| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
MATACENA
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui
all'articolo 595, primo, secondo e terzo comma dello stesso
codice, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione
col mezzo della stampa, aggravata)
TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI MESSINA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 30 maggio 1996
Pag.2
All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Oggetto: Relazione del GIP a seguito della eccezione
concernente l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma,
della Costituzione sollevata dal difensore di Matacena Amedeo,
membro della Camera dei deputati.
Procedimento penale n. 483/95 RG NR e n. 1894/95 RG GIP
nei confronti di:
1) Matacena Amedeo nato a Catania il 15 settembre 1963,
residente in Reggio Calabria, via Reggio Campi II Troncone,
109/A - Parco Fiamma;
2) De Virgilio Vincenzo, nato a Galatro il 18 maggio
1936, residente in Catanzaro, viale Cassiodoro, n. 137
IMPUTATI
del reato previsto e punito dagli articoli 110, 595, primo,
secondo e terzo comma del codice penale e 13 della legge n. 47
del 1948 per avere, in concorso tra loro, il primo come autore
del comunicato stampa ed il secondo come autore dell'articolo,
che testualmente lo riproduce, dal titolo "Replica di Matacena
al magistrato Vincenzo Macrì", apparso sul quotidiano La
Gazzetta del Sud, offeso la reputazione di Macrì Vincenzo,
qualificandolo come "ispiratore primario"... "strategie
organizzate dalla mafia in danno di diversi magistrati ed in
particolare del dottor Viola" e come "provocatore ed
irrispettoso delle regole deontologiche" per aver reagito alla
accusa del Matacena, invero non fondata, di aver utilizzato
"nella faida tra magistrati" verbali firmati in bianco dai
pentiti, e per avere offeso la reputazione dello stesso Macrì
Vincenzo con un articolo apparso sul periodico Tribuna
Calabria affermando che il Macrì aveva partecipato ad una
banditesca operazione e che era "un magistrato bandito",
articolo che si ricollegava al testo del comunicato diffuso
dall'AGI.
Fatto aggravato dall'attribuzione del fatto determinato e
dalla diffusione a mezzo stampa.
In Messina il 15 febbraio 1995 e in Reggio Calabria il 23
febbraio 1995.
FATTO E DIRITTO
A seguito di richiesta di rinvio a giudizio presentata
dal pubblico ministero in data 19 luglio 1995 veniva fissata
l'udienza preliminare per trattare il procedimento penale
instaurato nei confronti di Matacena Amedeo, De Virgilio
Vincenzo e Calarco Antonino, i primi due, per il reato di
diffamazione a mezzo stampa, ed il terzo, nella sua qualità di
direttore della Gazzetta del Sud, per avere omesso il
controllo sulla pubblicazione dell'articolo, oggetto della
contestazione,
Pag.3
atto ad impedire il reato di cui all'articolo 595 del codice
penale.
All'udienza del 1^ febbraio 1996, veniva disposto lo
stralcio della posizione di Calarco Antonino, nei confronti
del quale veniva emessa sentenza di non luogo a procedere
perché l'azione non poteva essere esercitata per difetto di
querela, e venivano acquisiti, in via preliminare, documenti
utili ai fini della decisione. L'udienza veniva quindi
rinviata al 29 aprile 1996 per consentire alle parti di
produrre ulteriore documentazione.
Alla indicata udienza veniva eccepita l'incompetenza
territoriale e l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma,
della Costituzione, quest'ultima con specifico riguardo
all'onorevole Matacena Amedeo.
L'una e l'altra eccezione venivano rigettate e disposta
la trasmissione degli atti alla Camera ai sensi dei commi 4 e
5 del decreto-legge n. 116 del 1996 con la seguente:
ORDINANZA
sull'eccezione di incompetenza per territorio;
ritenuto che dagli accertamenti di polizia giudiziaria
è emerso che il redattore dell'Agenzia Italia, autore
dell'articolo intitolato "Replica di Matacena al magistrato
Vincenzo Macrì", pubblicato in data 15 febbraio 1995 sul
quotidiano Gazzetta del Sud e in data 23 febbraio 1995
sul periodico Tribuna Calabria con il titolo "Matacena
replica a Macrì", è stato identificato in De Virgilio
Vincenzo;
che ciò premesso, essendo avvenuta la diffusione di
notizie, propalate da Matacena Amedeo, attraverso la stampa,
il reato si consuma ove avviene la pubblicazione del
giornale;
che poiché la pubblicazione dell'articolo sulla
Gazzetta del Sud è avvenuta in epoca anteriore rispetto
alla pubblicazione sul periodico Tribuna Calabria, la
competenza appartiene all'autorità giudiziaria di Messina;
che a nulla rileva la circostanza che sia stata emessa
sentenza di non luogo a procedere nei confronti del Direttore
della Gazzetta del Sud, Calarco Antonino, in quanto il
reato a lui ascritto è autonomo e la causa di improcedibilità
non si estende agli altri due imputati, Matacena e De
Virgilio;
che con riguardo all'on. Matacena, deve essere disposto
lo stralcio della sua posizione, avendo il suo difensore
eccepito l'applicabilità dell'articolo 68 della
Costituzione;
che nel merito l'eccezione è manifestamente infondata,
in quanto l'articolo 2, commi 1 e 3 del decreto-legge 12 marzo
1996, n. 16 circoscrive l'applicabilità dell'articolo 68,
comma primo, dalle ipotesi espressamente previste nel primo
comma dell'articolo 2 del citato decreto (che testualmente
