| DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
nei confronti
DEL DEPUTATO ROSY BINDI NELLA SUA QUALITA' DI
MINISTRO DELLA SANITA'
PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 e 323 DEL
CODICE PENALE (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO
UFFICIALE IN ATTI PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO);
PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL CODICE
PENALE (FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN
ATTI PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 23 febbraio 1998
All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Roma, 21 febbraio 1998
Ai sensi dell'articolo 8 della legge costituzionale n.
1/89 si rimettono, per quanto di competenza, gli atti relativi
alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del
Ministro On. Rosaria BINDI.
Ossequi
Il Pubblico ministero
Roberto Cavallone
Sostituto procuratore della Repubblica
Giuseppe Volpari
Procuratore aggiunto della Repubblica
Pag.2
COLLEGIO PER I REATI MINISTERIALI
presso il TRIBUNALE di ROMA
Via Triboniano 3
R.G. COLL. 15/97
R.G. P.M. 3588/97
Il Collegio composto a norma dell'articolo 7 L. Cost. n.
1/1989 dai seguenti magistrati:
dott. Bruno Fasanelli, presidente;
dott. Aldo Scivicco, giudice;
dott.ssa M. Francesca Maresca, giudice;
riunito in camera di consiglio, visto il procedimento nei
confronti di:
BINDI Rosaria nata a Sinalunga il 12.2.1951
ha emesso la seguente
RELAZIONE
Con denuncia presentata al Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Roma in data 11 febbraio 1997, il Dott.
Giuseppe Ferraro faceva presente di essere stato nominato
dall'ex Ministro della Sanità, Elio Guzzanti, commissario
straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura dei tumori
"Fondazione Senatore Pascale" di Napoli in data 1^ marzo 1996.
Riferiva, altresì, che tale nomina era stata determinata al
fine di porre rimedio ad una serie di gravi carenze ed
irregolarità della gestione evidenziata all'esito di una
ispezione del 1995 condotta dal dottor Giorgio Di Dato per
conto e nell'interesse del Ministero del tesoro le cui
conclusioni erano state sottoposte all'attenzione del Ministro
del tesoro e della sanità, oltre che alla Procura della
Repubblica di Napoli e a quella regionale della Corte dei
conti.
Alla pagina 6 del verbale ispettivo (allegato 1 della
denuncia) venivano evidenziate chiaramente le cause del
dissesto, dovute ad una enfatizzazione della funzione dei
sindacati interni, i quali avrebbero avuto il potere di
condizionare le decisioni degli organi di amministrazione e
della dirigenza dell'Ente verso soluzioni illegali a danno
dell'organizzazione dell'Istituto.
In particolare dopo il suo insediamento, iniziava una vera
e propria attività concentrica da parte delle organizzazioni
sindacali volte a contrastare l'opera di risanamento del
Ferraro e tutto ciò con riferimento specifico alla sua
attività volta a far cessare ogni forma di erogazione di
emolumenti accessori a quelli stipendiali, di fatto in
godimento a circa 70 ricercatori laureati.
Tale modalità operativa era non solo finalizzata a criteri
di economicità dell'Istituto ma anche perfettamente in linea
con l'orientamento dello stesso Ministero e alle conclusioni
poste in rilievo dall'ispezione del dottor Di Dato.
Tali decisioni sollevavano, come detto, le doglianze di
molte organizzazioni sindacali e davano spunto a numerose
denunce e interrogazioni parlamentari che sollecitavano
sostanzialmente la rimozione del denunciante. A questo punto,
nonostante che il Ferraro avesse chiesto un incontro riservato
con il Ministro della sanità, anche per meglio fornire le
ragioni del suo operato sul piano della legalità, veniva
convocato, a suo dire inopinatamente, dallo stesso Ministro
Rosaria Bindi, ad un "incontro pubblico" unitamente a tutte le
organizzazioni sindacali dell'Istituto per il giorno 11
dicembre 1996. E nonostante le obiettive difficoltà nella
disamina delle varie problematiche (atteso il gran numero
delle persone convenute e la durata della riunione) non
emergevano - a parere del Ferraro - "fatti che potessero
suscitare la revoca del Commissario del Pascale".
In data 10 gennaio 1997, "a ciel sereno", gli veniva
comunicato - via fax- il decreto del Ministero relativo
alla nomina di un nuovo Commissario Straordinario (allegato 2
della denuncia) e tale provvedimento - datato 9 gennaio 1997 -
stabiliva la sua contestuale revoca motivata da "una
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insanabile situazione di incompatibilità ambientale causa di
grave pregiudizio per la funzionalità dell'Ente, con negativi
riflessi sul corretto perseguimento delle finalità
istituzionali". Al riguardo il denunciante censurava la
legittimità e l'opportunità della nomina del nuovo Commissario
Straordinario, professor Alfonso Barbarisi, il quale non
avrebbe avuto alcuna esperienza di gestione di Enti sanitari
e, per giunta, appartenente alla stessa area di partito del
Ministro Bindi.
Il 28 gennaio 1997 il TAR Campania accoglieva con
ordinanza la domanda incidentale del Ferraro tesa ad ottenere
la sospensione del provvedimento del Ministro, e tuttavia il 5
febbraio 1997 quest'ultimo reiterava con decreto la revoca,
con contestuale riconferma del professor Barbarisi,
motivandolo, fra l'altro, sulla base della necessità di
"eliminare la situazione di conflittualità da tempo esistente
nell'Istituto" con "la situazione di grave disordine interno
all'Istituto ... oggettivamente collegata a comportamenti del
Commissario Straordinario, dottor Ferraro", con "la frattura
creatasi tra il Commissario Straordinario ed il Segretario
Generale dell'Ente", circostanze che portavano a concludere
che era "venuto meno il rapporto fiduciario che... è
fondamento dell'atto di nomina e della permanenza
dell'incarico di Commissario Straordinario".
