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Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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48
DOC4T-0026
DOC IV ter n. 26 Legisl. XIII
30-05-96 [ DOC13-4TER-26 DO C134TER0026 13DOC4TER 00026 DOC13-4TER-26A 13DOC4TER 00026 A 000500032 DOC4TER 00026 000004T002600000101000540SI1 5 000101000327SI1 3 000101000774SI1 7 0007DOC13-4TER-26AR 13DOC4TER 00026 AR 00 00 ]
  RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
  AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
            NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
                  nei confronti del deputato
                           MATACENA
  per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
                  penale - nel reato di cui
  all'articolo 595, primo, secondo e terzo comma dello stesso
  codice, e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione
              col mezzo della stampa, aggravata)
              TRASMESSA DAL TRIBUNALE DI MESSINA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 30 maggio 1996
 
                              Pag.2
 
  All'onorevole Presidente
  della Camera dei Deputati
  Oggetto: Relazione del GIP a seguito della eccezione
  concernente l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma,
  della Costituzione sollevata dal difensore di Matacena Amedeo,
  membro della Camera dei deputati.
  Procedimento penale n. 483/95 RG NR e n. 1894/95 RG GIP
  nei confronti di:
        1) Matacena Amedeo nato a Catania il 15 settembre 1963,
  residente in Reggio Calabria, via Reggio Campi II Troncone,
  109/A - Parco Fiamma;
        2) De Virgilio Vincenzo, nato a Galatro il 18 maggio
  1936, residente in Catanzaro, viale Cassiodoro, n. 137
                           IMPUTATI
  del reato previsto e punito dagli articoli 110, 595, primo,
  secondo e terzo comma del codice penale e 13 della legge n. 47
  del 1948 per avere, in concorso tra loro, il primo come autore
  del comunicato stampa ed il secondo come autore dell'articolo,
  che testualmente lo riproduce, dal titolo "Replica di Matacena
  al magistrato Vincenzo Macrì", apparso sul quotidiano  La
  Gazzetta del Sud,  offeso la reputazione di Macrì Vincenzo,
  qualificandolo come "ispiratore primario"... "strategie
  organizzate dalla mafia in danno di diversi magistrati ed in
  particolare del dottor Viola" e come "provocatore ed
  irrispettoso delle regole deontologiche" per aver reagito alla
  accusa del Matacena, invero non fondata, di aver utilizzato
  "nella faida tra magistrati" verbali firmati in bianco dai
  pentiti, e per avere offeso la reputazione dello stesso Macrì
  Vincenzo con un articolo apparso sul periodico  Tribuna
  Calabria affermando che il Macrì aveva partecipato ad una
  banditesca operazione e che era "un magistrato bandito",
  articolo che si ricollegava al testo del comunicato diffuso
  dall'AGI.
      Fatto aggravato dall'attribuzione del fatto determinato e
  dalla diffusione a mezzo stampa.
      In Messina il 15 febbraio 1995 e in Reggio Calabria il 23
  febbraio 1995.
                       FATTO E DIRITTO
      A seguito di richiesta di rinvio a giudizio presentata
  dal pubblico ministero in data 19 luglio 1995 veniva fissata
  l'udienza preliminare per trattare il procedimento penale
  instaurato nei confronti di Matacena Amedeo, De Virgilio
  Vincenzo e Calarco Antonino, i primi due, per il reato di
  diffamazione a mezzo stampa, ed il terzo, nella sua qualità di
  direttore della  Gazzetta del Sud,  per avere omesso il
  controllo sulla pubblicazione dell'articolo, oggetto della
  contestazione,
 
                              Pag.3
 
  atto ad impedire il reato di cui all'articolo 595 del codice
  penale.
      All'udienza del 1^ febbraio 1996, veniva disposto lo
  stralcio della posizione di Calarco Antonino, nei confronti
  del quale veniva emessa sentenza di non luogo a procedere
  perché l'azione non poteva essere esercitata per difetto di
  querela, e venivano acquisiti, in via preliminare, documenti
  utili ai fini della decisione.  L'udienza veniva quindi
  rinviata al 29 aprile 1996 per consentire alle parti di
  produrre ulteriore documentazione.
      Alla indicata udienza veniva eccepita l'incompetenza
  territoriale e l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma,
  della Costituzione, quest'ultima con specifico riguardo
  all'onorevole Matacena Amedeo.
      L'una e l'altra eccezione venivano rigettate e disposta
  la trasmissione degli atti alla Camera ai sensi dei commi 4 e
  5 del decreto-legge n. 116 del 1996 con la seguente:
                          ORDINANZA
  sull'eccezione di incompetenza per territorio;
         ritenuto che dagli accertamenti di polizia giudiziaria
  è emerso che il redattore dell'Agenzia Italia, autore
  dell'articolo intitolato "Replica di Matacena al magistrato
  Vincenzo Macrì", pubblicato in data 15 febbraio 1995 sul
  quotidiano  Gazzetta del Sud  e in data 23 febbraio 1995
  sul periodico  Tribuna Calabria  con il titolo "Matacena
  replica a Macrì", è stato identificato in De Virgilio
  Vincenzo;
         che ciò premesso, essendo avvenuta la diffusione di
  notizie, propalate da Matacena Amedeo, attraverso la stampa,
  il reato si consuma ove avviene la pubblicazione del
  giornale;
         che poiché la pubblicazione dell'articolo sulla
  Gazzetta del Sud  è avvenuta in epoca anteriore rispetto
  alla pubblicazione sul periodico  Tribuna Calabria,  la
  competenza appartiene all'autorità giudiziaria di Messina;
        che a nulla rileva la circostanza che sia stata emessa
  sentenza di non luogo a procedere nei confronti del Direttore
  della  Gazzetta del Sud,  Calarco Antonino, in quanto il
  reato a lui ascritto è autonomo e la causa di improcedibilità
  non si estende agli altri due imputati, Matacena e De
  Virgilio;
        che con riguardo all'on.  Matacena, deve essere disposto
  lo stralcio della sua posizione, avendo il suo difensore
  eccepito l'applicabilità dell'articolo 68 della
  Costituzione;
        che nel merito l'eccezione è manifestamente infondata,
  in quanto l'articolo 2, commi 1 e 3 del decreto-legge 12 marzo
  1996, n. 16 circoscrive l'applicabilità dell'articolo 68,
  comma primo, dalle ipotesi espressamente previste nel primo
  comma dell'articolo 2 del citato decreto (che testualmente
  recita: "L'articolo 68, primo comma, della Costituzione si
  applica in ogni caso per la presentazione di disegni o
  proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e
  risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli
  interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere,
  per qualsiasi
 
