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Domande di autorizzazioni a procedere della XIII Legislatura

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9
DOC4-0008
DOC IV n. 8 Legisl. XIII
03-09-97 [ DOC13-4-8 DO C134 0008 13DOC4 00008 003400002 DOC4 00008 000004 000800000101003443SI1 34 0000 00 00 ]
  DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A RICHIEDERE, EMETTERE E - SE
  CONCESSA - AD ESEGUIRE ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE IN
                           CARCERE
                  nei confronti del deputato
                           PREVITI
  per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
  penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 321, in relazione
  all'articolo 319 dello stesso codice (corruzione per un atto
  contrario ai doveri d'ufficio, continuata); per concorso - ai
  sensi dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui
  agli articoli 81, 112 n. 1 e 321, in relazione agli articoli
  319 e 319-  ter,  dello stesso codice (corruzione per un
  atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari,
                   continuata ed aggravata)
 
         TRASMESSA DAL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
                           (FLICK)
                     il 3 settembre 1997
 
  All'onorevole Presidente
  della Camera dei Deputati
                                       Roma, 3 settembre 1997.
  Oggetto: Richiesta di autorizzazione a norma dell'articolo 68
  della Costituzione nei confronti dell'onorevole Cesare Previti
  formulata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
  di Milano (proc. 9520/95 R.G.N.R.).
     Per il tramite del Procuratore Generale presso la Corte di
  Appello, il Procuratore della Repubblica legittimato alle
  indagini mi ha inviato in duplice originale l'allegata
  richiesta di "autorizzazione a richiedere, emettere ed
  eseguire la misura della custodia cautelare in carcere" nei
  confronti del Parlamentare sopra indicato.
     Per quanto di competenza, trasmetto pertanto in duplice
  originale la predetta richiesta con gli allegati costituiti da
  n. 6 faldoni sigillati dall'ufficio richiedente.
                                                   Il Ministro
                                                         Flick
 
                              Pag.2
 
  Al signor Ministro
  di grazia e giustizia
                                     Milano, 3 settembre 1997.
     Invio per la successiva trasmissione al Signor Presidente
  della Camera dei Deputati, in duplice originale accompagnati
  da una serie di allegati, la richiesta di autorizzazione a
  richiedere, emettere ed eseguire la misura cautelare della
  custodia in carcere nei confronti di un Membro del Parlamento
  della Repubblica.
     Con alta stima e considerazione.
                               Il procuratore della Repubblica
                                                   Umberto Loi
                   PROCURA DELLA REPUBBLICA
           PRESSO IL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
                                     Milano, 3 settembre 1997.
  Oggetto: Richiesta di autorizzazione a richiedere, emettere e
  - se concessa - ad eseguire ordinanza di custodia cautelare in
  carcere nei confronti di: Cesare PREVITI, nato a Reggio
  Calabria il 21.10.1934, Deputato al Parlamento.
                                          Al Signor Presidente
                                     della Camera dei Deputati
                                                          ROMA
                    Il Pubblico Ministero
  nell'ambito del procedimento indicato in epigrafe a carico
  anche di: Cesare PREVITI, nato a Reggio Calabria il
  21.10.1934,
  in ordine:
      A)  al reato di cui agli artt. 81, 110, 321, in
  relazione all'articolo 319 c.p., perché agendo in concorso con
  altri, intermediando la promessa ed il versamento di denaro a
  Renato Squillante - e per il tramite di questi - ad altri
 
                              Pag.3
 
  pubblici ufficiali, unitamente ad Attilio Pacifico o comunque
  in concorso con lui, consegnava ingenti somme di denaro in
  contanti per conto di società aventi sede in Milano, perché
  Renato Squillante, nella sua qualità di pubblico ufficiale in
  quanto Consigliere Istruttore aggiunto presso il Tribunale di
  Roma, compisse una indeterminata serie di atti contrari ai
  doveri d'ufficio in quanto stabilmente retribuito perché
  ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio degli interessi
  degli erogatori violando i doveri di imparzialità, probità e
  indipendenza tipici della funzione giudiziaria, in tutti i
  procedimenti e in ogni altra attività di cui fosse richiesto,
  e violando altresì il segreto d'ufficio fornendo le
  informazioni a lui richieste, ed impegnandosi altresì ad
  intervenire su altri appartenenti agli uffici giudiziari al
  fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri del loro
  ufficio in modo da favorire le società predette o comunque gli
  erogatori in violazione dei già citati doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza.
  In Milano e altrove sino al 1989.
      B)  del reato previsto e punito dagli artt. 81-110,
  112 n. 1, 321 in relazione agli artt. 319 e 319-  ter  c.p.
  perché, agendo in concorso con ACAMPORA Giovanni, PACIFICO
  Attilio, SQUILLANTE Renato (nella sua qualità indicata al capo
  precedente), VERDE Filippo - nella sua qualità prima di
  magistrato con funzioni giudicanti presso le sezioni civili
  del Tribunale di Roma, poi di Capo di Gabinetto del Ministro
  di Grazia e Giustizia -, ROVELLI Nino e con i suoi eredi
  BATTISTELLA Primarosa e ROVELLI Felice nonché in concorso con
  altri magistrati appartenenti al distretto di Corte d'Appello
  di Roma e pubblici ufficiali od incaricati di pubblico
  servizio appartenenti all'amministrazione giudiziaria,
  intermediando - in accordo con ACAMPORA, PACIFICO e SQUILLANTE
  - tra ROVELLI Nino ed i suoi eredi da un lato ed i pubblici
  ufficiali dall'altro, perché costoro violassero i loro doveri
  di imparzialità, segretezza, indipendenza e probità
  nell'espletamento delle loro funzioni pubbliche, allo scopo di
  favorire ROVELLI Nino ed i suoi eredi nei vari gradi di
  giudizio del procedimento civile fra costoro e l'I.M.I. -
  procedimento trattato nel merito prima dal Tribunale poi dalla
  Corte d'Appello di Roma (cause riunite 3176/89 e 3250/89) e
  passato in giudicato a seguito della dichiarazione
  d'improcedibilità del ricorso dell'IMI da parte della Corte di
  Cassazione - riceveva dagli eredi di ROVELLI le somme di
  seguito indicate, direttamente ed attraverso ACAMPORA e
  PACIFICO, destinate in parte a retribuire la mediazione, in
  parte ai citati pubblici ufficiali che le ricevevano.
      In particolare, tra gli altri:
        VERDE nella sua qualità di Presidente di sezione del
  Tribunale Civile di Roma, nel giudizio di primo grado della
  controversia IMI/Rovelli, in data 31.10.1986, decideva ed
  induceva a decidere la causa favorevolmente ai ROVELLI;
 