recita: "L'articolo 68, primo comma, della Costituzione si
applica in ogni caso per la presentazione di disegni o
proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e
risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli
interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere,
per qualsiasi
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espressione di voto comunque formulata e per ogni altro atto
parlamentare") e alle attività "divulgative connesse" agli
atti parlamentari;
che non può mai rientrare nell'esercizio delle funzioni
parlamentari, sia pure intese in senso lato, la divulgazione
di notizie, prive di alcun collegamento con l'intervento
parlamentare, o aventi diverso oggetto;
che, in particolare, dal resoconto parlamentare risulta
che l'onorevole Matacena, ricollegandosi ad una sua presunta
esperienza personale maturata a Reggio Calabria, ha affermato
che attraverso l'applicazione dell'articolo 41- bis
veniva "estorta" ai detenuti la dichiarazione di pentimento ed
ancora che a Reggio Calabria erano stati firmati verbali in
bianco e che l'indagine condotta dal Ministero nella realtà
del Tribunale di Reggio Calabria aveva dimostrato che
"situazioni di questo genere ... erano utilizzate per far
firmare a pentiti verbali che accusano magistrati di essere
contro altri magistrati" e concludeva con un esplicito
riferimento al dottor Macrì;
considerato che di fronte alle rimostranze e richieste
da parte del magistrato Macrì di produrre prove in merito alle
accuse di reato mosse dall'onorevole Matacena, quest'ultimo
replicava con un comunicato stampa, in cui affermava che dal
rapporto dell'ispettore Vincenzo Nardi al Ministro di grazia e
giustizia, era emerso che "le strategie organizzate dalla
mafia" in danno di diversi magistrati, in particolare del
dottor Viola, erano state realizzate con l'intervento di pezzi
e settori deviati delle istituzioni dello Stato e che di tali
strategie era stato ispiratore primario il dottor Vincenzo
Macrì;
che appare evidente come non vi sia alcun nesso logico
e sequenziale o "divulgativo" di atti parlamentari tra il
dibattito sull'articolo 41- bis o la vicenda di presunti
verbali in bianco, contenenti accuse ai magistrati, con le
notizie desumibili - secondo il comunicato dell'onorevole
Matacena - dalla relazione dell'ispettore Nardi, dalla quale
il predetto avrebbe dedotto che l'ispezione si era conclusa,
accertando che il Macrì "sarebbe stato ispiratore di strategie
mafiose";
che pertanto l'eccezione va rigettata e copia degli
atti trasmessa senza ritardo alla Camera;
PER QUESTI MOTIVI
rigetta l'eccezione d'incompetenza territoriale;
dispone lo stralcio della posizione di Matacena
Amedeo;
non accoglie l'eccezione concernente l'applicabilità
dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione;
dispone trasmettersi copia degli atti alla Camera dei
deputati;
sospende il procedimento fino alle deliberazioni della
Camera;
rinvia per il De Virgilio all'udienza del 17 ottobre
1996.
Ciò premesso in fatto, ritiene questo giudice di non
poter accogliere l'eccezione della difesa del parlamentare per
i motivi indicati nell'ordinanza.
Pag.5
Va poi rilevato, senza voler far nessuna anticipazione in
merito ai fatti, oggetto del procedimento, che l'articolo 68,
primo comma, della Costituzione fa riferimento alle opinioni e
ai voti espressi in Parlamento, escludendo quindi che possano,
impunemente, porsi a fondamento di un serio dibattito fatti
non rispondenti alla realtà.
E' evidente che, se ciò fosse consentito, la funzione
parlamentare sarebbe del tutto svilita, in quanto,
introducendo nel dibattito parlamentare elementi fuorvianti,
che impediscono il corretto confronto delle idee in una sede
istituzionale di siffatta rilevanza, si produrrebbero effetti
oltremisura devastanti, non soltanto perché verrebbe impedito
il perseguimento di reati, nonostante l'abolita immunità
parlamentare, ma per i riflessi negativi, che deriverebbero da
decisioni fondate su erronei presupposti di fatto.
Va inoltre evidenziato, sotto un profilo esclusivamente
obiettivo del fatto, che dalla relazione dell'ispettore Nardi
non si coglie assolutamente la "confusione" che ne ha tratto
il parlamentare, essendo ben evidenziato che le "aggressioni"
al dottor Viola troverebbero, ad avviso dell'ispettore, la
loro origine in due strategie, una interna, da parte di
magistrati, e l'altra, di provenienza mafiosa, assolutamente
non collegate tra di loro.
In un altro punto della relazione dell'ispettore Nardi,
si esclude poi che il dottor Macrì sia l'ispiratore delle
dichiarazioni del pentito Barreca, contenenti riferimenti al
presidente Viola.
Ora è evidente che la propalazione di notizie errate, o
false, o volutamente distorte, non può mai rientrare in una
legittima attività divulgativa; a maggior ragione se, come
nella specie, le notizie non hanno alcuna pertinenza con
l'intervento parlamentare.
Se poi si volesse consentire, con l'alibi dell'articolo
68 della Costituzione, ad un parlamentare di giustificare
l'infondatezza di talune accuse con altre ancor più infondate
e obiettivamente inquadrabili, astrattamente, nella
fattispecie di cui all'articolo 595 del codice penale, è
considerazione che certamente desta grande preoccupazione.