                              Pag.4
 
  espressione di voto comunque formulata e per ogni altro atto
  parlamentare") e alle attività "divulgative connesse" agli
  atti parlamentari;
        che non può mai rientrare nell'esercizio delle funzioni
  parlamentari, sia pure intese in senso lato, la divulgazione
  di notizie, prive di alcun collegamento con l'intervento
  parlamentare, o aventi diverso oggetto;
        che, in particolare, dal resoconto parlamentare risulta
  che l'onorevole Matacena, ricollegandosi ad una sua presunta
  esperienza personale maturata a Reggio Calabria, ha affermato
  che attraverso l'applicazione dell'articolo 41-  bis
  veniva "estorta" ai detenuti la dichiarazione di pentimento ed
  ancora che a Reggio Calabria erano stati firmati verbali in
  bianco e che l'indagine condotta dal Ministero nella realtà
  del Tribunale di Reggio Calabria aveva dimostrato che
  "situazioni di questo genere ... erano utilizzate per far
  firmare a pentiti verbali che accusano magistrati di essere
  contro altri magistrati" e concludeva con un esplicito
  riferimento al dottor Macrì;
        considerato che di fronte alle rimostranze e richieste
  da parte del magistrato Macrì di produrre prove in merito alle
  accuse di reato mosse dall'onorevole Matacena, quest'ultimo
  replicava con un comunicato stampa, in cui affermava che dal
  rapporto dell'ispettore Vincenzo Nardi al Ministro di grazia e
  giustizia, era emerso che "le strategie organizzate dalla
  mafia" in danno di diversi magistrati, in particolare del
  dottor Viola, erano state realizzate con l'intervento di pezzi
  e settori deviati delle istituzioni dello Stato e che di tali
  strategie era stato ispiratore primario il dottor Vincenzo
  Macrì;
        che appare evidente come non vi sia alcun nesso logico
  e sequenziale o "divulgativo" di atti parlamentari tra il
  dibattito sull'articolo 41-  bis  o la vicenda di presunti
  verbali in bianco, contenenti accuse ai magistrati, con le
  notizie desumibili - secondo il comunicato dell'onorevole
  Matacena - dalla relazione dell'ispettore Nardi, dalla quale
  il predetto avrebbe dedotto che l'ispezione si era conclusa,
  accertando che il Macrì "sarebbe stato ispiratore di strategie
  mafiose";
        che pertanto l'eccezione va rigettata e copia degli
  atti trasmessa senza ritardo alla Camera;
                      PER QUESTI MOTIVI
        rigetta l'eccezione d'incompetenza territoriale;
        dispone lo stralcio della posizione di Matacena
  Amedeo;
        non accoglie l'eccezione concernente l'applicabilità
  dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione;
        dispone trasmettersi copia degli atti alla Camera dei
  deputati;
        sospende il procedimento fino alle deliberazioni della
  Camera;
        rinvia per il De Virgilio all'udienza del 17 ottobre
  1996.
      Ciò premesso in fatto, ritiene questo giudice di non
  poter accogliere l'eccezione della difesa del parlamentare per
  i motivi indicati nell'ordinanza.
 
                              Pag.5
 
      Va poi rilevato, senza voler far nessuna anticipazione in
  merito ai fatti, oggetto del procedimento, che l'articolo 68,
  primo comma, della Costituzione fa riferimento alle opinioni e
  ai voti espressi in Parlamento, escludendo quindi che possano,
  impunemente, porsi a fondamento di un serio dibattito fatti
  non rispondenti alla realtà.
      E' evidente che, se ciò fosse consentito, la funzione
  parlamentare sarebbe del tutto svilita, in quanto,
  introducendo nel dibattito parlamentare elementi fuorvianti,
  che impediscono il corretto confronto delle idee in una sede
  istituzionale di siffatta rilevanza, si produrrebbero effetti
  oltremisura devastanti, non soltanto perché verrebbe impedito
  il perseguimento di reati, nonostante l'abolita immunità
  parlamentare, ma per i riflessi negativi, che deriverebbero da
  decisioni fondate su erronei presupposti di fatto.
      Va inoltre evidenziato, sotto un profilo esclusivamente
  obiettivo del fatto, che dalla relazione dell'ispettore Nardi
  non si coglie assolutamente la "confusione" che ne ha tratto
  il parlamentare, essendo ben evidenziato che le "aggressioni"
  al dottor Viola troverebbero, ad avviso dell'ispettore, la
  loro origine in due strategie, una interna, da parte di
  magistrati, e l'altra, di provenienza mafiosa, assolutamente
  non collegate tra di loro.
      In un altro punto della relazione dell'ispettore Nardi,
  si esclude poi che il dottor Macrì sia l'ispiratore delle
  dichiarazioni del pentito Barreca, contenenti riferimenti al
  presidente Viola.
      Ora è evidente che la propalazione di notizie errate, o
  false, o volutamente distorte, non può mai rientrare in una
  legittima attività divulgativa; a maggior ragione se, come
  nella specie, le notizie non hanno alcuna pertinenza con
  l'intervento parlamentare.
      Se poi si volesse consentire, con l'alibi dell'articolo
  68 della Costituzione, ad un parlamentare di giustificare
  l'infondatezza di talune accuse con altre ancor più infondate
  e obiettivamente inquadrabili, astrattamente, nella
  fattispecie di cui all'articolo 595 del codice penale, è
  considerazione che certamente desta grande preoccupazione.
      Messina, 14 maggio 1996.
                                                    Il Giudice
                                                   Ada Vitanza
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
        PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
                  (Relatore:  RAFFALDINI)
                            sulle
  RICHIESTE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
  AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
            NELL'AMBITO DI DUE PROCEDIMENTI PENALI
                  nei confronti del deputato
                           MATACENA
  per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
  penale - nel reato di cui all'articolo 595, primo, secondo e
  terzo comma dello stesso codice, e 13 della legge 8 febbraio
  1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa,
                          aggravata)
      TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
                PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 30 maggio 1996
 