                              Pag.4
 
        VERDE nella sua qualità di Capo di Gabinetto del
  Ministro di Grazia e Giustizia, al fine di impedire al dr.
  MINNITI - Presidente di sezione del Tribunale civile di Roma,
  componente del collegio giudicante che avrebbe dovuto
  occuparsi del giudizio civile di determinazione del quantum di
  risarcimento del danno, che, avendo studiato l'incarto
  processuale, aveva reso nota la sua determinazione di disporre
  una nuova perizia per la quantificazione dell'entità del danno
  - di partecipare al predetto giudizio ed in particolare
  all'udienza del 4.4.89 organizzava per lo stesso giorno
  pretestuosamente una inutile riunione presso il Ministero di
  Grazia e Giustizia, avente ad oggetto questioni di edilizia
  giudiziaria, convocando il dr. MINNITI alla predetta riunione
  ed imponendogli di parteciparvi inderogabilmente;
        Pubblici ufficiali o comunque incaricati di pubblico
  servizio, appartenenti agli uffici della Corte di Cassazione,
  violavano il segreto d'ufficio rendendo noto a terzi - diversi
  dai componenti del Collegio che in Cassazione avrebbe dovuto
  occuparsi della questione della improcedibilità - che il
  Presidente del Collegio dr. CORDA aveva predisposto un appunto
  indirizzandolo ai colleghi del Collegio giudicante, e che
  nell'appunto si prospettava la possibilità di una modifica
  dell'orientamento giurisprudenziale, idonea a consentire
  l'ammissibilità del ricorso presentato dall'IMI presso la
  Suprema Corte, così creando le condizioni di fatto per
  l'astensione del magistrato dal giudizio sulla ammissibilità
  del ricorso IMI;
        SQUILLANTE, in violazione dei doveri di imparzialità,
  probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria,
  metteva in contatto Felice ROVELLI, con l'avv.  Francesco
  BERLINGUER, perché costui, a fronte di una promessa di
  retribuzione per ingenti somme di denaro non inferiori a
  500.000.000 di lire, avvicinasse un membro del collegio
  giudicante della Corte di Cassazione per indurlo a violare
  l'obbligo del segreto e fornire agli eredi ROVELLI notizie
  attinenti al giudizio IMI/ROVELLI.
      Ricevendo ai fini sopra indicati, tramite bonifici
  effettuati dai predetti eredi ROVELLI rispettivamente:
        a)  Pacifico FRS 28.850.000 presso:
          1. quanto a FRS 10.000.000 (pari a lire
  11.677.300.000), Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a
  favore di Alvaneu Anstalt, valuta 21.3.94;
          2. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.854.100.000), S.B.S. Lugano, a favore di EMCO AG, valuta
  31.3.94;
          3. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.812.040.000), S.B.S. Lugano, a favore di Veteri Anstalt,
  valuta 07.04.94;
          4. quanto a FRS 6.000.000 (pari a lire
  6.724.740.000), Verwaltungs und Privat-Bank Vaduz, a favore di
  CODAVA Est., valuta 13.5.94;
 
                              Pag.5
 
          5. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona, a favore del conto
  Pavone, valuta del 24.6.94;
        b)  Previti FRS 18.000.000 (pari a lire
  21.019.140.000). SBS Ginevra, a favore del conto 136183, rif.
  Filippo. valuta del 21.3.1994;
        c)  Acampora FRS 10.850.000:
          1. quanto a FRS 850.000 (pari a lire 995.460.500),
  B.I.L. Lussemburgo, a favore del conto 5/102/4379/540, valuta
  24.6.94;
          2. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto SWLAMA, valuta 24.06.94;
          3. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Royal Bank of Scotland, Londra, a favore del
  conto BLAWOR, valuta 24.06.94;
          4. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
  del conto 396.085.04, valuta 24.06.94;
          5. quanto a FRS 2.500.000 (pari a lire
  2.927.825.000), Liechtensteinische Landesbank, Vaduz, a favore
  del conto 396.088.09, valuta 24.06.94;
  e così complessivamente la somma di FRS 57.700.000 pari - al
  cambio di valuta nel giorno degli accrediti - a lire
  66.789.541.000.
      Reato aggravato dal numero delle persone superiore a
  cinque.
      Accordi intervenuti in luogo imprecisato a far tempo dal
  1986 e pagamenti avvenuti su banche in Lussemburgo,
  Confederazione Elvetica, Liechtenstein, Regno Unito almeno
  fino al 1994.
                           OSSERVA
  1. - SUI GRAVI INDIZI DI REITA'.
      A carico di Cesare PREVITI sussistono gravi indizi di
  colpevolezza in ordine alle ipotesi reato sopra indicate.
  I) reato di cui ai capo  a):
      Stefania ARIOSTO ha dichiarato, in data 28 luglio 1995 e
  23 ottobre 1995 (cfr. allegato nr. 1), ed ha ampiamente
 
                              Pag.6
 
  confermato in successivo incidente probatorio (cfr. allegato
  nr. 2), di avere appreso da Cesare PREVITI che egli "aveva a
  libro paga numerosi magistrati romani"; di avere assistito
  personalmente a due versamenti di denaro da parte di Cesare
  PREVITI a Renato SQUILLANTE (indicato quale collettore delle
  tangenti); che a tali vicende partecipava anche Attilio
  PACIFICO, avvocato in Roma e legato a Cesare PREVITI.
      Le indagini esperite hanno permesso di accertare che:
        Stefania ARIOSTO frequentava Cesare PREVITI, con il
  quale era in rapporti di cordialità e fiducia come risulta in
  modo inequivocabile da fotografie acquisite (cfr. allegato nr.
  3) e da dichiarazioni di vari soggetti;
        in epoca antecedente a quella in cui rese dichiarazioni
  alla Autorità Giudiziaria, Stefania ARIOSTO aveva riferito gli
  episodi a due persone che hanno confermato i colloqui,
  avvenuti in epoca non sospetta e cioè Giorgio CASOLI (già
  consigliere della Corte Suprema di Cassazione in servizio alla
  Prima Sezione Penale della Corte Suprema, già Sindaco di
  Perugia, Senatore della Repubblica e Sottosegretario alle
  Poste) - (cfr. allegato nr. 4) e Vittorio DOTTI (già Deputato
  al Parlamento, per lo stesso raggruppamento politico cui
  appartiene l'on.  Cesare PREVITI - (cfr. allegato nr. 5);
        i rapporti molto stretti fra Cesare PREVITI e numerosi
  magistrati di cui Stefania ARIOSTO aveva riferito sono
  risultati provati talora in modo documentale, come nel caso
  del viaggio negli U.S.A. per la premiazione (organizzata dalla
  NIAF) di CRAXI quale "uomo dell'anno" in cui le spese di
  viaggio e soggiorno di molti magistrati furono pagate da
  Cesare PREVITI.  Al viaggio parteciparono, tra gli altri,
  Filippo VERDE e Renato SQUILLANTE (1) (cfr. allegato nr.
  6);
        nei periodi indicati dall'ARIOSTO - come in altri
  periodi - risultano numerose operazioni bancarie da cui è
  possibile evidenziare rilevanti disponibilità di contanti in
  capo a Cesare PREVITI: in particolare su conti correnti presso
  B.N.L., Banca Commerciale Italiana e Rolo Banca di Roma
  intestati a Cesare PREVITI nel periodo 1.1.1986-13.05.1992
  risultano versamenti per contanti per complessive lire
  17.804.030.500 (2), e prelevamenti mediante assegni a favore
  di se stesso per vari miliardi per l'esattezza oltre quattro
  miliardi e
      (1) Il viaggio aereo e le spese di soggiorno sono state
  pagate da Cesare PREVITI con assegni tratti dai suoi conti
  correnti a favore della MERIDIANO VIAGGI, agenzia di viaggio
  che ha curato l'organizzazione del viaggio per tutti gli
  ospiti di PREVITI.  Alcuni di questi, ma non VERDE, hanno
  ritenuto di "rimborsare" tali spese.  Fa specie che SQUILLANTE,
  mentre riceveva vari accrediti sul suo conto corrente svizzero
  da parte di PACIFICO e, in epoca successiva, anche di PREVITI,
  si sia preoccupato di conservare per otto anni la
  documentazione che dimostra l'avvenuto rimborso delle spese in
  questione.
 