Messina, 14 maggio 1996.
Il Giudice
Ada Vitanza
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: RAFFALDINI)
sulle
RICHIESTE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI DUE PROCEDIMENTI PENALI
nei confronti del deputato
MATACENA
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui all'articolo 595, primo, secondo e
terzo comma dello stesso codice, e 13 della legge 8 febbraio
1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa,
aggravata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 30 maggio 1996
per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e 13
della legge 8 febbraio 1948, n. 47
(diffamazione col mezzo della stampa)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 22 ottobre 1996
Presentate alla Presidenza il 28 novembre 1996
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - La Giunta per le autorizzazioni a
procedere riferisce congiuntamente su due documenti che
riguardano il medesimo deputato, per i motivi che si espongono
di seguito.
Con riferimento alla richiesta di cui al doc. IV- ter,
n. 26 l'onorevole Matacena risulta indagato presso
l'autorità giudiziaria di Messina per concorso, ai sensi
dell'articolo 595, primo, secondo e terzo comma dello stesso
codice, e 13 della legge n. 47 del 1948 (diffamazione
aggravata col mezzo di stampa), in relazione a due fatti:
a) per aver offeso la reputazione del giudice
Vincenzo Macrì, qualificando quest'ultimo in una intervista
comparsa in data 15 febbraio 1995 sul quotidiano La
Gazzetta del Sud: come " ispiratore primario " di
" strategie organizzate dalla mafia in danno di diversi
magistrati e in particolare del dottor Viola "; come
" provocatore ed irrispettoso delle regole
deontologiche "; che aveva utilizzato " nella faida tra
magistrati " verbali firmati in bianco dai pentiti;
b) per aver offeso il dottor Macrì con un articolo
apparso in data 23 febbraio 1995 sulla Tribuna della
Calabria dal titolo: " Macrì: un magistrato bandito ",
affermando che aveva partecipato a una banditesca
operazione.
Sull'eccezione ex articolo 68 della Costituzione, il
provvedimento del GIP del tribunale di Messina, reso il 14
maggio 1996, negando l'applicabilità nel caso in specie della
tutela delle guarentigie, rimetteva gli atti alla Camera dei
deputati, previa sospensione del procedimento penale
incardinato dinnanzi a quel tribunale con il n. 483/95 R.G. NR
e n. 1849/95 R.G. GIP.
Nella seduta del 24 ottobre 1996 la Giunta per le
autorizzazioni a procedere ha ritenuto che le espressioni
usate dall'onorevole Matacena, nelle riferite occasioni
temporali e di mezzo, non ricadessero nell'invocata garanzia
parlamentare.
Si ricorda, infatti, che al parlamentare è concessa
un'ampia tutela di libertà di espressione, ma correlativamente
lo stesso deputato deve evitare che la tutela si trasformi in
arbitrario strumento per ledere diritti e posizioni di
terzi.
Al di là del merito il cui accertamento compete
all'autorità giudiziaria ordinaria, l'onorevole Matacena, nel
caso, ha ampiamente travalicato i limiti che sono imposti al
parlamentare.
Per questi motivi la Giunta per le autorizzazioni a
procedere ha ritenuto di proporre all'Assemblea di dichiarare
che i fatti per i quali è in corso il procedimento non
concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni.
* * *
Mentre era in corso di presentazione la relazione
all'Assemblea sul citato documento, il GIP presso il tribunale
di Reggio Calabria ha trasmesso alla Camera, in data 22
ottobre 1996, una ulteriore richiesta di deliberazione in
materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo
comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento
penale nei confronti dell'onorevole Amedeo Matacena per i
reati di cui agli articoli 595 del codice penale e 13 della
legge n. 47 del 1948 (diffamazione col mezzo di stampa).
La Giunta ha avuto modo di rilevare che il fatto di cui
alla presente richiesta è identico ad uno di quelli cui fa
riferimento la richiesta del tribunale di Messina del 14
maggio 1996 (doc. IV- ter, n. 26) e cioè, in particolare,
l'articolo del 23 febbraio 1995 pubblicato sulla Tribuna
della Calabria.
Pag.3
Non spetta, com'è noto, alla Giunta (e più in generale
alla Camera) di ingerirsi nelle questioni di competenza dei
singoli organi giudiziari. Rilevato, tuttavia, che in
relazione alla richiesta del tribunale di Messina la Giunta
per le autorizzazioni a procedere si era pronunciata in data
24 ottobre 1996 dichiarando la sindacabilità delle espressioni
usate dall'onorevole Matacena, si è ritenuto che siffatta
deliberazione sia tale da inibire alla Giunta una ulteriore
decisione e che dunque la decisione sul doc. IV- ter, n.
43 debba ritenersi assorbita da quella sul doc. IV- ter,
n. 26.
E' infatti opinione consolidata, anche in base ai
precedenti della scorsa legislatura, che la deliberazione
della Camera ha per oggetto una valutazione del fatto che
viene contestato al parlamentare, indipendentemente dalle
conseguenze di ordine procedurale ovvero di qualificazione
giuridica che ad esso ricollega l'autorità giudiziaria. E'
pertanto opportuno evitare il rischio di una violazione del
principio del ne bis in idem, violazione che si
verificherebbe ove la Giunta (e successivamente l'Assemblea)
votassero distintamente sui due documenti.