  per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e 13
              della legge 8 febbraio 1948, n. 47
            (diffamazione col mezzo della stampa)
      TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
            PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 22 ottobre 1996
        Presentate alla Presidenza il 28 novembre 1996
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - La Giunta per le autorizzazioni a
  procedere riferisce congiuntamente su due documenti che
  riguardano il medesimo deputato, per i motivi che si espongono
  di seguito.
     Con riferimento alla richiesta di cui al doc. IV-  ter,
  n. 26 l'onorevole Matacena risulta indagato presso
  l'autorità giudiziaria di Messina per concorso, ai sensi
  dell'articolo 595, primo, secondo e terzo comma dello stesso
  codice, e 13 della legge n. 47 del 1948 (diffamazione
  aggravata col mezzo di stampa), in relazione a due fatti:
       a)  per aver offeso la reputazione del giudice
  Vincenzo Macrì, qualificando quest'ultimo in una intervista
  comparsa in data 15 febbraio 1995 sul quotidiano  La
  Gazzetta del Sud:  come "  ispiratore primario  " di
  "  strategie organizzate dalla mafia in danno di diversi
  magistrati e in particolare del dottor Viola  "; come
  "  provocatore ed irrispettoso delle regole
  deontologiche  "; che aveva utilizzato "  nella faida tra
  magistrati  " verbali firmati in bianco dai pentiti;
       b)  per aver offeso il dottor Macrì con un articolo
  apparso in data 23 febbraio 1995 sulla  Tribuna della
  Calabria dal titolo: "  Macrì: un magistrato bandito  ",
  affermando che aveva partecipato a una banditesca
  operazione.
      Sull'eccezione ex articolo 68 della Costituzione, il
  provvedimento del GIP del tribunale di Messina, reso il 14
  maggio 1996, negando l'applicabilità nel caso in specie della
  tutela delle guarentigie, rimetteva gli atti alla Camera dei
  deputati, previa sospensione del procedimento penale
  incardinato dinnanzi a quel tribunale con il n. 483/95 R.G. NR
  e n. 1849/95 R.G. GIP.
     Nella seduta del 24 ottobre 1996 la Giunta per le
  autorizzazioni a procedere ha ritenuto che le espressioni
  usate dall'onorevole Matacena, nelle riferite occasioni
  temporali e di mezzo, non ricadessero nell'invocata garanzia
  parlamentare.
     Si ricorda, infatti, che al parlamentare è concessa
  un'ampia tutela di libertà di espressione, ma correlativamente
  lo stesso deputato deve evitare che la tutela si trasformi in
  arbitrario strumento per ledere diritti e posizioni di
  terzi.
     Al di là del merito il cui accertamento compete
  all'autorità giudiziaria ordinaria, l'onorevole Matacena, nel
  caso, ha ampiamente travalicato i limiti che sono imposti al
  parlamentare.
     Per questi motivi la Giunta per le autorizzazioni a
  procedere ha ritenuto di proporre all'Assemblea di dichiarare
  che i fatti per i quali è in corso il procedimento non
  concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
  nell'esercizio delle sue funzioni.
                           *  *  *
    Mentre era in corso di presentazione la relazione
  all'Assemblea sul citato documento, il GIP presso il tribunale
  di Reggio Calabria ha trasmesso alla Camera, in data 22
  ottobre 1996, una ulteriore richiesta di deliberazione in
  materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo
  comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento
  penale nei confronti dell'onorevole Amedeo Matacena per i
  reati di cui agli articoli 595 del codice penale e 13 della
  legge n. 47 del 1948 (diffamazione col mezzo di stampa).
     La Giunta ha avuto modo di rilevare che il fatto di cui
  alla presente richiesta è identico ad uno di quelli cui fa
  riferimento la richiesta del tribunale di Messina del 14
  maggio 1996 (doc.  IV-  ter,  n. 26) e cioè, in particolare,
  l'articolo del 23 febbraio 1995 pubblicato sulla  Tribuna
  della Calabria.
 
                              Pag.3
 
     Non spetta, com'è noto, alla Giunta (e più in generale
  alla Camera) di ingerirsi nelle questioni di competenza dei
  singoli organi giudiziari.  Rilevato, tuttavia, che in
  relazione alla richiesta del tribunale di Messina la Giunta
  per le autorizzazioni a procedere si era pronunciata in data
  24 ottobre 1996 dichiarando la sindacabilità delle espressioni
  usate dall'onorevole Matacena, si è ritenuto che siffatta
  deliberazione sia tale da inibire alla Giunta una ulteriore
  decisione e che dunque la decisione sul doc. IV-  ter,  n.
  43 debba ritenersi assorbita da quella sul doc. IV-  ter,
  n. 26.
     E' infatti opinione consolidata, anche in base ai
  precedenti della scorsa legislatura, che la deliberazione
  della Camera ha per oggetto una valutazione del fatto che
  viene contestato al parlamentare, indipendentemente dalle
  conseguenze di ordine procedurale ovvero di qualificazione
  giuridica che ad esso ricollega l'autorità giudiziaria.  E'
  pertanto opportuno evitare il rischio di una violazione del
  principio del  ne bis in idem,  violazione che si
  verificherebbe ove la Giunta (e successivamente l'Assemblea)
  votassero distintamente sui due documenti.
     Conclusivamente, la Giunta per le autorizzazioni a
  procedere propone pertanto di dichiarare che i fatti per i
  quali è in corso il procedimento di cui al doc. IV-  ter,
  n. 26 nonché il procedimento di cui al doc. IV-  ter,
  n. 43, non concernono opinioni espresse da un membro del
  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
                                Franco RAFFALDINI,  Relatore.
 