                              Pag.7
 
  mezzo, con punte di quasi un miliardo e duecento
  milioni nel 1988 e quasi due miliardi e trecento milioni nel
  1989) - (cfr. allegato nr. 7);
        per numerose operazioni risulta aver operato Marco
  IANNILLI, impiegato, assistente addetto alla segreteria dello
  studio dell'on.  Cesare PREVITI dal 1977, menzionato
  frequentemente nelle agende di Attilio PACIFICO in periodi nei
  quali si verificano altri fatti di rilievo per la vicenda di
  cui al capo successivo (cfr. allegato nr. 8);
        risultano effettivamente esservi stati rapporti fra
  Cesare PREVITI ed EFIBANCA come segnalato dall'ARIOSTO (cfr.
  allegato nr. 9);
        Renato SQUILLANTE aveva ingenti disponibilità
  finanziarie all'estero, incompatibili con i suoi redditi
  apparenti e dichiarati.  Inoltre indagini esperite presso
  l'agente di cambio ALOISIO De GASPERI hanno permesso di
  evidenziare come gli asseriti investimenti di borsa fossero
  invece soltanto manovre per dissimulare la provenienza del
  denaro, evidentemente illecita (cfr. allegato nr. 10);
        nel periodo cui si riferisce il capo A SQUILLANTE ha
  ricevuto. tramite bonifici, quasi 200.000 franchi svizzeri
  (tutti provenienti da conti di Pacifico) e 150.000 dollari sui
  conti accesi presso la Società Bancaria Ticinese, per un
  totale in controvalore in lire di circa 380 milioni, in un
  periodo di poco successivo, ed esattamente il 6 marzo 1991,
  poco più di 434.000 dollari (pari a mezzo miliardo di lire,
  come specificato dalla contabile) bonificatigli da Cesare
  PREVITI (cfr. allegato nr. 11).
      Altri elementi sono riepilogati nella ordinanza di
  custodia cautelare emessa in data 11.3.1996 nei confronti di
  Renato SQUILLANTE e Attilio PACIFICO (cfr. allegato nr. 12),
  nonché in quella emessa in data 10.4.1997 nei confronti di
  Fabio, Mariano SQUILLANTE e Olga SAVTCHENKO (cfr. allegato nr.
  13) e nei provvedimenti che in sede di gravame hanno
  confermato la sussistenza di gravi indizi di reità (cfr.
  allegato nr. 14 e 15).
      Gli elementi ora elencati costituiscono riscontro
  decisivo delle dichiarazioni rese da Stefania ARIOSTO (il cui
  contenuto è stato contestato dalla difesa di Cesare PREVITI
  senza che, tuttavia, tali elementi di riscontro e gli altri,
  ampiamente indicati nei vari provvedimenti sulla libertà
  personale, siano stati intaccati (3), sicché sulla posizione
  dell'indagato non è il caso di soffermarsi oltre, rinviando
  per i dettagli al contenuto dei provvedimenti citati sopra,
  anche alla luce delle imponenti prove, di cui ora si dirà, in
  relazione al reato sub B).
      (2) Complessivamente sui conti correnti in questione, nel
  periodo considerato, affluiscono versamenti provenienti da
  terzi per 31 miliardi 996.000.616.  Di questi, 17 miliardi
  804.030.000 sono in contanti, gli altri in assegni bancari o
  circolari e in bonifici.
   (3) Questo Ufficio ha ritenuto di allegare la
  documentazione difensiva prodotta dai legali di Cesare Previti
  nel corso dell'incidente probatorio ed in relazione allo
  stesso perché ne possa essere presa visione (cfr. allegato nr.
  72).
 
                              Pag.8
 
  II) reato di cui al capo b).
      L'esatta comprensione della pregnanza degli elementi
  d'accusa a carico di Cesare PREVITI deve, necessariamente,
  muovere dai provvedimenti cautelari emessi nei confronti di
  ACAMPORA e PACIFICO, nei quali nei diversi gradi di
  giurisdizione e fino alla Corte di Cassazione, è stata
  riconosciuta l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di
  danaro dei ROVELLI, poste in essere attraverso gli indagati,
  ed il condizionamento dell'esito del giudizio IMI/ROVELLI,
  attraverso la corruzione di pubblici funzionari (4).
      Altro provvedimento di custodia cautelare per i medesimi
  fatti corruttivi è intervenuto nei confronti di Felice ROVELLI
  e Primarosa BATTISTELLA, rispettivamente figlio e vedova di
  Nino ROVELLI (cfr. allegato nr. 20 e 21).
      Siffatti provvedimenti devono intendersi integralmente
  richiamati in questa sede (5).
      (4) In data 15.05.96, su richiesta di questo Ufficio, il
  G.I.P. presso il Tribunale di Milano ha emesso ordinanza di
  custodia cautelare nei confronti di PACIFICO Attilio ed
  ACAMPORA Giovanni (cfr. allegato nr. 16).  La Corte di
  Cassazione, Sezione VI, con sentenza 29.08.96. n. 2563 (cfr.
  allegato nr. 17), pronunciando sulla posizione di ACAMPORA
  riteneva sussistere una pluralità di elementi convergenti, in
  modo logico, alla formazione del quadro accusatorio, idonei ad
  argomentare l'esistenza di un nesso tra le erogazioni di
  danaro ed il condizionamento dell'esito del giudizio
  I.M.I.-ROVELLI, attraverso la corruzione di pubblici
  funzionari.  Sulla medesima ordinanza di custodia cautelare,
  relativamente alla posizione di PACIFICO Attilio, veniva
  chiamato a pronunciarsi, altresì, il Tribunale del riesame di
  Milano (a seguito di sentenza di rinvio della Suprema Corte di
  Cassazione - Sezione Quarta), che riconfermava l'ordinanza con
  il provvedimento n 2166/96 TDR (cfr. allegato n. 18).  Il
  ricorso proposto dalla difesa di Attilio PACIFICO contro tale
  ordinanza è stato respinto dalla Suprema Corte di Cassazione
  (cfr. allegato n. 19).
      (5) La vicenda indicata nei citati provvedimenti può
  essere riassunta come segue.  Immediatamente dopo l'arresto di
  Renato SQUILLANTE e di Attilio PACIFICO, per il reato sub a),
  nell'ambito delle ulteriori attività istruttorie, è stato
  richiesto alla A.G. elvetica di interrogare la signora
  BATTISTELLA Primarosa in ordine ad un bonifico da lei disposto
  a favore di PACIFICO.  A seguito della richiesta Primarosa
  BATTISTELLA e Felice ROVELLI hanno reso interrogatorio
  all'A.G. Elvetica in sede di rogatoria (cfr. allegato n. 22).
  In tale sede hanno affermato che:
        nel dicembre 1990 Nino ROVELLI, prima di sottoporsi ad
  una operazione chirurgica, aveva informato la moglie di essere
  in debito con l'avv.  PACIFICO pregandola, nel caso in cui non
  fosse sopravvissuto all'intervento, di provvedere al
  pagamento.  L'ing.  ROVELLI decedeva il 30.12.1990;
        Attilio PACIFICO, circa un mese dopo il decesso di Nino
  ROVELLI, si presentò a Felice ROVELLI asserendo di vantare un
  credito quantificandolo in circa 30 miliardi di lire.
  Contestualmente aggiungeva che anche gli avvocati Cesare
  PREVITI e Giovanni ACAMPORA erano essi pure creditori verso
  Nino ROVELLI;
        i ROVELLI hanno risposto di non avere in quel momento
  disponibilità liquide tali da poter estinguere il debito del
  loro congiunto e richiesto di procrastinare il pagamento
  all'esito della controversia giudiziaria I.M.I./ROVELLI;
        all'esito favorevole della causa che consentì agli
  eredi ROVELLI di ricevere una somma, detratte le tasse, di
  oltre 650 miliardi di lire, nel 1994 si era proceduto, su
  indicazione di PACIFICO, PREVITI e ACAMPORA, a corrispondere
  ai medesimi gli importi indicati nella imputazione sub b).
 