In proposito e per completezza espositiva, l' iter
processuale, alla stregua delle acquisizioni disposte da
questo Collegio, ha visto a tutt'oggi, il rigetto da parte del
Consiglio di Stato, in data 11 marzo 1997, dell'appello
proposto dal Ministro della sanità avverso l'ordinanza del TAR
Campania sopraricordata e la sentenza 3 giugno 1997 del
medesimo TAR di accoglimento nel merito della domanda del
Ferraro e per l'effetto l'annullamento di entrambi i decreti
di revoca emessi dal Ministro della sanità.
Tanto premesso, il Collegio provvedeva a svolgere indagini
preliminari, alla stregua delle richieste del PM che in data
1^ aprile 1997, trasmetteva gli atti relativi alla citata
denuncia, ai sensi dell'articolo 6 legge costituzionale 16
gennaio 1989, n. 1.
In particolare, il Collegio acquisiva documentazione
attinente al curriculum relativo alle esperienze
lavorative del professor Barbarisi e che hanno formato oggetto
del provvedimento di nomina quale Commissario straordinario
dell'Istituto "Senatore Pascale", il verbale di riunione
tenutasi l'11 dicembre 1996 presso il Ministero della sanità,
nonché copia dei verbali del Collegio dei revisori dei conti
di cui è cenno nel secondo decreto ministeriale 5 febbraio
1997 (che reiterava, la revoca dell'incarico al Ferraro) e
delle 56 denunzie, oltre le 7 interrogazioni parlamentari
anch'esse indicate nel citato decreto ministeriale (cofr.
volume 2 "acquisizioni").
Il 22 maggio 1997 si procedeva ad interrogatorio del
Ministro Bindi; l'8 luglio 1997 all'esame del Ferraro; il 30
settembre del 1997 all'esame del dottor Zotta Giovanni,
Direttore del servizio vigilanza enti del suddetto Dicastero
(anch'egli partecipante alla riunione dell'11 dicembre 1996)
nonché del dottor Conte Carlo, Presidente del Collegio dei
revisori dei conti presso l'Ente in questione; l'11 novembre
1997 all'esame del dottor Graziano Olivieri, Direttore
sanitario dell'Istituto, anche in merito alla gestione ed ai
dati statistici, per l'anno 1996, relativa alle attività
assistenziali di cui fa riferimento il Ferraro all'allegato 3)
della denuncia.
Nel corso delle indagini veniva prodotta ampia
documentazione difensiva da parte dell'Avvocatura generale
dello Stato ed imperniata su tre memorie, rispettivamente in
data 29 aprile, 19 novembre 1997 e 12 gennaio 1998.
All'esito, il Procuratore della Repubblica, richiedeva in
data 16 dicembre 1997, la restituzione degli atti per la loro
rimessione al Presidente della Camera dei deputati ai sensi
dell'articolo 8 legge costituzionale n. 1/89.
Tanto premesso questo Collegio
OSSERVA
gli atti sui quali deve fondarsi il giudizio da parte del
Collegio sono da individuarsi nei due decreti emessi dal
Ministro della sanità in data 9 gennaio e 5 febbraio 1997. E
Pag.4
non vi è dubbio che in entrambi i provvedimenti vengono
evidenziate pesanti valutazioni negative a carico del dottor
Ferraro ed, in particolare, in ordine alla sua attività di
gestione protrattasi per meno di un anno nell'Istituto in
questione.
Nel primo decreto del 9 gennaio 1997 si legge di "una
insanabile situazione di incompatibilità ambientale, causa di
grave pregiudizio per la funzionalità dell'Ente con negativi
riflessi sul concreto perseguimento delle finalità
istituzionali". Un primo elemento che risulta all'evidenza è
l'assoluta carenza di motivazione per legittimare la revoca
dell'incarico, tenuto anche conto della peculiare natura
dell'atto di alta amministrazione nonché costitutivo di
situazioni giuridiche nuove (la nomina di un nuovo
commissario) e contestualmente, la rimozione di un alto
funzionario dello Stato.
Vi è solo il generico riferimento ad un "approfondimento
istruttorio" a seguito dell'"incontro" tenutosi l'11 dicembre
1996 dinanzi al Ministro della sanità. Tale parametro di
riferimento appare capzioso e strumentale; non può certo
definirsi tale indagine "istruttoria" (e per giunta
approfondita) una riunione nella quale sono state ascoltate le
doglianze (e neppure tutte) delle varie rappresentanze
sindacali e per un lasso di tempo di poche ore.
Ma non solo: non emerge assolutamente dalla lettura del
verbale della riunione ministeriale dell'11 dicembre 1996 che
siano sorte contestazioni circa l'operato del Ferraro, almeno
da parte dell'organismo preposto alla vigilanza sugli Enti e
che fa capo al Direttore Generale del Ministero della sanità
dottor Zotta pure presente durante il corso della riunione
sopraindicata. Vi è soltanto un richiamo da parte del dottor
Conte, Presidente del Collegio dei revisori dei conti, su uno
specifico problema riguardante le "transazioni" con i
creditori dell'Istituto e per le quali egli sollecita risposta
da parte dell'Amministrazione ed i cui "atti non risultano
ancora invece pervenuti" (chiaro il riferimento al verbale n.
214 del medesimo Collegio dei revisori, acquisito agli atti).
Per il resto il dottor Conte si augura un ritorno alla
"normalità" (visto che la gestione straordinaria perdura da 8
anni) mentre il dottor Vitale, componente del medesimo
Collegio, ha affermato semplicemente la necessità di
correggere solo delle "piccole storture".