Conclusivamente, la Giunta per le autorizzazioni a
procedere propone pertanto di dichiarare che i fatti per i
quali è in corso il procedimento di cui al doc. IV- ter,
n. 26 nonché il procedimento di cui al doc. IV- ter,
n. 43, non concernono opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Franco RAFFALDINI, Relatore.
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| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: COLA)
sulle
RICHIESTE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI DUE PROCEDIMENTI PENALI
nei confronti del deputato
MATACENA
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui all'articolo 595, primo, secondo e
terzo comma dello stesso codice, e 13 della legge 8 febbraio
1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa,
aggravata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 30 maggio 1996
per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e 13
della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col mezzo
della stampa); per il reato di cui all'articolo 648 del codice
penale (ricettazione)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 22 ottobre 1996
Presentata alla Presidenza il 4 ottobre 1999
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce
congiuntamente su due richieste di deliberazione in materia di
insindacabilità che traggono origine da due distinti
procedimenti penali nei confronti dell'onorevole Matacena,
riferiti, tuttavia, almeno in parte, ad un identico fatto.
Per una più agevole intelligenza della questione, vale la
pena di riepilogare brevemente le vicende all'origine dei
procedimenti.
Con denuncia del 27 febbraio 1995, il dottor Vincenzo
Macrì, allora sostituto procuratore presso la direzione
nazionale antimafia, sporgeva querela nei confronti
dell'onorevole Matacena dolendosi di un "comunicato"
pubblicato sul quotidiano Tribuna Calabria del 23
febbraio 1995 dal titolo "Il deputato azzurro attacca il
magistrato - Matacena replica a Macrì". Nella medesima
denuncia era altresì pubblicato il testo di tale comunicato,
che risulta del seguente tenore: "In risposta a quanto
affermato dal giudice Macrì sul quotidiano Gazzetta del Sud di
lunedì 13 febbraio u.s., l'on. Amedeo Matacena ha evidenziato
di aver consegnato copia dei documenti depositati
dall'ispettore Vincenzo Nardi al Ministero di grazia e
giustizia ai giornalisti intervenuti alla conferenza stampa.
Da tali documenti, a parere del deputato azzurro, traspare che
le strategie organizzate dalla mafia in danno di diversi
magistrati ed in particolare del dottor Viola sono state
realizzate con l'intervento di pezzi e settori deviati delle
istituzioni dello Stato; l'on. Matacena afferma inoltre che da
tale relazione, a suo avviso, si comprende chiaramente che di
tali strategie è stato ispiratore primario il dottor Macrì. La
guerra fra bande, così come più volte definita sulla stampa,
mi autorizza ad evidenziare che avendo il dottor Macrì
partecipato a tale "banditesca operazione", lo stesso possa
essere definito con un'appropriata terminologia e come tale è
da considerarsi provocatore, arrogante ed irrispettoso delle
regole deontologiche, come evidenziato nel rapporto del dottor
Vincenzo Nardi, ispettore del Ministero della Giustizia e
dallo stesso inviato dal Ministro, nel quale si chiedono
sanzioni disciplinari per il dottor Macrì, anche per
violazioni del codice di procedura penale. Atti, questi,
trasmessi al Csm e per i quali non è stata rinnovata
l'applicazione del sostituto dottor Macrì alla Dda di Reggio
Calabria. Ampio servizio sul prossimo numero". L'articolo
veniva annunciato sulla prima pagina del suddetto giornale con
il seguente richiamo: "Dura la replica dell'esponente
azzurro - Matacena: Macrì: un magistrato bandito".
Infine, il denunciante si doleva della a suo dire
illegittima detenzione nonché della (sempre asserita)
illegittima diffusione, da parte dell'onorevole Matacena,
della relazione compilata dall'Ispettorato del Ministero di
grazia e giustizia sulla situazione giudiziaria a Reggio
Calabria ed in particolare sull'attività del dottor Macrì,
diffusione a suo avviso integrante gli estremi del reato di
ricettazione.
Nella medesima denuncia si rilevava che una sintesi del
comunicato era stata pubblicata inoltre sul quotidiano La
Gazzetta del Sud del 15 febbraio 1995, con l'annotazione
che, in calce all'articolo, intitolato Replica Matacena al
magistrato Vincenzo Macrì, appariva la sigla " Agenzia
Italia ".
Agli atti di uno dei processi sono stati successivamente
acquisiti anche i dispacci d'agenzia, di contenuto
sostanzialmente identico a quello degli articoli.
* * *
A seguito di tale denuncia, la Procura di Reggio Calabria
iniziava un procedimento penale (239/95 R.G.N.R.) dal quale,
Pag.3
tuttavia, con atto del 17 marzo 1995, si disponeva lo stralcio
di quello pertinente alla pubblicazione su La Gazzetta del
Sud. Il procedimento a Reggio Calabria proseguiva,
pertanto, nei confronti dell'onorevole Matacena e del
direttore responsabile del quotidiano Tribuna Calabria,
per le sole dichiarazioni riportate su tale quotidiano, cui
espressamente faceva riferimento, negli atti inviati alla
Camera dall'autorità giudiziaria, il capo di imputazione.
A seguito dello stralcio, veniva quindi iniziato un nuovo
procedimento presso il Tribunale di Messina (n. 483/95
R.G.N.R.).