                              Pag.9
 
      Orbene, se i versamenti a Cesare PREVITI sono stati posti
  in essere nel medesimo contesto e per le medesime ragioni
  delle erogazioni avvenute verso PACIFICO ed ACAMPORA,
  circostanza affermata dagli eredi ROVELLI e non smentita da
  alcuno degli indagati, se siffatte erogazioni sono intervenute
  con finalità corruttive, circostanza ritenuta nei citati
  provvedimenti cautelari fino al giudizio di cassazione, è
  indiscutibile la sussistenza di gravi indizi a carico
  dell'indagato.
      Del resto, le indagini eseguite. pure esse richiamate nei
  citati provvedimenti cautelari, hanno consentito di escludere
  la riferibilità di tali versamenti in denaro ad una attività
  professionale svolta da ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO per i
  ROVELLI (6).
      (6) Premesso che gli eredi ROVELLI concordemente
  sostengono di avere appreso dell'esistenza del "debito" nei
  giorni successivi alla morte di Nino ROVELLI e che pertanto -
  stando a tale versione - non avrebbero nessun rilievo, sulla
  genesi del debito stesso, eventuali contatti professionali
  intervenuti successivamente tra la famiglia ROVELLI e
  PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI:
        non sarebbe spiegabile la frequente contestualità tra i
  contatti tra i vari indagati e gli eventi di maggior momento
  verificatisi nella vicenda processuale IMI/ROVELLI, dei quali
  si riferirà in seguito;
        non risulta l'esistenza di rapporti amicali tra gli
  indagati (la circostanza è esclusa dallo stesso ROVELLI che ha
  dichiarato di aver conosciuto PREVITI ed ACAMPORA dopo la
  morte del padre e solo in relazione al pagamento delle somme
  sopra specificate.  Altrettanto ROVELLI ha dichiarato in
  relazione al rapporto con PACIFICO circoscrivendolo ad
  incontri finalizzati soltanto a conoscere lo stato della causa
  giudiziaria in vista del pagamento delle somme dovute
  all'avvocato, attesa la dilazione richiesta dai ROVELLI
  ovvero, nel secondo interrogatorio e solo a seguito delle
  contestazioni dell'Ufficio, a mere "consultazioni" per la
  vicenda IMI/ROVELLI);
        in relazione alla vicenda IMI/ROVELLI gli indagati
  PACIFICO, ACAMPORA e PREVITI non hanno mai avuto incarichi
  formali.  Si vedano al riguardo i verbali di assunzione di
  informazioni rese dai difensori degli interessi ROVELLI nella
  causa (cfr. allegato nr. 23), prof. Mario ARE, il 28.10.96 e
  il 13.9.96 (tra l'altro, pag. 3, "Devo categoricamente
  escludere che altri si siano occupati della vicenda in sede
  giudiziale"; pag. 4, "Domanda: L'ing.  ROVELLI le ha mai
  parlato degli avvocati ACAMPORA, PACIFICO e PREVITI in
  relazione alla vicenda IMI/SIR?  Risposta: Non me ne ha mai
  parlato.  Domanda: Dopo la morte dell'ing.  ROVELLI del dicembre
  1991, dalla vedova o dai figli dell'ing. ha mai saputo che
  della causa si erano occupati ACAMPORA, PREVITI e PACIFICO?
  Risposta: Lo escludo nella maniera più categorica.  Ho appreso
  dai giornali il coinvolgimento di questi avvocati") e prof.
  Michele GIORGIANNI il 16.6.96 (tra l'altro, pag. 2, "Per
  quello che mi consta escludo nella maniera più assoluta che in
  tutte le fasi della lunga controversia IMI/SIR gli avvocati
  PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, si siano occupati della
  controversia.  Domanda: E' mai capitato su richiesta prima
  dell'Ing.  Nino ROVELLI e poi da parte degli eredi che lei
  abbia mai mandato delle memorie o comunque documentazione
  riguardante la controversia agli avvocati PREVITI, ACAMPORA,
  PACIFICO?  Risposta: Mai.  Domanda: E' a conoscenza che Felice
  ROVELLI o la madre o gli altri eredi ROVELLI abbiano
  contattato gli avvocati ACAMPORA, PREVITI, PACIFICO per la
  questione IMI/SIR?  Risposta: Mai") alla A.G. di Milano;
        la signora BATTISTELLA ha escluso ogni rapporto di tipo
  professionale tra gli indagati (int. 08.05.96, pag 4,
  "Domanda: L'avv.  PACIFICO, per quel che le risulta, si è mai
  occupato degli affari legali della sua famiglia?" Risposta:
  "No, per quel che ne so io il PACIFICO aveva nei confronti di
  mio marito quel credito di cui ho parlato, ma non aveva altri
  rapporti");
 
                             Pag.10
 
      Ulteriore elemento avente natura indiziana, anch'esso
  direttamente riferibile alla posizione di Cesare PREVITI, è
  costituito dalla circostanza che per i pagamenti è stato
  utilizzato lo stesso fondo destinato agli impegni della
  procedura IMI e dal fatto che i pagamenti in questione sono
  avvenuti solo dopo la materiale percezione della somma netta
  attribuita ai ROVELLI in esito al giudizio.
        Felice ROVELLI (int. 14.09.96) ha dichiarato che la
  famiglia non aveva conferito alcun mandato agli avvocati
  PACIFICO, ACAMPORA, PREVITI, per curarne gli interessi in
  Italia od all'estero (pag. 2), confermando, inoltre, di non
  aver mai affidato a PACIFICO alcun incarico, nemmeno
  stragiudiziale per una eventuale transazione con l'I.M.I.
  (pag. 3).  I colloqui intervenuti con costui erano comunque
  tutti posteriori alla quantificazione del credito fatta dal
  primo (pag. 3);
        Giovanni ACAMPORA ha affermato (cfr. allegato nr. 24)
  di aver svolto attività professionale per conto di Nino
  ROVELLI nel periodo settembre 89-dicembre 90 legata alla
  vicenda IMI/ROVELLI e che di questa attività era informato
  anche il figlio Felice, tant'è che la richiesta della
  "uparcella" sarebbe stata formulata direttamente dal
  professionista al cliente senza la "mediazione" di PACIFICO.
  Le affermazioni sono contraddette categoricamente dagli eredi
  ROVELLI (questi sostengono di non saper nulla della pretesa
  attività professionale, e di aver corrisposto il denaro ad
  ACAMPORA solo ed esclusivamente in ragione della
  "introduzione" di questi tra i creditori di Felice ROVELLI da
  parte di PACIFICO);
        Attilio PACIFICO ha asserito (cfr. allegato nr. 25) di
  aver svolto genericamente consulenze per conto di Nino
  ROVELLI, senza precisarne la natura ma escludendo di essersi
  interessato della vicenda IMI/ROVELLI.  Le affermazioni sono in
  aperto contrasto con i documenti sequestrati presso lo studio
  del professionista tra i quali figurano altresì appunti
  riservati predisposti dall'avv.  ARE e da questi consegnati a
  Nino ROVELLI (vds. sommarie inf. prof. avv. Mario ARE);
        Cesare PREVITI non è mai stato interrogato.  Le sue
  dichiarazioni pubbliche, riportate dalla stampa, legano il
  ricevimento del denaro alla prestazione di non meglio
  specificate attività professionali, anch'esse comunque
  sconosciute agli eredi ROVELLI;
        per quanto riguarda l'unica richiesta di versamento -
  da parte di PACIFICO - corredata di documentazione che
  apparentemente giustificherebbe un rapporto professionale, la
  signora BATTISTELLA rivela di esser stata pienamente
  consapevole della simulazione posta in essere per fornire una
  causale lecita (esistenza di un rapporto professionale) al
  pagamento (cfr. int. 8.5.96. pag. 4. sulla fattura 1/94 (cfr.
  allegato n. 26) emessa da PACIFICO: "Io confermo di aver dato
  a PACIFICO la somma corrispondente a questa ma escludo
  categoricamente, per quanto a mia conoscenza, che le
  prestazioni indicate nella fattura siano state effettuate da
  PACIFICO".
 