Pochi e insignificanti, i rilievi rappresentati dal
Collegio nei confronti del Ferraro se si considera la
precedente e non remota, grave, situazione gestionale che
aveva formato oggetto dell'accurata ispezione del dottor Di
Dato, tuttora perdurante, nonostante la nomina di un nuovo
amministratore come si evince dalle dichiarazioni dello stesso
dottor Conte dinanzi a questo Collegio e nelle quali, faceva
presente come, in definitiva, i solleciti soprarichiamati (di
cui al verbale n. 214) rimangono ancor oggi, con il nuovo
commissario straordinario Barbarisi inevasi. Sta di fatto - ed
è assodato dall'esito della indagine - che ciò che appare
oggettivamente rilevante è che nulla è stato contestato da
parte del Ministro circa l'operato del Ferraro né in
precedenza né contestualmente ai due provvedimenti di revoca.
Pretestuoso, inoltre, risulta il riferimento nel decreto
ministeriale all'"approfondimento istruttorio" in assenza di
verifiche sulla correttezza dei risultati gestionali, sul
piano della legittimità e dell'operato - complessivamente
considerato - del commissario straordinario Ferraro.
In definitiva, ammessa e non concessa (come in seguito si
dirà) una sua inidoneità a mantenere buoni rapporti di
collaborazione con le componenti sindacali (e non tutte come
può ben rilevarsi nel più volte ricordato verbale di riunione
dell'11 dicembre del 1996) in merito all'annoso problema del
trattamento economico dei ricercatori laureati, la valutazione
raccolta nelle argomentazioni dei due decreti, redatti dal
Ministro BINDI, pregiudicanti la professionalità del Ferraro
(e di riflesso l'immagine dell'Istituto) avrebbe dovuto
fondarsi su altri e ben diversi parametri comparativi e
valoriali.
Lo stesso Ministro della Sanità, in sede di interrogatorio
dinanzi a questo Collegio, non ha potuto fare a meno di
riconoscere sostanzialmente la correttezza dell'operato del
Ferraro e, comunque, dal contesto delle sue dichiarazioni non
Pag.5
si evince minimamente alcun addebito specifico,
ragionevolmente contestabile, se non una generica necessità
(posta già a base dei due provvedimenti in parola) di una
"moralizzazione complessiva" dell'Istituto. Tale
manifestazione di giudizio appare ancora una volta
insufficiente per fondare i presupposti di una rimozione del
Commissario straordinario, esclusivamente "colpevole" di non
essere persona accomodante rispetto a taluni interessi delle
Organizzazioni Sindacali che avanzavano le loro istanze, in
palese contrasto con il contenuto, sul punto, della relazione
Di Dato pur disposta dal Ministero del Tesoro.
Al riguardo, circa il problema della conflittualità con i
Sindacati (peraltro fisiologico nell'ambito di quell'Istituto
attesa la grave situazione persistente rilevata dall'ispezione
del Dott. Di Dato), il Direttore Generale del Ministero della
Sanità, Giovanni Zotta confermava, in sede di esame dinanzi a
questo Collegio (pagg. 102-103) che la sospensione del
pagamento dell'indennità disposta dal Ferraro nei confronti
dei ricercatori laureati era perfettamente in armonia sia con
le conclusioni della precedente ispezione, sia con
l'orientamento del medesimo Ministero della Sanità (e,
pertanto, della Direzione Generale Vigilanza sugli Enti) in
quanto non vi era altro modo, all'epoca, di risolvere il
problema degli emolumenti corrisposti. Anche Carlo Conte,
Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, confermava
tale specifica circostanza (p. 169). E se è pur vero che tale
specifico problema verrà successivamente, (rispetto alla
gestione commissariale del Ferraro) risolto in forma
favorevole alle istanze sindacali (v. sentenza del Consiglio
di Stato n. 318/97 Reg. Dec., depositata il 1^ aprile 1997,
ciò non sposta minimamente il problema: non solo perché tale
decisione interveniva in epoca successiva ai due provvedimenti
di revoca del Ferraro ma anche e soprattutto perché
quest'ultimo, con i suoi poteri decisionali, aveva
semplicemente ottemperato alle direttive ministeriali e alle
valutazioni dell'Ispettore del Ministero del Tesoro, Giorgio
Di Dato.
Quanto, poi, al problema attinente alla conflittualità con
il segretario generale dell'Istituto, Oreste Pennasilico, e al
quale il Ferraro aveva negato il potere di controfirma degli
atti, il Dott. Giovanni Zotta riferiva al Collegio che
l'interpretazione della normativa data dal Ferraro era stata
riconosciuta corretta (pag. 114) alla luce del parere
formulato dall'ufficio legale del Ministero della Sanità.
Analogamente tale circostanza veniva confermata dal Dott.
Conte (pag. 165) il quale aveva semplicemente segnalato, nel
verbale n. 214 del Collegio dei Revisori (richiamato nel
decreto di revoca del 5 febbraio 1997) l'obiettiva
"conflittualità" esistente tanto da determinare una crisi del
"rapporto di fiducia" tra i due soggetti. Ma ciò, alla luce di
quanto riferito dal Conte e dalla semplice lettura di quel
verbale, non era, di certo, da intendersi quale specifica
censura sull'operato del Ferraro.
E, del resto, come si è detto, la questione veniva decisa
in senso favorevole a quest'ultimo, previo parere favorevole
del competente Ufficio Legale del Dicastero.
Proprio per ciò appare all'evidenza capziosa e
pretestuosamente inveritiera l'affermazione contenuta nel
citato decreto di revoca del 5 febbraio 1997 (e non contenuta
- si noti - nel precedente decreto del 9 gennaio 1997) circa
la "frattura creatasi tra il Commissario Straordinario e il
Segretario Generale dell'Ente, ben evidenziata nei verbali n.