Nell'ambito di tale ultimo procedimento, su conforme
richiesta del pubblico ministero, veniva disposto il rinvio a
giudizio dell'onorevole Matacena, nonché del giornalista
autore dell'articolo. Nel corso dell'udienza preliminare, il
P.M., su invito del GIP, integrava il capo di imputazione con
riferimento anche all'articolo apparso sul periodico
Tribuna Calabria. Infine il GIP, ai sensi delle
disposizioni di legge allora vigenti, con ordinanza del 29
aprile 1996, disponeva la trasmissione degli atti alla Camera
dei deputati. Il testo di tale ordinanza è contenuto nel doc.
IV- ter n. 26.
Nel frattempo (23 marzo 1996), il competente Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, con
riferimento al procedimento pendente presso tale Tribunale,
chiedeva, nei confronti dell'onorevole Matacena,
l'archiviazione per quanto riguardava l'ipotesi di reato di
ricettazione e il rinvio a giudizio per quanto riguardava
l'ipotesi di reato di diffamazione.
La richiesta veniva ribadita in termini identici dal P.M.
in data 27 febbraio 1996, essendosi proceduto, nel frattempo,
ad una nuova iscrizione nel registro notizie di reato (n.
301/96 R.G.N.R.).
A seguito di opposizione della parte offesa, veniva
fissata udienza preliminare in data 10 maggio 1996,
nell'ambito della quale il giudice competente rigettava
un'eccezione di competenza territoriale e pronunciava in
ordine all'eccezione di applicabilità dell'articolo 68,
disponendo, ai sensi della disciplina allora vigente, la
trasmissione degli atti alla Camera. Tale ordinanza veniva
rinnovata con ordinanza del 22 ottobre 1996 in quanto nella
precedente, per un mero errore materiale, si era fatto
riferimento a fatti relativi ad altro procedimento penale. Il
contenuto di tale ultima ordinanza è riprodotto nel doc.
IV- ter n. 43.
Più di recente (30 marzo 1998), come si vedrà, l'onorevole
Matacena ha trasmesso copia del decreto che dispone il
giudizio nel quale risulta che, sempre nel procedimento
pendente presso il Tribunale di Reggio Calabria, è stato
parzialmente modificato il capo di imputazione relativo alla
diffamazione, che non fa più espressamente riferimento al solo
articolo pubblicato su Tribuna Calabria, ma,
genericamente, al fatto di aver distribuito "- al fine di
far pubblicare sulla stampa - un appunto il cui titolo era del
seguente tenore: "Macrì: un magistrato bandito". Dal citato
decreto risulta, inoltre, che l'onorevole Matacena è stato
rinviato a giudizio anche per il reato di ricettazione "per
aver ricevuto da persone non identificate copia della
relazione ministeriale dell'ispettore Nardi, proveniente dal
delitto di cui all'articolo 326 dei c.p., dallo stesso poi
diffusa mediante consegna alla stampa".
* * *
La Giunta ha esaminato una prima volta (almeno in parte)
le vicende esposte sopra nella seduta del 24 ottobre 1996, in
occasione dell'esame del doc. IV- ter n. 26,
pronunciandosi, con riferimento a tale documento, nel senso
della sindacabilità. Successivamente, esaminando il doc.
IV- ter n. 43, pervenuto successivamente, ha rilevato che
il fatto alla base dell'ipotesi di reato di diffamazione
formulata nell'ambito del procedimento pendente presso il
Tribunale di Reggio Calabria, doveva ritenersi parzialmente
identico a quello sussunto sotto l'ipotesi di reato di
diffamazione formulata nell'ambito del processo presso il
Tribunale di Messina e ha pertanto ritenuto, in termini
parlamentari, la decisione relativa a tale ultimo documento,
assorbita da quella relativa al precedente. Nel corso della
discussione congiunta in Assemblea dei due documenti, nella
Pag.4
seduta del 1^ luglio 1998, l'allora relatore, onorevole
Raffaldini, ha dato conto del decreto di rinvio a giudizio di
cui si è detto sopra, nel quale veniva formulata espressamente
anche l'ipotesi di reato di ricettazione e ha proposto,
pertanto, un rinvio degli atti alla Giunta per una nuova
complessiva valutazione.
* * *
Il senso del rinvio è anche quello, evidentemente, di una
rivalutazione d'insieme della questione, sia alla luce del
decreto di rinvio a giudizio, sia, più in generale, alla luce
dell'esperienza accumulata dalla Giunta in questa materia.
Al di là delle vicende processuali, che si è tentato di
delineare sopra, è dunque opportuno ricostruire compiutamente
il contesto complessivo nell'ambito del quale devono situarsi
le vicende esaminate nei due procedimenti penali. Va detto, in
premessa, che tra l'onorevole Matacena e il dottor Macrì, vi è
da lungo tempo una accesa polemica verbale, con reciproci
scambi di accuse, talora anche di contenuto molto grave.