                    RELAZIONE DELLA GIUNTA
        PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
                    (Relatore:  COLA) 
                            sulle
  RICHIESTE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
  AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
            NELL'AMBITO DI DUE PROCEDIMENTI PENALI
                  nei confronti del deputato
                           MATACENA
  per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
  penale - nel reato di cui all'articolo 595, primo, secondo e
  terzo comma dello stesso codice, e 13 della legge 8 febbraio
  1948, n. 47 (diffamazione col mezzo della stampa,
                          aggravata)
      TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
                PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 30 maggio 1996
 
  per il reato di cui agli articoli 595 del codice penale e 13
  della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col mezzo
  della stampa); per il reato di cui all'articolo 648 del codice
                    penale (ricettazione)
      TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
            PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
           E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
                      il 22 ottobre 1996
         Presentata alla Presidenza il 4 ottobre 1999
 
                              Pag.2
 
     Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce
  congiuntamente su due richieste di deliberazione in materia di
  insindacabilità che traggono origine da due distinti
  procedimenti penali nei confronti dell'onorevole Matacena,
  riferiti, tuttavia, almeno in parte, ad un identico fatto.
     Per una più agevole intelligenza della questione, vale la
  pena di riepilogare brevemente le vicende all'origine dei
  procedimenti.
     Con denuncia del 27 febbraio 1995, il dottor Vincenzo
  Macrì, allora sostituto procuratore presso la direzione
  nazionale antimafia, sporgeva querela nei confronti
  dell'onorevole Matacena dolendosi di un "comunicato"
  pubblicato sul quotidiano  Tribuna Calabria  del 23
  febbraio 1995 dal titolo  "Il deputato azzurro attacca il
  magistrato - Matacena replica a Macrì".  Nella medesima
  denuncia era altresì pubblicato il testo di tale comunicato,
  che risulta del seguente tenore:  "In risposta a quanto
  affermato dal giudice Macrì sul quotidiano Gazzetta del Sud di
  lunedì 13 febbraio u.s., l'on.  Amedeo Matacena ha evidenziato
  di aver consegnato copia dei documenti depositati
  dall'ispettore Vincenzo Nardi al Ministero di grazia e
  giustizia ai giornalisti intervenuti alla conferenza stampa.
  Da tali documenti, a parere del deputato azzurro, traspare che
  le strategie organizzate dalla mafia in danno di diversi
  magistrati ed in particolare del dottor Viola sono state
  realizzate con l'intervento di pezzi e settori deviati delle
  istituzioni dello Stato; l'on.  Matacena afferma inoltre che da
  tale relazione, a suo avviso, si comprende chiaramente che di
  tali strategie è stato ispiratore primario il dottor Macrì.  La
  guerra fra bande, così come più volte definita sulla stampa,
  mi autorizza ad evidenziare che avendo il dottor Macrì
  partecipato a tale "banditesca operazione", lo stesso possa
  essere definito con un'appropriata terminologia e come tale è
  da considerarsi provocatore, arrogante ed irrispettoso delle
  regole deontologiche, come evidenziato nel rapporto del dottor
  Vincenzo Nardi, ispettore del Ministero della Giustizia e
  dallo stesso inviato dal Ministro, nel quale si chiedono
  sanzioni disciplinari per il dottor Macrì, anche per
  violazioni del codice di procedura penale.  Atti, questi,
  trasmessi al Csm e per i quali non è stata rinnovata
  l'applicazione del sostituto dottor Macrì alla Dda di Reggio
  Calabria.  Ampio servizio sul prossimo numero".  L'articolo
  veniva annunciato sulla prima pagina del suddetto giornale con
  il seguente richiamo:  "Dura la replica dell'esponente
  azzurro - Matacena: Macrì: un magistrato bandito". 
     Infine, il denunciante si doleva della a suo dire
  illegittima detenzione nonché della (sempre asserita)
  illegittima diffusione, da parte dell'onorevole Matacena,
  della relazione compilata dall'Ispettorato del Ministero di
  grazia e giustizia sulla situazione giudiziaria a Reggio
  Calabria ed in particolare sull'attività del dottor Macrì,
  diffusione a suo avviso integrante gli estremi del reato di
  ricettazione.
     Nella medesima denuncia si rilevava che una sintesi del
  comunicato era stata pubblicata inoltre sul quotidiano  La
  Gazzetta del Sud  del 15 febbraio 1995, con l'annotazione
  che, in calce all'articolo, intitolato  Replica Matacena al
  magistrato Vincenzo Macrì,  appariva la sigla "  Agenzia
  Italia  ".
     Agli atti di uno dei processi sono stati successivamente
  acquisiti anche i dispacci d'agenzia, di contenuto
  sostanzialmente identico a quello degli articoli.
                           *  *  *
     A seguito di tale denuncia, la Procura di Reggio Calabria
  iniziava un procedimento penale (239/95 R.G.N.R.) dal quale,
 