214 del 5-6 luglio 1996 e n. 215 del 5-6 settembre 1996 del
Collegio dei Revisori dei Conti".
Basta osservare che nel verbale n. 215, richiamato nel
decreto ministeriale del 5 febbraio 1997, non si rinvengono
elementi di doglianza da parte del Collegio dei Revisori né
tantomeno si muovono censure sul piano della legittimità
dell'operato del Ferraro.
Sul problema relativo all'asserito grave pregiudizio per
la funzionalità dell'Istituto "Pascale" con "negativi riflessi
sul corretto perseguimento delle finalità istituzionali"
(decreto 9 gennaio 1997), lo stesso Dott. Conte ha
riconosciuto l'aumento della produttività durante la gestione
del commissario straordinario (pag. 183); ed anche il Dott.
Pag.6
Olivieri, Direttore Sanitario dell'Istituto Pascale ha
confermato al Collegio gli incrementi delle prestazioni
assistenziali. La documentazione acquisita - e segnatamente i
dati statistici relativi all'anno 1996 - registrano un globale
e significativo aumento di tutte le attività quantificato nel
19,89 per cento rispetto all'anno precedente, con punte del
32,70 per cento per le attività operatorie e del 97,47 per
cento per le prestazioni in Day Hospital. Tutto ciò senza
contare le ulteriori note, in data 10 gennaio 1997 e 17
dicembre 1996, rispettivamente a firma dell'Olivieri e della
Dirigenza Medica (allegati alla denunzia del Ferraro) nelle
quali si sottolineano i risultati conseguiti, oltre "la
soddisfazione e la gratitudine per l'opera sin qui svolta dal
Commissario straordinario".
Dinanzi a tali elementi di conoscenza, del resto pure
richiamati e posti all'attenzione del Ministro Bindi nella
riunione dell'11 dicembre 1996, la decisione di quest'ultimo
di revocare l'incarico al Ferraro appare oggettivamente
ingiustificata e illegittima.
Basta considerare che se il primo decreto, quello del 9
gennaio 1997, è apparso genericamente motivato sulla base del
mero assunto di un "approfondimento istruttorio" (del quale
non vi è traccia, sulla base dell'indagine svolta, che sia
stata effettivamente esperita, né si rinvengono i risultati in
termini di apprezzamento negativo nei confronti del Ferraro),
il secondo provvedimento, quello del 5 febbraio 1997, assume
una valenza punitiva fondata su generiche affermazioni
puramente artificiose. Al riguardo, è sufficiente considerare
che, nonostante l'ordinanza di sospensione del Tar della
Campania in data 28 gennaio 1997, ben conosciuta al Ministro
Bindi, in quanto emessa in congrui tempi antecedenti
all'emissione del secondo decreto nella quale è possibile
leggere che "non si addebitano al ricorrente specifiche
inadempienze rispetto al mandato affidatogli", il secondo
decreto del Ministro in data 5 febbraio 1997, nel prendere
atto di ciò, si fonda sulla considerazione secondo la quale
per contro, il provvedimento è ispirato allo scopo di
eliminare la situazione di conflittualità da tempo esistente
nell'Istituto. Il palesarsi di una forte situazione di
contrasto fra il commissario Ferraro e le parti sociali (e con
esse le conseguenti denunce e segnalazioni) avrebbe dovuto
richiedere nel pubblico ufficiale redattore del decreto una
approfondita ricerca e illustrazione delle ragioni conformi a
legge scaturenti la conflittualità evidenziata. Ciò il
Ministro Bindi non ha inteso dare conto nella parte motiva del
decreto, in modo da rappresentare, surrettiziamente, in detto
atto l'obiettivo apparire della radicalizzazione di un
contrasto, situazione agevolmente qualificabile con i
caratteri di un malessere intraistituzionale, la cui facile
terapia è stata quella di compiere la scelta di far soccombere
il contendente socialmente più debole, il commissario
straordinario Ferraro, a favore e a vantaggio del contendente
socialmente e politicamente più forte, i sindacati della
fondazione Senatore Pascale. In altri termini, la decisione
contenuta nel decreto ministeriale è in piena continuità con
quanto aveva lamentato, quale causa endemica dell'Istituto
sanitario partenopeo, la più volte richiamata relazione
ispettiva di Giorgio Di Dato, al cui contenuto e conclusioni
il Ministero della Sanità aveva pur prestato adesione. Prova
ne sia che il Ministro Bindi, nel redigere il primo decreto di
revoca del Ferraro, si è preoccupata di scegliere un nuovo
commissario dell'Istituto sanitario, nella persona di Gilberto
Barbarisi, senza dar mostra di aver operato, nell'occasione,
una oculata e prudente ponderazione dal momento che l'unica
persona presa in considerazione dal Ministro risulta essere
stato soltanto il Barbarisi - così come si ricava dall'unico
curriculum acquisito in atti e idoneo per la
individuazione della scelta del successore del Ferraro e
pervenuto per via fax al Gabinetto del Ministro solo
alle ore 15.30 del giorno stesso in cui è stato emesso il
primo decreto di revoca del Ferraro e senza, come ha
riconosciuto la Bindi, avere una adeguata conoscenza personale
dello stesso, se non quella di provenire il Barbarisi
dall'area culturale e politica vicina al Ministro Bindi. E il
Pag.7
primo, principale atto di gestione compiuto dal Barbarisi -
hanno riferito al Collegio l'Olivieri e il Conte - è stato per
l'appunto quello di autorizzare il pagamento di emolumenti ed
indennità ai 70 ricercatori laureati rivendicanti direttamente
e per il tramite delle organizzazioni sindacali; e ciò prima
della pronuncia del Consiglio di Stato del 1^ aprile 1997. Con
tale atto, a conferma della ricostruzione fin qui operata
degli accadimenti, la conflittualità sociale all'interno
dell'Istituto sanitario partenopeo venne fortemente ridotta,
anche se le questioni relative alla gestione dell'istituto
permasero intatte se non aggravate anche con il commissario
Barbarisi (dichiarazioni dell'Olivieri e del Conte innanzi al
collegio).