Per quanto riguarda più direttamente i fatti oggetto della
presente vicenda, la successione dei medesimi può ricostruirsi
in questi termini: in data 9 febbraio 1995, l'onorevole
Matacena svolse in Assemblea un intervento contro la proroga
fino al 31 dicembre 1999 delle disposizioni di cui
all'articolo 41- bis della legge n. 354 del 1975
sull'ordinamento penitenziario. Nell'ambito di tale
intervento, l'onorevole Matacena fece riferimento a
"strumentalizzazioni politiche realizzate attraverso l'uso
dei verbali firmati in bianco dai pentiti (...). Situazioni di
questo genere - proseguiva l'onorevole Matacena- creano
problemi perché sono state utilizzate - lo dimostrano talune
indagini condotte dal ministero nelle realtà dei tribunali di
Reggio Calabria - per far firmare a pentiti verbali che
accusano magistrati di essere contro altri magistrati! E' uno
scontro tra fazioni del potere per il potere. A Reggio
Calabria si è interessato molto fattivamente di questa
situazione il sostituto procuratore antimafia Macrì, che
finalmente ha concluso la sua indagine il 29 gennaio scorso.
Non è possibile dare in mano meccanismi del genere a questo
tipo di magistratura: è realmente un delitto".
A tale articolo rispose il dottor Macrì nell'ambito di
un'intervista pubblicata su La Gazzetta del Sud del 13
febbraio 1995, con le seguenti parole: "Matacena prende
spunto dalla sua dichiarazione di voto per attribuire ai
magistrati reggini, ed a me fra questi, comportamenti assai
scorretti che, se fossero veri, costituirebbero gravi reati.
Ma il punto dolente è proprio questo: di vero in quello che
dice Matacena non c'è nulla, ma proprio nulla, ed egli si
limita, ancora una volta, a spargere calunnie facendosi forte
dell'immunità parlamentare. Egli afferma (...) di aver
documenti e prove, bene, ma allora perché non le presenta ad
un Procuratore della Repubblica, uno a sua scelta, per
chiedere la punizione dei colpevoli? (...). Vi è un altro
aspetto ancora più allarmanti: le calunnie pronunciate in
Parlamento contro i giudici reggini e contro di me in
particolare (...) si risolvono, per le orecchie attente dei
buon mafiosi, in vere e proprie indicazioni di obiettivi da
colpire (...)."
A seguito di tale intervista (dai contenuti - sembrerebbe
- non meno offensivi di quelli del comunicato stampa
dell'onorevole Matacena, in quanto contengono pesanti
allusioni a comportamenti astrattamente assai gravi),
scaturivano le dichiarazioni dell'onorevole Matacena che hanno
dato luogo ai due procedimenti sopra citati.
Già dal succedersi degli eventi, così come brevemente
descritti, può chiaramente intendersi che le affermazioni
dell'onorevole Matacena, per le quali pendono i due
procedimenti sopra citati, hanno un chiaro "aggancio" ad
affermazioni rese nelle aule parlamentari e costituiscono una
divulgazione all'esterno di opinioni rese nell'esercizio delle
funzioni e dunque, per uniforme e consolidata opinione della
stessa Corte costituzionale, tali esse stesse.
Qualcuno, come è stato rilevato da taluni colleghi della
Giunta appartenenti alla maggioranza di governo, potrebbe,
tuttavia, non cogliere appieno il nesso tra le dichiarazioni
rese in Assemblea e le affermazioni contenute nei due giornali
e nell'agenzia di stampa.
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Vi sono, tuttavia, ulteriori elementi che rafforzano in
modo "decisivo" questa tesi.
Oltre a intervenire alla Camera sulla votazione
dell'articolo 41- bis, l'onorevole Matacena ha infatti
presentato, insieme ad altri colleghi, in data 11 ottobre
1994, una specifica interrogazione parlamentare (n. 4-04104)
nella quale si faceva espresso riferimento alla vicenda dei
verbali in bianco, con l'indicazione di precise e dettagliate
circostanze che gli interroganti sottoponevano all'attenzione
del ministro di grazia e giustizia. In particolare,
l'interrogazione si riferiva alla "condizione di acuta
sofferenza istituzionale" in cui versavano gli uffici
giudiziari di Reggio Calabria, giungendosi ad affermare che
" (...) sulla scorta di quanto esposto è da ritenere che la
Magistratura reggina agisca, in un clima di guerra per bande,
per fini politici e non di giustizia; che il "killeraggio" fra
i giudici del Tribunale di Reggio è evidenziato dal verbale
del Consiglio superiore della magistratura che denuncia,
chiaramente, la spregiudicata volontà di questi magistrati,
particolarmente del sostituto Macrì, di annientare tutti gli
avversari sia magistrati che politici (...)". Sempre nella
stessa interrogazione parlamentare, si fa ancora più diretto
riferimento al dottor Macrì, citandosi una risoluzione
predisposta dal gruppo di lavoro per gli interventi del
Consiglio superiore della magistratura, secondo la quale
"(...) dalle audizioni effettuate l'8 novembre 1993, 6
dicembre 1993, il 21 dicembre 1993 e il 10 gennaio 1994 con
dirigenti e magistrati emergono 2 (...) vicende dalle quali si
evidenziano possibili profili di incompatibilità ambientale o
l'infondatezza e persino la concertazione di accuse infondate,
volte a diffamare i colleghi, per finalità di vendetta
personale o di potere correntizio (...)" e in cui si
afferma che alcuni magistrati "hanno reagito vivacemente
alle accuse denunciando una volontà persecutoria e calunniosa
espressa nei loro confronti in particolare dal dottor Vincenzo
Macrì, attualmente sostituto procuratore antimafia applicato
alla DDA di Reggio Calabria (...)". E' appena il caso di
sottolineare, infine, che il competente ministro nella sua
risposta scritta a tale interrogazione (pubblicata nei
resoconti della seduta dell'8 maggio 1995) ha confermato
ampiamente le preoccupazioni e i sospetti dell'onorevole
Matacena, ammettendo, in particolare, che erano stati
addebitati al predetto magistrato i seguenti comportamenti:
"1 - esser stato costantemente "presente", o comunque
essere risultato sempre "coinvolto", in una serie di attacchi
di stampa o di iniziative diffamatorie messe in atto in danno
del dottor Giuseppe Viola, già Presidente della Corte di
Appello di Reggio Calabria (...); 2 - aver fatto un uso
scorretto della funzione giudiziaria (...)".