                              Pag.3
 
  tuttavia, con atto del 17 marzo 1995, si disponeva lo stralcio
  di quello pertinente alla pubblicazione su  La Gazzetta del
  Sud.  Il procedimento a Reggio Calabria proseguiva,
  pertanto, nei confronti dell'onorevole Matacena e del
  direttore responsabile del quotidiano  Tribuna Calabria, 
  per le sole dichiarazioni riportate su tale quotidiano, cui
  espressamente faceva riferimento, negli atti inviati alla
  Camera dall'autorità giudiziaria, il capo di imputazione.
     A seguito dello stralcio, veniva quindi iniziato un nuovo
  procedimento presso il Tribunale di Messina (n. 483/95
  R.G.N.R.).
     Nell'ambito di tale ultimo procedimento, su conforme
  richiesta del pubblico ministero, veniva disposto il rinvio a
  giudizio dell'onorevole Matacena, nonché del giornalista
  autore dell'articolo.  Nel corso dell'udienza preliminare, il
  P.M., su invito del GIP, integrava il capo di imputazione con
  riferimento anche all'articolo apparso sul periodico
  Tribuna Calabria.  Infine il GIP, ai sensi delle
  disposizioni di legge allora vigenti, con ordinanza del 29
  aprile 1996, disponeva la trasmissione degli atti alla Camera
  dei deputati.  Il testo di tale ordinanza è contenuto nel doc.
  IV-  ter  n. 26.
     Nel frattempo (23 marzo 1996), il competente Procuratore
  della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, con
  riferimento al procedimento pendente presso tale Tribunale,
  chiedeva, nei confronti dell'onorevole Matacena,
  l'archiviazione per quanto riguardava l'ipotesi di reato di
  ricettazione e il rinvio a giudizio per quanto riguardava
  l'ipotesi di reato di diffamazione.
     La richiesta veniva ribadita in termini identici dal P.M.
  in data 27 febbraio 1996, essendosi proceduto, nel frattempo,
  ad una nuova iscrizione nel registro notizie di reato (n.
  301/96 R.G.N.R.).
     A seguito di opposizione della parte offesa, veniva
  fissata udienza preliminare in data 10 maggio 1996,
  nell'ambito della quale il giudice competente rigettava
  un'eccezione di competenza territoriale e pronunciava in
  ordine all'eccezione di applicabilità dell'articolo 68,
  disponendo, ai sensi della disciplina allora vigente, la
  trasmissione degli atti alla Camera.  Tale ordinanza veniva
  rinnovata con ordinanza del 22 ottobre 1996 in quanto nella
  precedente, per un mero errore materiale, si era fatto
  riferimento a fatti relativi ad altro procedimento penale.  Il
  contenuto di tale ultima ordinanza è riprodotto nel doc.
  IV-  ter  n. 43.
     Più di recente (30 marzo 1998), come si vedrà, l'onorevole
  Matacena ha trasmesso copia del decreto che dispone il
  giudizio nel quale risulta che, sempre nel procedimento
  pendente presso il Tribunale di Reggio Calabria, è stato
  parzialmente modificato il capo di imputazione relativo alla
  diffamazione, che non fa più espressamente riferimento al solo
  articolo pubblicato su  Tribuna Calabria,  ma,
  genericamente, al fatto di aver distribuito  "- al fine di
  far pubblicare sulla stampa - un appunto il cui titolo era del
  seguente tenore: "Macrì: un magistrato bandito".  Dal citato
  decreto risulta, inoltre, che l'onorevole Matacena è stato
  rinviato a giudizio anche per il reato di ricettazione  "per
  aver ricevuto da persone non identificate copia della
  relazione ministeriale dell'ispettore Nardi, proveniente dal
  delitto di cui all'articolo 326 dei c.p., dallo stesso poi
  diffusa mediante consegna alla stampa". 
                           *  *  *
     La Giunta ha esaminato una prima volta (almeno in parte)
  le vicende esposte sopra nella seduta del 24 ottobre 1996, in
  occasione dell'esame del doc. IV-  ter  n. 26,
  pronunciandosi, con riferimento a tale documento, nel senso
  della sindacabilità.  Successivamente, esaminando il doc.
  IV-  ter  n. 43, pervenuto successivamente, ha rilevato che
  il fatto alla base dell'ipotesi di reato di diffamazione
  formulata nell'ambito del procedimento pendente presso il
  Tribunale di Reggio Calabria, doveva ritenersi parzialmente
  identico a quello sussunto sotto l'ipotesi di reato di
  diffamazione formulata nell'ambito del processo presso il
  Tribunale di Messina e ha pertanto ritenuto, in termini
  parlamentari, la decisione relativa a tale ultimo documento,
  assorbita da quella relativa al precedente.  Nel corso della
  discussione congiunta in Assemblea dei due documenti, nella
 