                             Pag.11
 
      Altro elemento avente natura indiziaria emerge
  dall'analisi delle modalità dei versamenti, quale risulta
  dalla seguente tabella:
                      ...  (omissis) ...
      Dall'analisi dei tempi e delle modalità dei versamenti è
  dato desumere, con alto grado di probabilità, l'origine
  illecita delle somme in questione, giacché si evidenzia come
  gli indagati abbiano cercato di porre una barriera tra i loro,
  comunque occulti, rapporti bancari esteri, e il ricevimento
  delle somme di cui si tratta.
      Ed invero:
        gli eredi ROVELLI hanno costituito una apposita
  società, con sede in Liechtenstein, la PITARA Trust, per
  provvedere ai pagamenti relativi alla vicenda processuale con
  l'IMI.  Questa società e i conti correnti aperti a suo nome,
  sono stati interposti nei pagamenti diretti ad ACAMPORA,
  PACIFICO e PREVITI (cfr. allegato nr. 22);
        PACIFICO, pur avendo a disposizione una nutrita serie
  di conti correnti accesi presso la Società Bancaria Ticinese
  di Bellinzona, la S.B.S. di Lugano e la Banca Commerciale di
  Lugano, ha costituito per il tramite di Ettore ABELTINO (delle
  cui dichiarazioni si richiama a questo proposito il contenuto
  - cfr. allegato nr. 27) delle società nelle quali non figura
  nemmeno come beneficiario economico.
        Cesare PREVITI ha ricevuto l'importo non direttamente
  sul conto corrente "Mercier" presso la Darier Hentsch di
  Ginevra, bensì lo ha fatto transitare su un conto corrente
  transitorio della S.B.S. di Ginevra, da cui poi è stato girato
  sul conto "Mercier" (cfr. allegato n. 28).
 
                             Pag.12
 
      Peraltro, dalla documentazione bancaria e societaria
  acquisita recentemente presso la Confederazione Elvetica
  risulta evidente che il denaro ricevuto da PREVITI, PACIFICO e
  ACAMPORA è andato per gran parte a confondersi attraverso una
  serie di passaggi tra i vari conti correnti dell'uno e
  dell'altro interprete della vicenda.  In particolare,
  nell'aprile 1994 Cesare PREVITI ha movimentato circa 5.500.000
  FrS verso PACIFICO (cfr. allegato n. 29) e, a partire dalla
  seconda metà del 1994 - quando era Ministro della Repubblica -
  ha movimentato complessivamente almeno altre lire
  1.600.000.000 verso PACIFICO (cfr. allegato n. 30) mentre da
  società che si ha ragione di ritenere collegate ad ACAMPORA o
  a persone a lui vicine sono state bonificate a PACIFICO
  complessivamente cifre dell'ordine di miliardi di lire.
      E' stato altresì accertato che PACIFICO ha disposto
  attività di spallonaggio, tramite tale BOSSERT (cfr. allegato
  n. 31), per far rientrare in Italia in contante,
  complessivamente oltre dieci miliardi di lire ed in talune
  ipotesi l'attività di spallonaggio è stata preceduta dalle
  rimesse di denaro da Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 30) e
  ACAMPORA (o soggetti a lui vicini) a PACIFICO.
      Ulteriori elementi significativi di responsabilità a
  carico di Cesare PREVITI si traggono dall'analisi della
  vicenda processuale IMI/ROVELLI, che evidenzia le incredibili
  anomalie che ne hanno caratterizzato lo svolgimento.  Non si
  intende qui sindacare il merito di un provvedimento
  giudiziario ma soltanto evidenziare come siano intervenute
  talune aporie esterne al momento decisorio e tuttavia
  certamente idonee ad influenzarlo tutte nella prospettiva del
  riconoscimento delle ragioni degli eredi ROVELLI.  Il rilievo
  di tali anomalie, nella vicenda in esame, consiste nella
  circostanza che esse individuano una parte degli atti contrari
  ai doveri di ufficio per i quali sono intervenuti i pagamenti
  effettuati dalla famiglia ROVELLI, pagamenti cui sono seguiti,
  a breve intervallo, flussi di denaro privi di plausibile
  giustificazione, tra PACIFICO da un lato, SQUILLANTE e uno
  degli autori di tali atti "contra ius", VERDE, dall'altro.
      La vicenda processuale IMI/ROVELLI è descritta
  nell'ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. del Tribunale
  di Milano datata 15.05.96 (pagg. 7-11 - allegato n. 16), alla
  quale si fa espresso rinvio.  Essa è stata caratterizzata tra
  le altre, dalle anomalie che seguono.
      Dopo che il Tribunale di Roma - collegio presieduto da
  Filippo VERDE - con sentenza 31.10.1986 aveva accolto la
  domanda proposta dagli eredi ROVELLI limitatamente all'an
  debeatur, disponendo la separazione e la prosecuzione del
  giudizio sul quantum, con sentenza 13.5.1989 il Tribunale di
  Roma determinò il quantum, e cioè l'importo che I.M.I. doveva
  corrispondere agli eredi ROVELLI.
      Sennonché la formazione del nuovo collegio giudicante
  ebbe a subire un'improvvisa modificazione a causa di una
  singolare circostanza.  Infatti, il Presidente del Tribunale di
  Roma - dr. Carlo Minniti - (cfr. allegato n. 32), che avrebbe
  dovuto presiedere il collegio - attesa la delicatezza della
  causa - aveva preventivamente studiato l'incarico processuale
  formandosi l'idea di dover disporre una nuova perizia per la
  determinazione del quantum.  Di tale circostanza aveva avuto
  modo di parlare con il dr. Sammarco (Presidente della Corte
  d'Appello di Roma) precedentemente all'udienza fissata per il
 
                             Pag.13
 
  4.4.89.  Proprio quel giorno ricevette invece una convocazione
  telefonica dal Ministero di Grazia e Giustizia (dall'ufficio
  del Capo di Gabinetto - dr. VERDE o da altro ufficio dello
  stesso Ministero) per una riunione relativa all'edilizia
  giudiziaria.  Considerato che proprio quel giorno era in
  programma la causa IMI SIR tentò di rinviare la convocazione
  al Ministero ricevendo quale risposta l'improrogabilità della
  stessa.  A questo punto designò la d.ssa Campolongo quale
  presidente del collegio con l'intesa che ella avrebbe disposto
  un rinvio per permettere al dr. MINNITI di presiedere la
  causa.
      La riunione al Ministero durò circa un'ora, vi prese
  parte il dr. SAMMARCO e si fece vedere anche il dr. VERDE, e
  non portò ad alcuna decisione definitiva.  Accertamenti svolti
  da questo Ufficio hanno permesso di accertare che presso il
  Ministero non vi è traccia documentale di tale convocazione e
  della relativa riunione (cfr. allegato n. 33).
      Al rientro in Tribunale il dr. MINNITI apprese dalla
  d.ssa CAMPOLONGO che "la causa era stata ritenuta in
  decisione" in quanto "gli avvocati avevano insistito e lei era
  stata costretta a mandarla in decisione".
      Premesso ciò si evidenzia che il collegio presieduto da
  Filippo VERDE emise la sentenza favorevole agli eredi ROVELLI
  il 31.10.1986 (data di deposito) e appena due mesi dopo, come
  emerge dalla documentazione acquisita in Svizzera attinente le
  presenze degli indagati presso l'Hotel Splendide di Lugano,
  Filippo VERDE si trovò appunto in tale località dal 27.12.86
  al 02.01.87 occupando più camere.  Il soggiorno venne pagato
  dall'avvocato PACIFICO come risulta dalle annotazioni apposte
  dall'Hotel sulle ricevute (cfr. allegato nr. 34), anch'egli
  presente per tutto il periodo.
      Una seconda anomalia, rilevante in ordine al contenuto
  della sentenza, riguarda il giudizio di cassazione.
      Essendo intervenuta sentenza d'appello (26.11.90, n.
  4809) che condannava l'I.M.I. al pagamento, a favore dell'Ing.
  ROVELLI e della FIND S.R.L, di una somma complessiva
  aggirantesi intorno a 1000 miliardi di lire (capitale,
  interessi, spese ed altro), l'I.M.I. propose ricorso per
  Cassazione, notificato alla difesa ROVELLI in data 3.01.1991 e
  depositato, con gli allegati, in data 22.01.91.
      All'udienza del 29.01.92. che costituisce uno dei momenti
  centrali dell'intera vicenda, innanzi alla Corte di
  Cassazione, Prima Sezione Civile, la difesa degli eredi
  ROVELLI sollevò eccezione di improcedibilità del ricorso, per
  mancato deposito della procura speciale conferita con atto
  separato.  La difesa ROVELLI sosteneva infatti che, nel
  fascicolo di parte della difesa I.M.I., mancava la procura
  speciale ad litem dei difensori, il cui deposito è previsto
  dall'articolo 369 n. 3 c.p.c. Nel prosieguo la difesa I.M.I.
  presentò una denuncia presso la Procura della Repubblica di
  Roma a seguito della quale si instaurò un procedimento penale
  contro ignoti.
      Da una parte proseguì l'azione civile.  La Cassazione
  (ordinanza 30.01.92. depositata il successivo 12.02.92)
  sospese il giudizio e rimise alla Corte Costituzionale la
  questione di legittimità dell'articolo 369 n. 3 c.p.c. nella
  parte in cui non consente di sanare la situazione di cui alla
  stessa norma.  La Corte Costituzionale (sentenza 10.11.92
  deposito delle motivazioni 24.11.92) dichiarò
 