Infine, in data 8 marzo 1995 (dunque in data successiva
rispetto alle dichiarazioni che hanno dato origine ai due
articoli e all'agenzia di stampa, ma non tanto da non poter
ravvisare un chiaro rapporto teleologico tra le dichiarazioni
e l'interrogazione) l'onorevole Matacena ha presentato
un'interrogazione al Ministro di grazia e giustizia (n.
3-00475, pubblicata in allegato ai resoconti della seduta n.
151) del seguente tenore: "Per sapere - premesso che il 29
gennaio scorso è scaduta (e non è stata rinnovata)
l'applicazione del dottor Vincenzo Macrì, sostituto
procuratore nazionale antimafia, alla Direzione distrettuale
antimafia di Reggio Calabria; prima di tale scadenza, anche a
seguito del rapporto del dottor Vincenzo Nardi, Ispettore
generale capo del Ministero di grazia e giustizia, che
definiva, tra l'altro "l'inopportuna" tale applicazione, il
CSM ha ritenuto opportuno ascoltare in merito le valutazioni
del Procuratore nazionale antimafia, dottor Siclari, che a
quanto risulta all'interrogante avrebbe condiviso l'analisi
dell'Ispettore Nardi (...); nel rapporto del dottor Nardi, al
punto 7 delle conclusioni finali, si evidenzia "un problema di
vistosa opportunità, determinato proprio dall'evidenza del
contrasto tra l'interesse personale del quale il Macrì è
portatore e le sue esigenze di imparzialità e di rigore
proprie delle sue competenze istituzionali" -: se non
ritengano assolutamente inopportuno ed impraticabile il
rinnovo dell'applicazione alla DDA di Reggio Calabria del
dottor Macrì che in base a quanto riportato al punto 7 della
conclusione della relazione del dottor Nardi non può più
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essere imparziale e sereno o, comunque, quello che più conta,
non può apparire tale nella gestione di indagini che
coinvolgano ed utilizzino la disponibilità dei pentiti".
Dal complesso di tali interrogazioni risulta dunque del
tutto evidente che le affermazioni rivolte nei confronti del
dottor Macrì non erano frutto di un'estemporanea volontà
diffamatoria ma piuttosto di una meditata e accurata attività
ispettiva effettuata dal parlamentare sulla situazione della
magistratura della propria città.
E a documentare - se pure ve ne fosse bisogno - che tale
attività ispettiva non era frutto di chissà quali reconditi
intenti contribuisce in modo cristallino la risposta alla
interrogazione da ultimo citata resa dall'allora
sottosegretario Marra nella seduta del 17 novembre 1995. Il
sottosegretario afferma espressamente che "durante
l'applicazione (del dottor Macrì, ndr) ebbero a
verificarsi contrasti tra i magistrati del distretto nella
conduzione delle indagini per delicati procedimenti inerenti
la criminalità organizzata. A seguito di ciò il ministro
dell'epoca dispose, l'8 ottobre 1993, un'indagine ispettiva.
Il 26 ottobre 1994, sulla base della relazione ispettiva, il
ministro richiese al CSM il trasferimento del dottor Macrì ad
altro ufficio (...). Il Procuratore nazionale antimafia, che
nel contesto di tale procedura fu ascoltato dall'apposita
commissione del CSM affermò di aver maturato (...) la
convinzione che effettivamente fosse inopportuno consentire la
proroga dell'applicazione (...). Il 28 giugno 1995 il CSM ha
deliberato (...) l'archiviazione della succitata richiesta del
trasferimento d'ufficio non essendovi provvedimenti del
Consiglio da adottare, appunto per intervenuta cessazione
dell'applicazione".
Dalla risposta del sottosegretario, pertanto, risulta
chiaramente che i dubbi dell'onorevole Matacena erano più che
fondati, ovvero, quantomeno, come minimo, che le sue
iniziative ispettive avevano pieno fondamento.
Il complesso degli argomenti sopra evidenziati ha indotto
pertanto la Giunta, dopo un approfondito dibattito, a
modificare il suo precedente avviso, deliberando con
riferimento agli identici fatti che nei due procedimento hanno
dato luogo all'ipotesi di reato di diffamazione, nel senso
dell'insindacabilità. L'onorevole Matacena non ha fatto altro
che divulgare i contenuti di sue precedenti iniziative
parlamentari ed, in particolare, di alcuni suoi atti ispettivi
e le sue dichiarazioni si inseriscono nell'ambito di una
attività ispettiva che ha dato luogo, anche successivamente,
alla presentazione di una interrogazione.