                              Pag.4
 
  seduta del 1^ luglio 1998, l'allora relatore, onorevole
  Raffaldini, ha dato conto del decreto di rinvio a giudizio di
  cui si è detto sopra, nel quale veniva formulata espressamente
  anche l'ipotesi di reato di ricettazione e ha proposto,
  pertanto, un rinvio degli atti alla Giunta per una nuova
  complessiva valutazione.
                           *  *  *
     Il senso del rinvio è anche quello, evidentemente, di una
  rivalutazione d'insieme della questione, sia alla luce del
  decreto di rinvio a giudizio, sia, più in generale, alla luce
  dell'esperienza accumulata dalla Giunta in questa materia.
     Al di là delle vicende processuali, che si è tentato di
  delineare sopra, è dunque opportuno ricostruire compiutamente
  il contesto complessivo nell'ambito del quale devono situarsi
  le vicende esaminate nei due procedimenti penali.  Va detto, in
  premessa, che tra l'onorevole Matacena e il dottor Macrì, vi è
  da lungo tempo una accesa polemica verbale, con reciproci
  scambi di accuse, talora anche di contenuto molto grave.
     Per quanto riguarda più direttamente i fatti oggetto della
  presente vicenda, la successione dei medesimi può ricostruirsi
  in questi termini: in data 9 febbraio 1995, l'onorevole
  Matacena svolse in Assemblea un intervento contro la proroga
  fino al 31 dicembre 1999 delle disposizioni di cui
  all'articolo 41-  bis  della legge n. 354 del 1975
  sull'ordinamento penitenziario.  Nell'ambito di tale
  intervento, l'onorevole Matacena fece riferimento a
  "strumentalizzazioni politiche realizzate attraverso l'uso
  dei verbali firmati in bianco dai pentiti (...).  Situazioni di
  questo genere -  proseguiva l'onorevole Matacena-  creano
  problemi perché sono state utilizzate - lo dimostrano talune
  indagini condotte dal ministero nelle realtà dei tribunali di
  Reggio Calabria - per far firmare a pentiti verbali che
  accusano magistrati di essere contro altri magistrati!  E' uno
  scontro tra fazioni del potere per il potere.  A Reggio
  Calabria si è interessato molto fattivamente di questa
  situazione il sostituto procuratore antimafia Macrì, che
  finalmente ha concluso la sua indagine il 29 gennaio scorso.
  Non è possibile dare in mano meccanismi del genere a questo
  tipo di magistratura: è realmente un delitto". 
     A tale articolo rispose il dottor Macrì nell'ambito di
  un'intervista pubblicata su  La Gazzetta del Sud  del 13
  febbraio 1995, con le seguenti parole:  "Matacena prende
  spunto dalla sua dichiarazione di voto per attribuire ai
  magistrati reggini, ed a me fra questi, comportamenti assai
  scorretti che, se fossero veri, costituirebbero gravi reati.
  Ma il punto dolente è proprio questo: di vero in quello che
  dice Matacena non c'è nulla, ma proprio nulla, ed egli si
  limita, ancora una volta, a spargere calunnie facendosi forte
  dell'immunità parlamentare.  Egli afferma (...) di aver
  documenti e prove, bene, ma allora perché non le presenta ad
  un Procuratore della Repubblica, uno a sua scelta, per
  chiedere la punizione dei colpevoli?  (...).  Vi è un altro
  aspetto ancora più allarmanti: le calunnie pronunciate in
  Parlamento contro i giudici reggini e contro di me in
  particolare (...) si risolvono, per le orecchie attente dei
  buon mafiosi, in vere e proprie indicazioni di obiettivi da
  colpire (...)."
     A seguito di tale intervista (dai contenuti - sembrerebbe
  - non meno offensivi di quelli del comunicato stampa
  dell'onorevole Matacena, in quanto contengono pesanti
  allusioni a comportamenti astrattamente assai gravi),
  scaturivano le dichiarazioni dell'onorevole Matacena che hanno
  dato luogo ai due procedimenti sopra citati.
     Già dal succedersi degli eventi, così come brevemente
  descritti, può chiaramente intendersi che le affermazioni
  dell'onorevole Matacena, per le quali pendono i due
  procedimenti sopra citati, hanno un chiaro "aggancio" ad
  affermazioni rese nelle aule parlamentari e costituiscono una
  divulgazione all'esterno di opinioni rese nell'esercizio delle
  funzioni e dunque, per uniforme e consolidata opinione della
  stessa Corte costituzionale, tali esse stesse.
     Qualcuno, come è stato rilevato da taluni colleghi della
  Giunta appartenenti alla maggioranza di governo, potrebbe,
  tuttavia, non cogliere appieno il nesso tra le dichiarazioni
  rese in Assemblea e le affermazioni contenute nei due giornali
  e nell'agenzia di stampa.
 
