed a mezzo fax, gli era stato comunicato il decreto
  ministeriale relativo alla nomina di un nuovo Commissario
  Straordinario, con la contestuale revoca della sua nomina,
  motivata da "una insanabile situazione di incompatibilità
  ambientale, causa di grave pregiudizio per la funzionalità
  dell'Ente con negativi riflessi sul corretto perseguimento
  delle finalità istituzionali".
     Sul punto il denunciante osservava che il nuovo
  Commissario, professor Alfonso Barbarisi, non avrebbe avuto
  alcuna esperienza gestionale di enti sanitari e che lo stesso
  apparteneva alla stessa area di partito del Ministro Bindi.
     Nella stessa denuncia il Ferraro ricordava che il 28
  gennaio 1997 il TAR Campania aveva accolto la sua domanda
  incidentale tesa ad ottenere la sospensione del provvedimento
  ministeriale e che, nondimeno, il 5 febbraio successivo, il
  Ministro aveva reiterato il provvedimento di revoca in suo
  danno e di nomina del nuovo Commissario, motivandolo, fra
  l'altro, con la "necessità di eliminare la situazione di
  conflittualità da tempo esistente nell'istituto", con "la
  situazione di grave disordine interno all'istituto
  oggettivamente collegata a comportamenti del Commissario
  straordinario dottor Ferraro", con "la frattura creatasi tra
  il Commissario straordinario ed il Segretario Generale
  dell'Ente" di guisa che era venuto meno il "rapporto
  fiduciario (...) fondamento dell'atto di nomina e della
  permanenza dell'incarico (...)".
     Successivamente alla denuncia e precisamente in data 11
  marzo 1997 il Consiglio di Stato rigettava il ricorso proposto
  dal Ministro avverso l'ordinanza di sospensiva del TAR innanzi
  menzionata, mentre in data 3 giugno 1997 lo stesso TAR
  Campania accoglieva nel merito la domanda del Ferraro, con
  conseguente annullamento di entrambi i decreti di revoca
  emessi dal Ministro della Sanità.
     Sulla base della richiamata denuncia il Collegio per i
  reati ministeriali presso il Tribunale di Roma provvedeva a
  svolgere le indagini preliminari, all'esito delle quali il
  Procuratore della Repubblica, in data 16 dicembre 1997,
  richiedeva la restituzione degli atti per la loro rimessione
  al Presidente della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo
 