La pervicacia manifestata dal Ministro nell'adottare un
simile decreto con evidente pregiudizio del Ferraro, è
dimostrata da una motivazione apparente senza che, di fatto,
possano ravvisarsi ragioni concrete circa le "specifiche
inadempienze" addebitabili al Ferraro, nonostante il
provvedimento del Tar. Ed anzi si sottolinea una "situazione
di conflittualità da tempo esistente nell'Istituto" e un
"grave disordine" per il solo fatto dell'esistenza di "sette
interrogazioni parlamentari, 56 esposti e denunzie, le
indizioni di scioperi" (collegabili alle rivendicazioni
sindacali in merito al trattamento economico dei ricercatori
laureati e sul quale il Ferraro, come detto, non ha fatto che
attenersi all'orientamento dello stesso Ministero). Tutto ciò
attraverso un sillogismo pretestuoso e paradossale che collega
questo "grave disordine" a "comportamenti" del Commissario
Straordinario, senza alcuna specificazione e, per di più,
rivelatisi "inidonei ad assicurare quel clima di serena
operosità".
Alla luce delle sopraesposte considerazioni, appare
evidente che entrambi i decreti di revoca risultano emanati
senza alcun vaglio critico perché nulla è stato contestato dal
Ministro della Sanità in ordine all'operato del Ferraro, né in
precedenza né nelle argomentazioni del provvedimento di
revoca.
La mera affermazione dello stato di conflittualità interna
e segnatamente della componente sindacale (del resto,
preesistente alla nomina del Ferraro) e le altre asserzioni -
puramente tautologiche - come sopra ricordate, risultano
connotate da una evidente falsità ideologica attesa la non
corrispondenza al vero delle relative motivazioni alla realtà
dei fatti. Sotto il profilo psicologico, il reato di cui
all'articolo 479 del codice penale è ravvisabile proprio
dall'assenza di verifica circa la correttezza dell'operato del
Commissario straordinario, sia sul piano della legittimità che
dei risultati gestionali.
Tali considerazioni sono state, del resto, poste in
risalto dalla sentenza del Tar della Campania in data 3 giugno
1997 (che ha accolto questa volta nel merito i ricorsi del
Ferraro) laddove sottolinea come il giudizio di valutazione
effettuato dal Ministro non andava disgiunto dall'esame dei
dati concretamente realizzati sul piano della funzionalità,
dell'andamento delle attività assistenziali e della situazione
di spesa, "esame che nella realtà appare assente".
In definitiva, se soltanto tali presupposti fossero stati
criticamente vagliati e si fossero evidenziate impossibilità
di funzionamento o violazioni di legge, imputabili al Ferraro,
una così grave decisione sarebbe stata corretta e
giustificabile. L'aver sottaciuto, invece, tali elementi,
quali fondamentali parametri di giudizio, denota ancora una
volta una falsità ideologica, anche sotto il profilo della
reticenza colpevole e come tale incidente sulla natura, sul
contenuto specifico e la funzionalità dell'atto.
Entrambi i decreti di revoca dell'incarico di commissario
straordinario del Ferraro configurano, altresì l'ipotesi di
reato di cui all'articolo 323 del codice penale (abuso
d'ufficio) pur a fronte della recente modifica di cui alla
legge n. 234 del 16 luglio 1997. La stessa sentenza del Tar
della Campania innanzi richiamata fa esplicito riferimento
all'evidente carenza di motivazione quale presupposto
indefettibile per l'adozione di simili provvedimenti che
Pag.8
determinano, inevitabilmente, un forte pregiudizio per un alto
funzionario dello Stato. E tale motivazione avrebbe dovuto
essere concretamente aderente alla realtà (e non fondarsi su
mere argomentazioni tautologiche per di più - come nel caso
concreto - travisatrice la realtà dei fatti).
In tal senso risultano le sentenze del Consiglio di Stato
- Sezione IV del 20 dicembre 1996, n. 1311 e 7 giugno 1996, n.
745. Nella specie balza all'evidenza la violazione di norme
quale presupposto del reato de quo, ed in particolare
nella disposizione contenuta nella legge 7 agosto 1990, n. 241
(sulla disciplina del procedimento amministrativo) laddove
all'articolo 3 viene sancito che ogni provvedimento
amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione
amministrativa ed il personale deve essere motivata, ad
eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto
generale (comma 2). Ed il predetto articolo (al comma 1)
aggiunge che la motivazione deve indicare i presupposti di
fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la
decisione dell'amministrazione, in relazione alle "risultanze
dell'istruttoria" (assenti, nel caso in esame, come più volte
ricordato). Il difetto di motivazione viene ricondotto
comunemente nell'ipotesi di violazione di legge senza contare
che un doloso travisamento dei fatti, risultante nella specie,
assume i connotati di un'evidente violazione dei princìpi di
buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa
sanciti dalla legge fondamentale dello Stato, quale è
l'articolo 97 della Costituzione. In tal senso il carattere
immediatamente precettivo all'articolo 97 della Costituzione
va riconosciuto con la conseguenza che anche la violazione del
principio di imparzialità è inquadrata come autonoma figura di
violazione di legge.