                              Pag.5
 
     Vi sono, tuttavia, ulteriori elementi che rafforzano in
  modo "decisivo" questa tesi.
     Oltre a intervenire alla Camera sulla votazione
  dell'articolo 41-  bis,  l'onorevole Matacena ha infatti
  presentato, insieme ad altri colleghi, in data 11 ottobre
  1994, una specifica interrogazione parlamentare (n. 4-04104)
  nella quale si faceva espresso riferimento alla vicenda dei
  verbali in bianco, con l'indicazione di precise e dettagliate
  circostanze che gli interroganti sottoponevano all'attenzione
  del ministro di grazia e giustizia.  In particolare,
  l'interrogazione si riferiva alla  "condizione di acuta
  sofferenza istituzionale"  in cui versavano gli uffici
  giudiziari di Reggio Calabria, giungendosi ad affermare che
  "  (...) sulla scorta di quanto esposto è da ritenere che la
  Magistratura reggina agisca, in un clima di guerra per bande,
  per fini politici e non di giustizia; che il "killeraggio" fra
  i giudici del Tribunale di Reggio è evidenziato dal verbale
  del Consiglio superiore della magistratura che denuncia,
  chiaramente, la spregiudicata volontà di questi magistrati,
  particolarmente del sostituto Macrì, di annientare tutti gli
  avversari sia magistrati che politici (...)".  Sempre nella
  stessa interrogazione parlamentare, si fa ancora più diretto
  riferimento al dottor Macrì, citandosi una risoluzione
  predisposta dal gruppo di lavoro per gli interventi del
  Consiglio superiore della magistratura, secondo la quale
  "(...) dalle audizioni effettuate l'8 novembre 1993, 6
  dicembre 1993, il 21 dicembre 1993 e il 10 gennaio 1994 con
  dirigenti e magistrati emergono 2 (...) vicende dalle quali si
  evidenziano possibili profili di incompatibilità ambientale o
  l'infondatezza e persino la concertazione di accuse infondate,
  volte a diffamare i colleghi, per finalità di vendetta
  personale o di potere correntizio (...)"  e in cui si
  afferma che alcuni magistrati  "hanno reagito vivacemente
  alle accuse denunciando una volontà persecutoria e calunniosa
  espressa nei loro confronti in particolare dal dottor Vincenzo
  Macrì, attualmente sostituto procuratore antimafia applicato
  alla DDA di Reggio Calabria (...)".  E' appena il caso di
  sottolineare, infine, che il competente ministro nella sua
  risposta scritta a tale interrogazione (pubblicata nei
  resoconti della seduta dell'8 maggio 1995) ha confermato
  ampiamente le preoccupazioni e i sospetti dell'onorevole
  Matacena, ammettendo, in particolare, che erano stati
  addebitati al predetto magistrato i seguenti comportamenti:
  "1 - esser stato costantemente "presente", o comunque
  essere risultato sempre "coinvolto", in una serie di attacchi
  di stampa o di iniziative diffamatorie messe in atto in danno
  del dottor Giuseppe Viola, già Presidente della Corte di
  Appello di Reggio Calabria (...); 2 - aver fatto un uso
  scorretto della funzione giudiziaria (...)". 
     Infine, in data 8 marzo 1995 (dunque in data successiva
  rispetto alle dichiarazioni che hanno dato origine ai due
  articoli e all'agenzia di stampa, ma non tanto da non poter
  ravvisare un chiaro rapporto teleologico tra le dichiarazioni
  e l'interrogazione) l'onorevole Matacena ha presentato
  un'interrogazione al Ministro di grazia e giustizia (n.
  3-00475, pubblicata in allegato ai resoconti della seduta n.
  151) del seguente tenore:  "Per sapere - premesso che il 29
  gennaio scorso è scaduta (e non è stata rinnovata)
  l'applicazione del dottor Vincenzo Macrì, sostituto
  procuratore nazionale antimafia, alla Direzione distrettuale
  antimafia di Reggio Calabria; prima di tale scadenza, anche a
  seguito del rapporto del dottor Vincenzo Nardi, Ispettore
  generale capo del Ministero di grazia e giustizia, che
  definiva, tra l'altro "l'inopportuna" tale applicazione, il
  CSM ha ritenuto opportuno ascoltare in merito le valutazioni
  del Procuratore nazionale antimafia, dottor Siclari, che a
  quanto risulta all'interrogante avrebbe condiviso l'analisi
  dell'Ispettore Nardi (...); nel rapporto del dottor Nardi, al
  punto 7 delle conclusioni finali, si evidenzia "un problema di
  vistosa opportunità, determinato proprio dall'evidenza del
  contrasto tra l'interesse personale del quale il Macrì è
  portatore e le sue esigenze di imparzialità e di rigore
  proprie delle sue competenze istituzionali" -: se non
  ritengano assolutamente inopportuno ed impraticabile il
  rinnovo dell'applicazione alla DDA di Reggio Calabria del
  dottor Macrì che in base a quanto riportato al punto 7 della
  conclusione della relazione del dottor Nardi non può più
 
                              Pag.6
 
  essere imparziale e sereno o, comunque, quello che più conta,
  non può apparire tale nella gestione di indagini che
  coinvolgano ed utilizzino la disponibilità dei pentiti".
     Dal complesso di tali interrogazioni risulta dunque del
  tutto evidente che le affermazioni rivolte nei confronti del
  dottor Macrì non erano frutto di un'estemporanea volontà
  diffamatoria ma piuttosto di una meditata e accurata attività
  ispettiva effettuata dal parlamentare sulla situazione della
  magistratura della propria città.
     E a documentare - se pure ve ne fosse bisogno - che tale
  attività ispettiva non era frutto di chissà quali reconditi
  intenti contribuisce in modo cristallino la risposta alla
  interrogazione da ultimo citata resa dall'allora
  sottosegretario Marra nella seduta del 17 novembre 1995.  Il
  sottosegretario afferma espressamente che  "durante
  l'applicazione  (del dottor Macrì, ndr)  ebbero a
  verificarsi contrasti tra i magistrati del distretto nella
  conduzione delle indagini per delicati procedimenti inerenti
  la criminalità organizzata.  A seguito di ciò il ministro
  dell'epoca dispose, l'8 ottobre 1993, un'indagine ispettiva.
  Il 26 ottobre 1994, sulla base della relazione ispettiva, il
  ministro richiese al CSM il trasferimento del dottor Macrì ad
  altro ufficio (...).  Il Procuratore nazionale antimafia, che
  nel contesto di tale procedura fu ascoltato dall'apposita
  commissione del CSM affermò di aver maturato (...) la
  convinzione che effettivamente fosse inopportuno consentire la
  proroga dell'applicazione (...).  Il 28 giugno 1995 il CSM ha
  deliberato (...) l'archiviazione della succitata richiesta del
  trasferimento d'ufficio non essendovi provvedimenti del
  Consiglio da adottare, appunto per intervenuta cessazione
  dell'applicazione". 
     Dalla risposta del sottosegretario, pertanto, risulta
  chiaramente che i dubbi dell'onorevole Matacena erano più che
  fondati, ovvero, quantomeno, come minimo, che le sue
  iniziative ispettive avevano pieno fondamento.
     Il complesso degli argomenti sopra evidenziati ha indotto
  pertanto la Giunta, dopo un approfondito dibattito, a
  modificare il suo precedente avviso, deliberando con
  riferimento agli identici fatti che nei due procedimento hanno
  dato luogo all'ipotesi di reato di diffamazione, nel senso
  dell'insindacabilità.  L'onorevole Matacena non ha fatto altro
  che divulgare i contenuti di sue precedenti iniziative
  parlamentari ed, in particolare, di alcuni suoi atti ispettivi
  e le sue dichiarazioni si inseriscono nell'ambito di una
  attività ispettiva che ha dato luogo, anche successivamente,
  alla presentazione di una interrogazione.
                           *  *  *
     Occorre soffermarsi brevemente, infine, sulla questione
  del reato di ricettazione.  Come si è visto l'onorevole
  Matacena è imputato di aver detenuto e, come risulta dal capo
  di imputazione come da ultimo modificato nel decreto di rinvio
  a giudizio, di aver distribuito copia della "relazione Nardi"
  (la relazione dell'ispettore ministeriale al Ministro di
  Grazia e Giustizia) sul caso Macrì.  Da alcune parti è stato
  detto, in Giunta, che siffatto comportamento costituisce  in
  re ipsa  un fatto illecito che non può rientrare nell'ambito
  di applicazione dell'articolo 68, primo comma della
  Costituzione.  Anche l'ordinanza del GIP di Reggio Calabria -
  che comunque non è vincolante né per la Giunta né per
  l'Assemblea -, che aveva sottoposto la questione alla Camera,
  non conteneva alcun riferimento a tale ipotesi di reato.
     Non si può non rilevare, tuttavia, che il contenuto della
  relazione costituisce l'elemento essenziale ai fini della
  denuncia politica svolta dall'onorevole Matacena.  Occorre
  considerare peraltro che all'onorevole Matacena non si
  contesta di aver concorso nel fatto illecito della
  divulgazione di un segreto di ufficio, ma soltanto il fatto di
  aver utilizzato tale documento ai fini della propria legittima
  battaglia politica e della propria legittima attività
  ispettiva sulla situazione di un importante ufficio
  giudiziario del suo collegio elettorale.
     L'onorevole Matacena, con comprensibile riservatezza, ha
  affermato che la relazione gli è stata recapitata da mano
  anonima.  Ebbene, quale dei nostri colleghi, a fronte di un
 