                             Pag.14
 
  l'inammissibilità della questione di legittimità proposta.  La
  Cassazione fissò nuova udienza per il giorno 18.3.93, poi
  spostata al giorno 25.03.93, e quindi al giorno 27.05.93, e
  definì il giudizio dichiarando l'improcedibilità del ricorso
  I.M.I..
      Dall'altra nacque un procedimento penale: in data
  30.01.92.  Luigi ARCUTI, presidente dell'I.M.I., presentò
  querela contro ignoti, per il reato di cui all'articolo 490
  c.p. sostenendo che la procura speciale non mancava in origine
  ma era stata fatta sparire; procedimento caratterizzato dal
  fatto che mentre a più riprese il pubblico ministero aveva
  chiesto al G.I.P. l'archiviazione del procedimento, per essere
  ignoti gli autori del fatto (e cioè per esser stata la procura
  regolarmente depositata, fatta sparire da qualcuno), il G.I.P.
  dispose invece l'archiviazione per infondatezza della notizia
  di reato (e cioè per non essere stata depositata la procura).
  La Corte di Cassazione annullò il provvedimento
  d'archiviazione del G.I.P.
      La vicenda è compiutamente descritta nell'ordinanza del
  G.I.P. Tribunale di Roma 14.05.96, nr. 2454/94 R.G.N.R., a cui
  si rinvia per i particolari (cfr. allegato nr. 35).
      Una terza anomalia riguarda l'astensione del presidente
  di uno dei collegi della Corte di Cassazione che avrebbe
  dovuto decidere sulla causa.
      Nel 1993, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, fu
  fissata una nuova udienza dalla Suprema Corte di Cassazione
  per il 18 marzo 1993, e quale Presidente fu designato il dr.
  Mario CORDA (cfr. allegato n. 36).  Attesa la rilevanza della
  causa il Presidente provvide per tempo, come da prassi, a
  studiare l'incarto predisponendo un "appunto manoscritto"
  (cfr. allegato n. 37) nel quale si evidenziavano i punti sui
  quali la Corte era chiamata a decidere invitando i colleghi a
  presentarsi "preparati", sui punti in discussione, affrontando
  la questione della improcedibilità anche alla luce della
  sentenza della Corte Costituzionale, e manifestando tra
  l'altro la possibilità di modificare la giurisprudenza con il
  dichiarare ammissibile il ricorso dell'IMI.
      L'appunto in questione venne fotocopiato con l'ausilio di
  una collaboratrice di cancelleria (cfr. allegato nr. 38),
  inserito in buste chiuse dallo stesso Presidente ed inserito
  nella casella della posta di ciascun membro del collegio.
      Nei primi di marzo del 1993 pervenne un esposto anonimo
  indirizzato al Presidente dalla Corte di Cassazione nonché al
  dr. CORDA nel quale, in sintesi, si diceva che quest'ultimo
  aveva già anticipato il giudizio sulla causa e che copia del
  manoscritto era a mani dell'anonimo autore, (cfr. allegato nr.
  39).
      A seguito di tale missiva il dr. CORDA, con l'animo di
  continuare a presiedere il collegio, predispose la bozza di
  una istanza di astensione al Presidente della Cassazione,
  nella convinzione che sarebbe stata rigettata.  Presentò tale
  minuta al dr. BRANCACCIO che seduta stante e sulla stessa
  bozza dell'istanza di astensione dispose la sostituzione del
  dr. CORDA con altro membro del collegio (vds. allegato n. 40).
  L'udienza venne spostata dal 18 al 25 marzo 1993 e quindi al
  27 maggio 93 con l'ulteriore sostituzione del Presidente del
  collegio.
      Non si può dubitare che il manoscritto sia stato
  consegnato (o comunque letto ad estranei all'amministrazione
  della Giustizia) da un appartenente all'ordine giudiziario od
  al Ministero di Grazia e Giustizia (magistrato o collaboratore
 
                             Pag.15
 
  di cancelleria), con evidente violazione del segreto
  d'ufficio.
      La circostanza è emersa in momento successivo allorquando
  con un altro anonimo è stata recapitata (01.06.93) al
  Presidente della Cassazione la procura speciale privata del
  margine sinistro e del lembo superiore destro (ove potevano o
  dovevano essere apposti i timbri del deposito) - (cfr.
  allegato n. 41).  Tale ultima lettera indirizzata ai dr.
  Brancaccio - Sgroi e Corda recita: "ringrazio per la
  sensibilità dimostrata per i fatti da me denunciati e per
  l'astensione che ha permesso di chiudere la partita 3 a 2.  Per
  evitare fastidi a cancellieri e avvocati accusati dai servi
  dell'IMI restituisco l'originale del documento che ha fatto
  punire definitivamente il palazzo e tangentopoli".
      L'astensione di cui parla l'anomino era appunto quella
  del dr. CORDA.  Non a caso destinatario della lettera era anche
  il dr. CORDA che alla data dell'1.6.93 (data in cui è stata
  protocollata in Cassazione) non aveva più nulla a che vedere
  con la causa IMI/SIR.
      Appare evidente dal contenuto dell'anonimo che
  accompagnava la procura speciale mutilata, che esso proveniva
  dallo stesso autore o comunque dallo stesso "centro di
  interessi" che aveva inviato il precedente anonimo che provocò
  l'astensione del Presidente Corda.  Ne segue che la procura
  speciale era in possesso della persona o delle persone che
  inviando quel primo anonimo avevano inteso favorire la "parte
  ROVELLI" nel procedimento in Cassazione.  Ciò rende improbabile
  che la procura speciale non sia stata depositata per mera
  negligenza (cfr. allegato nr. 42 deposizioni dr. Bibolini e
  dr. Morelli)
      Le vicende processuali assumono significato
  particolarmente pregnante se messe in relazione con i contatti
  intervenuti tra gli indagati in occasione delle tappe
  fondamentali di sviluppo del procedimento giudiziario, quali
  risultano da:
        1. agende e block notes sequestrati a PACIFICO;
        2. sviluppo del traffico telefonico delle rispettive
  utenze, tra le quali ha particolare rilievo il cellulare
  0337-277519, intestato alla società LA FULVIA spa ma
  sicuramente in uso a Felice ROVELLI (7) nel periodo
  21.01.92-03.11.93; nonché l'utenza 0337/723535, relativa a un
  telefono cellulare utilizzato di solito dal prof. ARE, che
  però l'aveva prestato a Felice ROVELLI nei giorni 11 e il 12
  febbraio 92.
      La tabella che segue è esemplificativa dei rapporti
  esistenti tra gli eventi giudiziari e i contatti tra gli
  indagati o con terze persone aventi comunque relazione con i
  procedimento giudiziario, L'analisi completa dei rapporti può
  essere letta nell'allegato nr. 44.
     (7)  a)  LA FULVIA spa appartiene alla famiglia
  ROVELLI;
        b)  nell'interrogatorio del 14.09.96 Felice
  ROVELLI ha ammesso la circostanza;
        c)  il periodo di utilizzazione del cellulare da
  parte di Felice ROVELLI è stato confermato dagli accertamenti
  svolti sui "MSC" (micro switch channel, ossia i ponti radio
  impegnati) impiegati per le telecomunicazioni e da quelli
  riguardanti le presenze alberghiere di Felice ROVELLI in Roma
  (cfr allegato n. 43).
 