Quanto all'ulteriore elemento della fattispecie penale
nella nuova formulazione dell'articolo 323 del codice penale,
risulta altrettanto palese che il Ferraro abbia dovuto patire
un ingiusto danno, sia sotto il profilo patrimoniale (perdita
degli emolumenti connessi all'incarico ricevuto) e sia sotto
l'aspetto del danno dell'immagine (in considerazione dei
pesanti giudizi negativi espressi in entrambi i decreti -
segnatamente nel secondo - sulle sue capacità gestionali).
Alla luce delle sopra esposte argomentazioni
RICHIEDE
alla Camera dei deputati l'autorizzazione a procedere a
carico di Bindi Rosaria per la seguente imputazione:
a) delitto previsto e punito dagli articoli 81, 479
e 323 del codice penale perché in qualità di Ministro della
sanità ed in violazione dei principi di buon andamento ed
imparzialità nell'azione amministrativa sanciti dall'articolo
97 della Costituzione della Repubblica, nello svolgimento
delle specifiche funzioni abusava del suo ufficio ed in
particolare addebitando falsamente all'operato del dottor
Giuseppe Ferraro un grave, ma in realtà inesistente
pregiudizio nella funzionalità dell'Istituto per la Diagnosi e
la Cura dei Tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli,
revocava al medesimo, con decreto del 9 gennaio 1997,
l'incarico di Commissario Straordinario dell'Istituto, così
intenzionalmente arrecando allo stesso Ferraro un ingiusto
danno e procurando un contestuale ingiusto vantaggio
patrimoniale ai dipendenti dell'Istituto che ne avevano
appunto chiesto la rimozione a causa della sospensione, da
egli disposta, del pagamento di emolumenti ed indennità non
dovute, emolumenti ed indennità la cui corresponsione veniva
successivamente ripristinata dal nuovo Commissario nominato in
sostituzione dal Ministro medesimo. In Roma, 9 gennaio
1997;
b) delitto previsto e punito dagli articoli 81, 479
e 323 del codice penale perché, in qualità di Ministro della
sanità ed in violazione dei principi di buon andamento ed
imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo
97 della Costituzione della Repubblica, nello svolgimento
delle specifiche funzioni, abusava del suo Ufficio e con
decreto del 5 febbraio 1997 reiterava la revoca del dottor
Giuseppe Ferraro, precedentemente sospesa con provvedimento
Pag.9
del Tar della Campania che così veniva di fatto eluso,
affermando falsamente nel nuovo decreto che la situazione di
grave disordine all'interno dell'Istituto "Fondazione Senatore
Pascale" era oggettivamente collegata a comportamenti del
dottor Ferraro inidonei ad assicurare un corretto
funzionamento dell'Istituto, con ciò arrecando
intenzionalmente un ingiusto danno al medesimo dottor Ferraro
e di riflesso al buon funzionamento dell'Istituto. Roma, 5
febbraio 1997.
A tal fine ordina rimettersi gli atti al Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Roma, unitamente alla
presente relazione per la loro immediata trasmissione al
Presidente della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo 8,
comma 1 legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989.
Roma lì, 17 febbraio 1998
Il presidente
Bruno Fasanelli
I giudici
Aldo Scivicco
M. Francesca Maresca
| |
| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE
(Relatore: BONITO)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE IN GIUDIZIO
AI SENSI DELL'ARTICOLO 96 DELLA COSTITUZIONE
nei confronti
DEL DEPUTATO ROSY BINDI NELLA SUA QUALITA'
DI MINISTRO DELLA SANITA'
PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL
CODICE PENALE
(FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI
PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
PER IL REATO DI CUI AGLI ARTICOLI 81, 479 E 323 DEL
CODICE PENALE
(FALSITA' IDEOLOGICA COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI
PUBBLICI E ABUSO D'UFFICIO)
TRASMESSA DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA
CAMERA
Presentata alla Presidenza il 6 aprile 1998
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - In data 11 febbraio 1997 il
dottor Giuseppe Ferraro presentava una denuncia penale in
danno del Ministro della Sanità Rosy Bindi. A sostegno della
sua iniziativa processuale il dottor Ferraro esponeva di
essere stato nominato dall' ex Ministro Elio Guzzanti
commissario straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura
dei tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli in data 1^
marzo 1996. Evidenziava, in particolare, il denunciate che
"tale nomina era stata determinata al fine di porre rimedio ad
una serie di gravi carenze ed irregolarità della gestione
evidenziata all'esito di una ispezione del 1995 condotta dal
dottor Giorgio di Dato" per conto del Ministero del Tesoro.
Esponeva altresì il denunciante che dopo il suo
insediamento aveva dovuto contrastare l'azione dei sindacati
interni i quali, a suo dire, avevano ostacolato l'opera di
tale risanamento, soprattutto con riferimento al suo
intervento teso a porre termine ad "ogni forma di erogazione
di emolumenti accessori a quelli stipendiali, di fatto in
godimento a circa 70 ricercatori laureati". Denunciava ancora
il dottor Ferraro che in data 10 gennaio 1997, "a ciel sereno"
ed a mezzo fax, gli era stato comunicato il decreto
ministeriale relativo alla nomina di un nuovo Commissario
Straordinario, con la contestuale revoca della sua nomina,
motivata da "una insanabile situazione di incompatibilità
ambientale, causa di grave pregiudizio per la funzionalità
dell'Ente con negativi riflessi sul corretto perseguimento
delle finalità istituzionali".
Sul punto il denunciante osservava che il nuovo
Commissario, professor Alfonso Barbarisi, non avrebbe avuto
alcuna esperienza gestionale di enti sanitari e che lo stesso
apparteneva alla stessa area di partito del Ministro Bindi.