* * *
Occorre soffermarsi brevemente, infine, sulla questione
del reato di ricettazione. Come si è visto l'onorevole
Matacena è imputato di aver detenuto e, come risulta dal capo
di imputazione come da ultimo modificato nel decreto di rinvio
a giudizio, di aver distribuito copia della "relazione Nardi"
(la relazione dell'ispettore ministeriale al Ministro di
Grazia e Giustizia) sul caso Macrì. Da alcune parti è stato
detto, in Giunta, che siffatto comportamento costituisce in
re ipsa un fatto illecito che non può rientrare nell'ambito
di applicazione dell'articolo 68, primo comma della
Costituzione. Anche l'ordinanza del GIP di Reggio Calabria -
che comunque non è vincolante né per la Giunta né per
l'Assemblea -, che aveva sottoposto la questione alla Camera,
non conteneva alcun riferimento a tale ipotesi di reato.
Non si può non rilevare, tuttavia, che il contenuto della
relazione costituisce l'elemento essenziale ai fini della
denuncia politica svolta dall'onorevole Matacena. Occorre
considerare peraltro che all'onorevole Matacena non si
contesta di aver concorso nel fatto illecito della
divulgazione di un segreto di ufficio, ma soltanto il fatto di
aver utilizzato tale documento ai fini della propria legittima
battaglia politica e della propria legittima attività
ispettiva sulla situazione di un importante ufficio
giudiziario del suo collegio elettorale.
L'onorevole Matacena, con comprensibile riservatezza, ha
affermato che la relazione gli è stata recapitata da mano
anonima. Ebbene, quale dei nostri colleghi, a fronte di un
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documento autentico che contenesse gravissime affermazioni
tali da rendere quasi indispensabile una denuncia politica,
potrebbe omettere di farla?
E' appena il caso di ricordare, peraltro, che proprio di
recente la Giunta ha ritenuto coperto dalla prerogativa di cui
all'articolo 68 della Costituzione il caso di un concorso
nella divulgazione di segreto d'ufficio, nel quale il deputato
interessato aveva addirittura istigato un terzo pubblico
ufficiale a rivelare alcuni segreti d'ufficio da utilizzarsi
in una (anch'essa legittima) battaglia politica (si trattava,
in particolare, dei precedenti penali di alcuni candidati di
una lista di partito, avversa a quella del parlamentare
interessato, alle elezioni per il comune di Napoli).
Proprio a testimonianza della estrema delicatezza della
questione ai fini del libero esercizio delle funzioni
parlamentari va rilevato, peraltro, che nel caso che ci
occupa, la maggioranza della Giunta non si è formata secondo
schieramenti politici, avendo anche alcuni colleghi della
maggioranza che sostiene il Governo, tradizionalmente su
posizioni più restrittive, convenuto circa l'interpretazione
che qui si fornisce.
Infine, sia consentito - per mera completezza - di
sollevare più di qualche dubbio sulla qualificazione giuridica
del fatto alla base dell'ipotesi di reato di ricettazione.
Infatti, delle due l'una: o si presta fede alla ricostruzione
del fatto fornita dall'onorevole Matacena (la mano anonima), e
allora non sussiste in re ipsa l'ipotesi di reato,
ovvero si deve ritenere che l'onorevole Matacena abbia, in
qualche modo, "ispirato" la divulgazione del segreto d'ufficio
e dunque di tale reato dovrebbe rispondere a titolo di
concorso: in quest'ultimo caso, tuttavia, occorrerebbe
accertare (o quanto meno ipotizzare) una ben definita
responsabilità della persona che materialmente ha sottratto la
relazione, cosa che il magistrato inquirente si è ben guardato
dal fare. In entrambi i casi, pertanto, l'ipotesi di reato di
ricettazione a carico dell'onorevole Matacena appare
estremamente debole e inconsistente.
Ciò nulla toglie, evidentemente, al discorso svolto più
sopra circa l'inerenza all'attività parlamentare del
comportamento del collega, quale che debba essere la
qualificazione giuridica del medesimo.
* * *
E' opportuno soffermarsi brevemente sulle modalità di
votazione. Come si è visto, i fatti all'origine dei due
procedimenti, per quel che riguarda il reato di diffamazione,
sono identici.
Com'è noto, è prassi consolidata che la Camera non si
ingerisca nelle questioni della competenza ovvero della
qualificazione giuridica dei fatti, che sono proprie
dell'autorità giudiziaria. La deliberazione della Camera ha
per oggetto una valutazione del fatto che viene contestato al
parlamentare, indipendentemente dalle conseguenze di ordine
procedurale o di qualificazione giuridica che ad esso
ricollega la suddetta autorità giudiziaria. E' tuttavia
indispensabile evitare la possibilità, anche solo astratta, di
un bis in idem, che si verificherebbe qualora si votasse
due volte su fatti identici.
La Giunta ha pertanto proceduto a due distinte
votazioni.
Nella prima, con riferimento al doc. IV- ter n. 26,
essa ha pertanto deliberato di riferire all'Assemblea nel
senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento
concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni precisando che in tale
decisione deve ritenersi assorbita quella relativa al doc.
IV- ter n. 43, limitatamente al primo capo di imputazione
(diffamazione col mezzo della stampa), in quanto vertente su
identici fatti.
Nella seconda, con riferimento al secondo capo di
imputazione (ricettazione) del procedimento di cui doc.
IV- ter n. 43, ha altresì deliberato di riferire
all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il
procedimento concernono opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Sergio COLA, Relatore.
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