                             Pag.16
 
                      ...  (omissis) ...
      Per dimostrare la rilevanza dei contatti, si
  approfondisce qui, ancora a titolo di esempio (sottolineando
  che le considerazioni hanno lo stesso rilievo per una serie di
  altri casi), l'annotazione contenuta nella agenda 1993 di
  PACIFICO riferibile alla giornata del 07.12.93: 1.10
  CASTELLO: "il terzo del collegio è il Cons.  APICE e non
  MARZIALE".
      Orbene, in quella data vi è stata una udienza collegiale
  innanzi alla Prima Sezione Civile della Corte d'Appello di
  Roma ed uno dei membri del collegio era proprio il Consigliere
  Dr. Umberto APICE.  A seguito dell'udienza è stata emessa
  ordinanza "con la quale è stata respinta l'istanza di
  sospensione della sentenza della Corte d'Appello di Roma"
  (dichiarazioni del prof. ARE in data 28.10.96. pag 3).
 
                             Pag.17
 
  CASTELLO è dirigente della Cancelleria della Seconda Corte
  d'Appello di Roma (cfr. allegato nr. 45).
      Perché PACIFICO si interessa della composizione del
  collegio che si appresta a prendere una decisione nella
  vicenda IMI-SIR?  Perché contatta CASTELLO, evidentemente
  giorni prima, per conoscere tale composizione?  La risposta non
  può che essere coerente con le prospettazioni di questo
  ufficio: informarsi sulla composizione del collegio non può
  certo rientrare nelle "mere consultazioni" asserite da ROVELLI
  né in un ruolo extragiudiziario legato alla vicenda, bensì in
  una "attività" così come descritta nel capo di imputazione
  (8).
      E ancora, in occasione dell'udienza di rinvio presso la
  Corte di Cassazione, a seguito del rigetto della questione di
  legittimità dell'articolo 369 c.p.c. da parte della Corte
  Costituzionale, si rileva tra Cesare PREVITI e ROVELLI un
  contatto non altrimenti spiegabile se non nella prospettiva
  già delineata (la telefonata è del 22.3.1993, ore 22.35, dura
  146 secondi, ed è un cellulare stabilmente a disposizione di
  Cesare PREVITI, il cui abbonamento e stato però sottoscritto
  da Paolo TIFI, marito di una dipendente dello studio legale
  dell'onorevole a chiamare ROVELLI) (9) (cfr. allegato n. 47 e
  48).
      In concreto, in occasione di ogni evento significativo
  del procedimento, nella prospettiva del suo condizionamento in
  senso favorevole ai ROVELLI, si riscontra un contatto tra
  Felice ROVELLI e taluno dei soggetti coinvolti nella
  vicenda.
      L'elemento comune a tutta questa serie di contatti è,
  dunque, costituito dal medesimo interesse esistente in capo ai
  diversi soggetti per l'esito del procedimento, interesse che
  giustifica ed è in grado di spiegare perché persone che non
  sono legate tra loro da alcun rapporto professionale si siano
  più volte messe in contatto.  Esso è in grado di spiegare
  perché le telefonate tra ROVELLI Felice ed i coindagati
  vengano effettuate e concentrate solamente in alcuni
  particolare momenti, e non siano invece diluite nel tempo.
      Peraltro, che la logica di ROVELLI nell'approccio alla
  vicenda giudiziaria con l'IMI fosse essenzialmente di natura
  corruttiva è dimostrato da fatti accertati nel corso delle
  indagini, che dimostrano inequivocabilmente la natura dei
  rapporti intercorsi tra gli eredi ROVELLI ed i destinatari del
  denaro.  Ed invece, dall'analisi dei tabulati è emerso che la
  persona che usava il cellulare intestato alla TECHSO (il nome
  della società risulta nella precedente tabella), l'avv.
  Francesco BERLINGUER, ha intrattenuto vari contatti telefonici
  con Renato SQUILLANTE e Felice ROVELLI nei primi mesi del
  1992, proprio nel periodo in cui la Corte di Cassazione si
  riuniva (29.1.92) e decideva (30.1.92, ordinanza depositata il
  12.2.92) di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale.
  Intercorrono ben 16 telefonate in poco
     (8) Tenuto conto della natura dei rapporti tra gli
  indagati che non può essere ricondotta a frequentazioni di
  natura amicale o professionale ufficiale legata alla vicenda
  IMI/ROVELLI, nell'allegato n. 46 sono stati rappresentati i
  contatti accertati tra i medesimi così come rilevati dalle
  agende e block notes di PACIFICO.
     (9) Nello stesso periodo, e sulla stessa utenza
  intercorrono contatti telefonici con PACIFICO (16.3.1993)
  nonché SQUILLANTE (17.3.1993).  Lo stesso telefono viene
  utilizzato il 5.3.1994 per chiamare l'utenza di New York di
  Felice ROVELLI.
 
                             Pag.18
 
  più di un mese.  Sentito più volte in ordine al contenuto di
  tali rapporti, l'avv.  BERLINGUER (cfr. allegato n. 49), dopo
  non poche reticenze, rispose che nel corso del 1992 Renato
  SQUILLANTE gli chiese di incontrarlo e, avuto il contatto, gli
  chiese di avere un colloquio con Felice ROVELLI.  Egli aderì
  all'invito di SQUILLANTE ed incontrò effettivamente ROVELLI in
  almeno due o tre occasioni sempre all'hotel Hassler dove
  alloggiava ROVELLI, in una delle circostanze alla presenza
  dello SQUILLANTE.  BERLINGUER ha riferito: "ROVELLI mi chiese
  se io potevo avvicinare un membro del collegio della Suprema
  Corte - la d.ssa Simonetta Sotgiu - per avere notizie da
  quest'ultima circa l'andamento della causa, ossia quali
  decisioni avevano in mente di prendere rispetto al ricorso che
  era stato presentato".... . "Tenga presente che sia SQUILLANTE
  che ROVELLI hanno insistito a che io avvicinassi la d.ssa
  Sotgiu".  Alla domanda se gli fosse stato promesso qualche cosa
  da ROVELLI, l'avv.  BERLINGUER risponde: "Si, una buona
  parcella, queste sono le parole usate da ROVELLI, senza
  peraltro quantificare la cifra" (nella deposizione successiva
  la cifra viene indicata, salvo errori della memoria, in 500
  milioni). "Non ricordo se quando mi ha fatto il discorso della
  parcella era presente anche SQUILLANTE, ma il fatto che mi
  erano stati proposti dei soldi da parte di ROVELLI era un
  fatto conosciuto anche dal magistrato...".  Tra Francesco
  BERLINGUER e la d.ssa SOTGIU intercorrevano rapporti di
  amicizia.  L'esistenza di tali rapporti è stata confermata
  dalla stessa d.ssa SOTGIU nel corso della deposizione resa in
  data 11.06.97. nonché dallo sviluppo del traffico telefonico
  del cellulare in uso a Francesco BERLINGUER relativamente al
  periodo che qui interessa (cfr. allegato nr. 50).
      Dall'utenza in uso all'avv.  BERLINGUER viene chiamato, in
  più occasioni, anche il numero telefonico dello studio
  professionale di Cesare PREVITI (cfr. allegato n. 51).
      E l'intervento di SQUILLANTE, in funzione chiaramente
  corruttiva e di intermediazione verso magistrati, o comunque
  persone ad essi vicine, per piegare il contenuto dell'attività
  giurisdizionale di costoro alla illecita realizzazione di
  interessi privati, a fronte della promessa e del versamento di
  somme di denaro, dimostra ulteriormente l'attendibilità delle
  dichiarazioni dell'ARIOSTO, nella parte in cui costei indica
  l'alto magistrato come persona che, insieme a Cesare PREVITI
  ed a PACIFICO, non casualmente coinvolti nella vicenda in
  esame, svolge una attività corruttiva anche nel senso della
  intermediazione, nell'interesse di privati, verso altri
  magistrati del distretto romano, con la conseguenza che la
  pregnanza accusatoria delle dichiarazioni dell'ARIOSTO nei
  confronti di Cesare PREVITI viene ulteriormente corroborata e
  costituisce altro elemento di prova a carico dell'indagato in
  relazione alla vicenda in esame.
      Quanto ai flussi di denaro intervenuti tra Cesare
  PREVITI, PACIFICO e VERDE, prima di entrare nel merito degli
  indizi raccolti nelle presenti indagini preliminari a carico
  dell'indagato è opportuno, sia pur sommariamente, esporre
  cronologicamente già esiti di altri procedimenti penali
  instauratisi a Perugia a carico del predetto magistrato.
      Filippo VERDE è stato interrogato per la prima volta in
  data 20.05.1996 (cfr. allegato n. 52) a seguito di
 