Nella stessa denuncia il Ferraro ricordava che il 28
gennaio 1997 il TAR Campania aveva accolto la sua domanda
incidentale tesa ad ottenere la sospensione del provvedimento
ministeriale e che, nondimeno, il 5 febbraio successivo, il
Ministro aveva reiterato il provvedimento di revoca in suo
danno e di nomina del nuovo Commissario, motivandolo, fra
l'altro, con la "necessità di eliminare la situazione di
conflittualità da tempo esistente nell'istituto", con "la
situazione di grave disordine interno all'istituto
oggettivamente collegata a comportamenti del Commissario
straordinario dottor Ferraro", con "la frattura creatasi tra
il Commissario straordinario ed il Segretario Generale
dell'Ente" di guisa che era venuto meno il "rapporto
fiduciario (...) fondamento dell'atto di nomina e della
permanenza dell'incarico (...)".
Successivamente alla denuncia e precisamente in data 11
marzo 1997 il Consiglio di Stato rigettava il ricorso proposto
dal Ministro avverso l'ordinanza di sospensiva del TAR innanzi
menzionata, mentre in data 3 giugno 1997 lo stesso TAR
Campania accoglieva nel merito la domanda del Ferraro, con
conseguente annullamento di entrambi i decreti di revoca
emessi dal Ministro della Sanità.
Sulla base della richiamata denuncia il Collegio per i
reati ministeriali presso il Tribunale di Roma provvedeva a
svolgere le indagini preliminari, all'esito delle quali il
Procuratore della Repubblica, in data 16 dicembre 1997,
richiedeva la restituzione degli atti per la loro rimessione
al Presidente della Camera dei deputati ai sensi dell'articolo
Pag.3
8 legge costituzionale n. 1/89, trasmissione che avveniva il
successivo 21 febbraio 1998.
Della questione veniva investita la Giunta per le
autorizzazioni a procedere in giudizio, la quale, dopo
approfondita discussione, sentito il Ministro interessato ed
esaminati gli atti trasmessi dall'Autorità giudiziaria, ha
deliberato, con voto unanime dei suoi componenti, che il
Ministro Bindi ha agito per il perseguimento di un preminente
interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo,
con la conseguenza che l'autorizzazione a procedere invocata
dal collegio per i reati ministeriali deve essere negata.
In tal senso la Giunta avanza la sua proposta per il voto
dell'Assemblea, per le ragioni che sinteticamente si passa ad
illustrare.
* * *
L'ipotesi accusatoria in forza della quale il collegio per
i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma ed il P.M.
hanno chiesto l'autorizzazione a procedere nei confronti del
Ministro Bindi si articola nelle seguenti imputazioni:
a) delitto previsto e punito dagli articoli 81,
479 e 323 del codice penale perché in qualità di Ministro
della sanità ed in violazione dei princìpi di buon andamento
ed imparzialità nell'azione amministrativa sanciti
dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica, nello
svolgimento delle specifiche funzioni abusava del suo ufficio
ed in particolare addebitando falsamente all'operato del
dottor Giuseppe Ferraro, un grave, ma in realtà inesistente
pregiudizio nella funzionalità dell'Istituto per la Diagnosi e
la Cura dei Tumori "Fondazione Senatore Pascale" di Napoli,
revocava al medesimo, con decreto del 9 gennaio 1997,
l'incarico di Commissario Straordinario dell'Istituto, così
intenzionalmente arrecando allo stesso Ferraro un ingiusto
danno e procurando un contestuale ingiusto vantaggio
patrimoniale ai dipendenti dell'Istituto che ne avevano
appunto chiesto la rimozione a causa della sospensione, da
egli disposta, del pagamento di emolumenti ed indennità la cui
corresponsione veniva successivamente ripristinata dal nuovo
Commissario nominato in sostituzione del Ministro medesimo. In
Roma, 9 gennaio 1997;
b) delitto previsto e punito dagli articoli 81,
479 e 323 del codice penale perché, in qualità di Ministro
della sanità ed in violazione dei princìpi di buon andamento
ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti
dall'articolo 97 della Costituzione della Repubblica, nello
svolgimento delle specifiche funzioni, abusava del suo Ufficio
e, con decreto del 5 febbraio 1997, reiterava la revoca del
dottor Giuseppe Ferraro, precedentemente sospesa con
provvedimento del TAR della Campania, che veniva di fatto
eluso, affermando falsamente nel nuovo decreto che la
situazione di grave disordine all'interno dell'Istituto
"Fondazione Senatore Pascale" era oggettivamente collegata a
comportamenti del dottor Ferraro inidonei ad assicurare un
corretto funzionamento dell'istituto, con ciò arrecando
intenzionalmente un ingiusto danno al medesimo dottor Ferraro
e di riflesso al buon funzionamento dell'Istituto. Roma, 5
febbraio 1997.
Orbene, la norma costituzionale che la Camera dei deputati
è chiamata ad applicare è quella contenuta nell'articolo 9
della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, che recita
"L'Assemblea si riunisce entro sessanta giorni dalla data in
cui gli atti sono pervenuti al presidente della Camera
competente e può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti
negare l'autorizzazione a procedere ove reputi con valutazione
insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un
interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per
il perseguimento di un preminente interesse pubblico
nell'esercizio della funzione di Governo".
Nel caso di specie l'atto di nomina del Commissario
straordinario dell'Istituto per la diagnosi e cura dei tumori
"Fondazione Senatore Pascale" di Napoli, Istituto il quale,
giova ricordarlo, è il più importante ente di ricerca sui
Pag.4
tumori della Italia meridionale, è atto di alta
amministrazione, ricompreso nelle competenze del Ministro
della Sanità. Non v'è pertanto ragionevole dubbio che detta
nomina integri l'esercizio di una funzione di governo,
riconducibile, tra l'altro, all'alta vigilanza che lo stesso
Ministro è tenuto ad esercitare, in forza del decreto del
Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 617 sugli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, per
tutelare gli interessi generali dello Stato.