                              Pag.3
 
  8 legge costituzionale n. 1/89, trasmissione che avveniva il
  successivo 21 febbraio 1998.
     Della questione veniva investita la Giunta per le
  autorizzazioni a procedere in giudizio, la quale, dopo
  approfondita discussione, sentito il Ministro interessato ed
  esaminati gli atti trasmessi dall'Autorità giudiziaria, ha
  deliberato, con voto unanime dei suoi componenti, che il
  Ministro Bindi ha agito per il perseguimento di un preminente
  interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo,
  con la conseguenza che l'autorizzazione a procedere invocata
  dal collegio per i reati ministeriali deve essere negata.
     In tal senso la Giunta avanza la sua proposta per il voto
  dell'Assemblea, per le ragioni che sinteticamente si passa ad
  illustrare.
                           *  *  *
     L'ipotesi accusatoria in forza della quale il collegio per
  i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma ed il P.M.
  hanno chiesto l'autorizzazione a procedere nei confronti del
  Ministro Bindi si articola nelle seguenti imputazioni:
       a)  delitto previsto e punito dagli articoli 81,
  479 e 323 del codice penale perché in qualità di Ministro
  della sanità ed in violazione dei princìpi di buon andamento
  ed imparzialità nell'azione amministrativa sanciti
  dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica, nello
  svolgimento delle specifiche funzioni abusava del suo ufficio
  ed in particolare addebitando falsamente all'operato del
  dottor Giuseppe Ferraro, un grave, ma in realtà inesistente
  pregiudizio nella funzionalità dell'Istituto per la Diagnosi e
  la Cura dei Tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli,
  revocava al medesimo, con decreto del 9 gennaio 1997,
  l'incarico di Commissario Straordinario dell'Istituto, così
  intenzionalmente arrecando allo stesso Ferraro un ingiusto
  danno e procurando un contestuale ingiusto vantaggio
  patrimoniale ai dipendenti dell'Istituto che ne avevano
  appunto chiesto la rimozione a causa della sospensione, da
  egli disposta, del pagamento di emolumenti ed indennità la cui
  corresponsione veniva successivamente ripristinata dal nuovo
  Commissario nominato in sostituzione del Ministro medesimo.  In
  Roma, 9 gennaio 1997;
       b)  delitto previsto e punito dagli articoli 81,
  479 e 323 del codice penale perché, in qualità di Ministro
  della sanità ed in violazione dei princìpi di buon andamento
  ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti
  dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica, nello
  svolgimento delle specifiche funzioni, abusava del suo Ufficio
  e, con decreto del 5 febbraio 1997, reiterava la revoca del
  dottor Giuseppe Ferraro, precedentemente sospesa con
  provvedimento del TAR della Campania, che veniva di fatto
  eluso, affermando falsamente nel nuovo decreto che la
  situazione di grave disordine all'interno dell'Istituto
  "Fondazione Senatore Pascale" era oggettivamente collegata a
  comportamenti del dottor Ferraro inidonei ad assicurare un
  corretto funzionamento dell'istituto, con ciò arrecando
  intenzionalmente un ingiusto danno al medesimo dottor Ferraro
  e di riflesso al buon funzionamento dell'Istituto.  Roma, 5
  febbraio 1997.
     Orbene, la norma costituzionale che la Camera dei deputati
  è chiamata ad applicare è quella contenuta nell'articolo 9
  della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, che recita
  "L'Assemblea si riunisce entro sessanta giorni dalla data in
  cui gli atti sono pervenuti al presidente della Camera
  competente e può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti
  negare l'autorizzazione a procedere ove reputi con valutazione
  insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un
  interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per
  il perseguimento di un preminente interesse pubblico
  nell'esercizio della funzione di Governo".
     Nel caso di specie l'atto di nomina del Commissario
  straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura dei tumori
  "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli, Istituto il quale,
  giova ricordarlo, è il più importante ente di ricerca sui
 
                              Pag.4
 
  tumori della Italia meridionale, è atto di alta
  amministrazione, ricompreso nelle competenze del Ministro
  della Sanità.  Non v'è pertanto ragionevole dubbio che detta
  nomina integri l'esercizio di una funzione di governo,
  riconducibile, tra l'altro, all'alta vigilanza che lo stesso
  Ministro è tenuto ad esercitare, in forza del decreto del
  Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 617 sugli
  istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, per
  tutelare gli interessi generali dello Stato.
     A conferma dell'assunto giova ricordare che l'atto di
  nomina in questione non è disciplinato sul piano
  procedimentale, esaurendosi il procedimento amministrativo
  nell'atto in sé.  Ciò dimostra la massima discrezionalità della
  nomina e la sua evidente connotazione politica le quali, in
  quanto proprie dell'atto positivo (la nomina), sono altresì
  proprie dell'atto contrario (la revoca).
     Neppure può evocarsi il dubbio che il Ministro abbia
  provveduto, con apprezzamento politico di opportunità, "per il
  perseguimento di un preminente interesse pubblico" ampiamente
  desumibile dalle motivazioni delle due revoche, ed in modo
  particolare dalla motivazione del secondo atto di revoca.  In
  esso, infatti, il Ministro evidenziava che era venuto meno il
  rapporto fiduciario con il dottor Ferraro (fondamento di
  qualsivoglia nomina governativa) a cagione di una situazione
  di conflittualità permanente venutasi a creare nel più
  importante polo di ricerca oncologica del Mezzogiorno ed
  imputabile ai comportamenti del dottor Ferraro, oggetto, in
  pochi mesi, di 56 esposti e denunce e di sette interrogazioni
  parlamentari.  Rammentava ancora il Ministro l'ulteriore
  circostanza, causa di forte turbativa gestionale, della
  frattura creatasi tra il dottor Ferraro ed il Segretario
  generale dell'Ente, sfociata nel rinvio a giudizio dello
  stesso dottor Ferraro, deciso il 28 novembre 1997 dal giudice
  penale di Napoli per il reato di abuso in atti di ufficio.
     Il Ministro Bindi ha ulteriormente chiarito in sede di
  audizione davanti alla Giunta, che "... l'indebolimento
  dell'attività di ricerca, anche in forza della situazione di
  conflittualità alimentata dal comportamento del Commissario
  ... è segno di non perseguimento del pubblico interesse
  obiettivato nell'esistenza stessa di un istituto di ricovero e
  cura a carattere scientifico".  Affermazione questa che trova
  il suo più evidente ed inoppugnabile riscontro nella
  circostanza che il dottor Ferraro aveva creato la più volte
  denunciata situazione di conflittualità interna revocando
  indennità economiche ai 70 ricercatori dell'Istituto.
     In conclusione, nel caso in esame appare conclamato il
  ricorso di entrambe le condizioni richieste dalla norma
  costituzionale per il rifiuto, da parte della Camera dei
  deputati, dell'autorizzazione a procedere richiesta
  dall'Autorità Giudiziaria.
                           *  *  *
     Ai fini, peraltro, di un più completo giudizio, appare
  opportuno concludere la presente relazione con alcune
  considerazioni in ordine al doppio capo di imputazione elevato
  a carico del Ministro.  Ciò non già per una valutazione di
  merito circa l'esercizio di funzioni giurisdizionali,
  evidentemente preclusa a chi è titolare di un distinto potere
  dello Stato, bensì,  incidenter tantum,  al solo scopo di
  fornire obiettivi elementi di valutazione e fondamento della
  proposta di deliberazione.
     Orbene, al primo capo di imputazione si constata il reato
  di falso ideologico  ex  articolo 479 del codice penale,
  nell'assunto che al Ferraro sarebbe stato addebitato,
  falsamente, un pregiudizio grave nella funzionalità
  dell'istituto ed il reato di abuso in atti di ufficio,
  ex  articolo 323 del codice penale, sull'assunto che il
  Ministro avrebbe procurato un "ingiusto vantaggio patrimoniale
  ai dipendenti dell'Istituto", consistente nel "pagamento di
  emolumenti ed indennità non dovute" da parte del nuovo
  Commissario Straordinario.
     Circa il falso ideologico appare evidente l'individuazione
  della falsità di una opinabile valutazione di una situazione
  di fatto, peraltro del tutto corrispondente a quella
  ministeriale e comunque estranea a qualsivoglia oggettività.
 