                              Pag.7
 
  documento autentico che contenesse gravissime affermazioni
  tali da rendere quasi indispensabile una denuncia politica,
  potrebbe omettere di farla?
     E' appena il caso di ricordare, peraltro, che proprio di
  recente la Giunta ha ritenuto coperto dalla prerogativa di cui
  all'articolo 68 della Costituzione il caso di un concorso
  nella divulgazione di segreto d'ufficio, nel quale il deputato
  interessato aveva addirittura istigato un terzo pubblico
  ufficiale a rivelare alcuni segreti d'ufficio da utilizzarsi
  in una (anch'essa legittima) battaglia politica (si trattava,
  in particolare, dei precedenti penali di alcuni candidati di
  una lista di partito, avversa a quella del parlamentare
  interessato, alle elezioni per il comune di Napoli).
     Proprio a testimonianza della estrema delicatezza della
  questione ai fini del libero esercizio delle funzioni
  parlamentari va rilevato, peraltro, che nel caso che ci
  occupa, la maggioranza della Giunta non si è formata secondo
  schieramenti politici, avendo anche alcuni colleghi della
  maggioranza che sostiene il Governo, tradizionalmente su
  posizioni più restrittive, convenuto circa l'interpretazione
  che qui si fornisce.
     Infine, sia consentito - per mera completezza - di
  sollevare più di qualche dubbio sulla qualificazione giuridica
  del fatto alla base dell'ipotesi di reato di ricettazione.
  Infatti, delle due l'una: o si presta fede alla ricostruzione
  del fatto fornita dall'onorevole Matacena (la mano anonima), e
  allora non sussiste  in re ipsa  l'ipotesi di reato,
  ovvero si deve ritenere che l'onorevole Matacena abbia, in
  qualche modo, "ispirato" la divulgazione del segreto d'ufficio
  e dunque di tale reato dovrebbe rispondere a titolo di
  concorso: in quest'ultimo caso, tuttavia, occorrerebbe
  accertare (o quanto meno ipotizzare) una ben definita
  responsabilità della persona che materialmente ha sottratto la
  relazione, cosa che il magistrato inquirente si è ben guardato
  dal fare.  In entrambi i casi, pertanto, l'ipotesi di reato di
  ricettazione a carico dell'onorevole Matacena appare
  estremamente debole e inconsistente.
     Ciò nulla toglie, evidentemente, al discorso svolto più
  sopra circa l'inerenza all'attività parlamentare del
  comportamento del collega, quale che debba essere la
  qualificazione giuridica del medesimo.
                           *  *  *
     E' opportuno soffermarsi brevemente sulle modalità di
  votazione.  Come si è visto, i fatti all'origine dei due
  procedimenti, per quel che riguarda il reato di diffamazione,
  sono identici.
     Com'è noto, è prassi consolidata che la Camera non si
  ingerisca nelle questioni della competenza ovvero della
  qualificazione giuridica dei fatti, che sono proprie
  dell'autorità giudiziaria.  La deliberazione della Camera ha
  per oggetto una valutazione del fatto che viene contestato al
  parlamentare, indipendentemente dalle conseguenze di ordine
  procedurale o di qualificazione giuridica che ad esso
  ricollega la suddetta autorità giudiziaria.  E' tuttavia
  indispensabile evitare la possibilità, anche solo astratta, di
  un  bis in idem,  che si verificherebbe qualora si votasse
  due volte su fatti identici.
     La Giunta ha pertanto proceduto a due distinte
  votazioni.
     Nella prima, con riferimento al doc. IV-  ter  n. 26,
  essa ha pertanto deliberato di riferire all'Assemblea nel
  senso che i fatti per i quali è in corso il procedimento
  concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
  nell'esercizio delle sue funzioni precisando che in tale
  decisione deve ritenersi assorbita quella relativa al doc.
  IV-  ter  n. 43, limitatamente al primo capo di imputazione
  (diffamazione col mezzo della stampa), in quanto vertente su
  identici fatti.
     Nella seconda, con riferimento al secondo capo di
  imputazione (ricettazione) del procedimento di cui doc.
  IV-  ter  n. 43, ha altresì deliberato di riferire
  all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il
  procedimento concernono opinioni espresse da un membro del
  Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
                                      Sergio COLA,  Relatore.
 
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