A conferma dell'assunto giova ricordare che l'atto di
nomina in questione non è disciplinato sul piano
procedimentale, esaurendosi il procedimento amministrativo
nell'atto in sé. Ciò dimostra la massima discrezionalità della
nomina e la sua evidente connotazione politica le quali, in
quanto proprie dell'atto positivo (la nomina), sono altresì
proprie dell'atto contrario (la revoca).
Neppure può evocarsi il dubbio che il Ministro abbia
provveduto, con apprezzamento politico di opportunità, "per il
perseguimento di un preminente interesse pubblico" ampiamente
desumibile dalle motivazioni delle due revoche, ed in modo
particolare dalla motivazione del secondo atto di revoca. In
esso, infatti, il Ministro evidenziava che era venuto meno il
rapporto fiduciario con il dottor Ferraro (fondamento di
qualsivoglia nomina governativa) a cagione di una situazione
di conflittualità permanente venutasi a creare nel più
importante polo di ricerca oncologica del Mezzogiorno ed
imputabile ai comportamenti del dottor Ferraro, oggetto, in
pochi mesi, di 56 esposti e denunce e di sette interrogazioni
parlamentari. Rammentava ancora il Ministro l'ulteriore
circostanza, causa di forte turbativa gestionale, della
frattura creatasi tra il dottor Ferraro ed il Segretario
generale dell'Ente, sfociata nel rinvio a giudizio dello
stesso dottor Ferraro, deciso il 28 novembre 1997 dal giudice
penale di Napoli per il reato di abuso in atti di ufficio.
Il Ministro Bindi ha ulteriormente chiarito in sede di
audizione davanti alla Giunta, che "... l'indebolimento
dell'attività di ricerca, anche in forza della situazione di
conflittualità alimentata dal comportamento del Commissario
... è segno di non perseguimento del pubblico interesse
obiettivato nell'esistenza stessa di un istituto di ricovero e
cura a carattere scientifico". Affermazione questa che trova
il suo più evidente ed inoppugnabile riscontro nella
circostanza che il dottor Ferraro aveva creato la più volte
denunciata situazione di conflittualità interna revocando
indennità economiche ai 70 ricercatori dell'Istituto.
In conclusione, nel caso in esame appare conclamato il
ricorso di entrambe le condizioni richieste dalla norma
costituzionale per il rifiuto, da parte della Camera dei
deputati, dell'autorizzazione a procedere richiesta
dall'Autorità Giudiziaria.
* * *
Ai fini, peraltro, di un più completo giudizio, appare
opportuno concludere la presente relazione con alcune
considerazioni in ordine al doppio capo di imputazione elevato
a carico del Ministro. Ciò non già per una valutazione di
merito circa l'esercizio di funzioni giurisdizionali,
evidentemente preclusa a chi è titolare di un distinto potere
dello Stato, bensì, incidenter tantum, al solo scopo di
fornire obiettivi elementi di valutazione e fondamento della
proposta di deliberazione.
Orbene, al primo capo di imputazione si constata il reato
di falso ideologico ex articolo 479 del codice penale,
nell'assunto che al Ferraro sarebbe stato addebitato,
falsamente, un pregiudizio grave nella funzionalità
dell'istituto ed il reato di abuso in atti di ufficio,
ex articolo 323 del codice penale, sull'assunto che il
Ministro avrebbe procurato un "ingiusto vantaggio patrimoniale
ai dipendenti dell'Istituto", consistente nel "pagamento di
emolumenti ed indennità non dovute" da parte del nuovo
Commissario Straordinario.
Circa il falso ideologico appare evidente l'individuazione
della falsità di una opinabile valutazione di una situazione
di fatto, peraltro del tutto corrispondente a quella
ministeriale e comunque estranea a qualsivoglia oggettività.
Pag.5
Circa l'abuso, invece, appare utile ricordare che gli
emolumenti invocati dai ricercatori sono erogati da tempo da
parte di tutti enti di ricerca operanti sul territorio
nazionale e che gli stessi sono poi stati riconosciuti come
legittimi e dovuti ai 70 ricercatori dell'istituto dal
Consiglio di Stato con sentenza definitiva del 1^ aprile
1997.
Tale pronuncia per un verso riconosce il fondamento
giuridico delle pretese sindacali dei ricercatori e per
converso dimostra l'illegittimità delle decisioni assunte dal
dottor Ferraro, decisioni dalle quali poi trassero origine i
momenti di conflittualità che determinarono l'intervento
politico del Ministro.
Anche al secondo capo di imputazione risultano contestati
i medesimi reati di falso ideologico e di abuso d'ufficio, il
primo giacché falsamente affermato nel decreto ministeriale
una "situazione di grave disordine all'interno dell'istituto",
ed il secondo perché il Ministro ha provveduto nonostante la
sospensiva della prima revoca decisa dal TAR Campania, quasi
che tale provvedimento interinale del giudice amministrativo
avesse esaurito la potestà governativa, nel concreto di poi
espressosi più ampia ed adeguata motivazione.
* * *
Per quanto sin qui esposto la Giunta per le autorizzazioni
a procedere in giudizio, all'unanimità, propone alla Camera
dei deputati di negare l'autorizzazione a procedere nei
confronti del Ministro della Sanità Rosy Bindi trasmessa in
data 21 aprile 1998 dalla Procura della Repubblica di Roma a
seguito di richiesta del 17 aprile 1998 del Collegio per i
Reati Ministeriali presso il Tribunale di Roma per i reati di
falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti
pubblici ed abuso d'ufficio, giacché il Ministro ha agito per
il perseguimento di un preminente interesse pubblico
nell'esercizio della funzione di Governo.
Francesco BONITO, Relatore.
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