                              Pag.5
 
  Circa l'abuso, invece, appare utile ricordare che gli
  emolumenti invocati dai ricercatori sono erogati da tempo da
  parte di tutti enti di ricerca operanti sul territorio
  nazionale e che gli stessi sono poi stati riconosciuti come
  legittimi e dovuti ai 70 ricercatori dell'istituto dal
  Consiglio di Stato con sentenza definitiva del 1^ aprile
  1997.
     Tale pronuncia per un verso riconosce il fondamento
  giuridico delle pretese sindacali dei ricercatori e per
  converso dimostra l'illegittimità delle decisioni assunte dal
  dottor Ferraro, decisioni dalle quali poi trassero origine i
  momenti di conflittualità che determinarono l'intervento
  politico del Ministro.
     Anche al secondo capo di imputazione risultano contestati
  i medesimi reati di falso ideologico e di abuso d'ufficio, il
  primo giacché falsamente affermato nel decreto ministeriale
  una "situazione di grave disordine all'interno dell'istituto",
  ed il secondo perché il Ministro ha provveduto nonostante la
  sospensiva della prima revoca decisa dal TAR Campania, quasi
  che tale provvedimento interinale del giudice amministrativo
  avesse esaurito la potestà governativa, nel concreto di poi
  espressosi più ampia ed adeguata motivazione.
                           *  *  *
     Per quanto sin qui esposto la Giunta per le autorizzazioni
  a procedere in giudizio, all'unanimità, propone alla Camera
  dei deputati di negare l'autorizzazione a procedere nei
  confronti del Ministro della Sanità Rosy Bindi trasmessa in
  data 21 aprile 1998 dalla Procura della Repubblica di Roma a
  seguito di richiesta del 17 aprile 1998 del Collegio per i
  Reati Ministeriali presso il Tribunale di Roma per i reati di
  falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti
  pubblici ed abuso d'ufficio, giacché il Ministro ha agito per
  il perseguimento di un preminente interesse pubblico
  nell'esercizio della funzione di Governo.
                                 Francesco BONITO,  Relatore.
 
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