                             Pag.19
 
  presentazione spontanea a quella A.G. ed a seguito delle
  notizie giornalistiche che ponevano in risalto i suoi rapporti
  con l'imprenditore NICOLETTI.  In tale contesto nulla riferiva
  delle sue consistenze patrimoniali, precisando altresì che i
  rapporti con l'avvocato PACIFICO erano "di cordiale amicizia,
  consolidata in occasione di villeggiature".
      L'indacato veniva arrestato a seguito di misura cautelare
  nel giugno 96 e nel corso dell'interrogatorio reso innanzi al
  G.I.P. in data 3.6.96 (cfr. allegato n. 52) specificava:
       a)  di aver avuto la disponibilità di un cellulare
  svizzero che gli era stato dato dall'avv.  PACIFICO;
       b)  non forniva spiegazioni plausibili sul perché,
  nello stesso periodo, detenesse due apparati telefonici, uno
  italiano ed uno svizzero (cfr. da pagina 28 a 31 -
  interrogatorio del 03.06.96);
       c)  ribadiva che i rapporti con PACIFICO erano
  esclusivamente di amicizia escludendo in modo categorico che
  tramite il predetto avesse effettuato operazioni di borsa o
  altro tipo di operazioni:
       d)  che si era recato a Bellinzona insieme all'avv.
  PACIFICO soltanto per accompagnare quest'ultimo, senza
  conoscere i motivi per i quali l'avvocato si era recato in
  territorio elvetico (cfr. pagina 78/81 - interrogatorio del
  03.06.96).
      Nell'agosto del 1996 Dionigi RESINELLI, dirigente della
  Società Bancaria Ticinese di Bellinzona (Svizzera) - istituto
  di credito in ordine al quale questo Urncio aveva già
  inoltrato richiesta di assistenza giudiziaria internazionale
  per conoscere quali e quanti rapporti bancari fossero lì
  accesi a nome di indagati del presente procedimento penale -
  veniva in Italia (Sardegna) per trascorrere le ferie.  Lo
  stesso veniva convocato da questa A.G. quale persona informata
  sui fatti ed a seguito dell'atteggiamento assunto nel corso
  del predetto atto istruttorio veniva richiesta ed ottenuta
  dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania una misura
  cautelare per il reato di cui all'articolo 371 bis c.p..
  Nuovamente interrogato ammetteva l'esistenza di rapporti tra
  l'istituto di credito e l'avvocato PACIFICO, nonché
  l'esistenza di conti correnti accesi da Renato SQUILLANTE e
  Filippo VERDE (cfr. allegato n. 53)
      In data 21.11.1996 il Giudice per le Indagini Preliminari
  di Perugia, su richiesta della Procura, emetteva un ulteriore
  provvedimento cautelare nei confronti del magistrato (cfr.
  allegato n. 54).  Nuovamente interrogato (21.11.1996), soltanto
  in questa sede ed a seguito della contestazione delle
  deposizioni rese da Dionigi RESINELLI ammetteva di essere
  titolare di un conto estero, fornendo spiegazioni inadeguate
  se non addirittura risibili.  Sul punto si fa rinvio agli
  interrogatori in atti trasmessi dalla Procura di Perugia (cfr.
  allegato n. 52).
      Anche l'avvocato PACIFICO, interrogato dai P.M. di
  Perugia in data 22.11.1996 (cfr. allegato n. 55), ammetteva di
  essere a conoscenza di un conto in Svizzera di VERDE
  precisando che:
       a dire del magistrato le somme accreditate sul conto
  svizzero derivavano da compensi per arbitrati;
 
                             Pag.20
 
       in due occasioni aveva ricevuto in Italia, somme di
  denaro contante (400 e 150 milioni) dal magistrato e che
  tramite un corriere aveva fatto accreditare le somme sul conto
  estero;
       era stato delegato ad operare su questo conto dal
  magistrato.
      A seguito delle dichiarazioni di RESINELLI la Procura di
  Perugia inoltrava apposita richiesta di assistenza giudiziaria
  alla A.G. elvetica, all'esito della quale veniva identificato
  il conto corrente denominato "MASTER 811" acceso da Filippo
  VERDE presso la Società Bancaria Ticinese di Bellinzona.
  Documentazione che la Procura di Perugia trasmetteva a questo
  Ufficio ai sensi dell'articolo 371 c.p.p..
      Considerato che - come risulta dagli atti - su tale conto
  vi è altresì la delega ad operare a favore di Attilio PACIFICO
  e che questo Ufficio già dal 14.03.1996 aveva richiesto per
  rogatoria l'accertamento delle consistenze patrimoniali nella
  disponibilità di PACIFICO Attilio (ivi compresi i conti sui
  quali questi era delegato ad operare), documentazione identica
  a quella trasmessa dalla Procura di Perugia è pervenuta a
  questo Ufficio anche dalla A.G. elvetica in esecuzione della
  richiesta rogatoriale sopra specificata.
      Dall'esame dei documenti relativi conto svizzero risulta
  che:
       1. il numero di conto è "11606.00", denominato "MASTER
  811";
       2. è stato acceso in data 30.04.1991;
       3. i beneficiari sono VERDE Filippo e la moglie CAPPETTA
  Anna Maria:
       4.  PACIFICO Attilio era delegato ad operarvi.
      I movimenti di rilievo del conto corrente sono i seguenti
  (cfr. all.to n. 56"
  Accrediti.
        il conto, aperto in data 30.04.91, ha registrato in
  data 02.05.91 un accredito di 500.000.000 di lire (valuta
  06.05.91);
        un versamento di 246.000 franchi svizzeri (pari a circa
  280 milioni di lire) è stato eseguito in data 31.05.1994,
  verosimilmente per contante.
  Addebiti.
       bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire
  50.400.000;
       bonifico a Chiasso ABN AMRO BANK - c/c OKAPI pari a lire
  50.500.000;
  Versamento di 500.000.000 di lire (02.05.91).
       Il conto corrente è stato aperto con il versamento di
  500.000.000 di lire.  La contabile trasmessa dalla Società
  Bancaria Ticinese in relazione a questo conto corrente non
  riporta alcuna indicazione in ordine alla provenienza della
  somma.
 
                             Pag.21
 
      Questo Ufficio nell'ambito del presente procedimento
  penale ha inoltrato numerose richieste di assistenza
  giudiziaria internazionale rivolte anche alla autorità
  giudiziaria elvetica, all'esito delle quali sono pervenuti
  documenti bancari in data 24 luglio 1997.
      Dall'esame delle predette carte si è potuto ricostruire,
  almeno in parte l'articolata operazione finanziaria che si è
  conclusa, tra l'altro, con il versamento di 500.000.000 di
  lire sul conto di VERDE.  L'operazione bancaria in questione,
  pur apparendo allo stato prescindere dai movimenti bancari dei
  quali è stata riscontrata attinenza con la vicenda
  IMI/ROVELLI, è tuttavia dimostrativa di collegamenti tra VERDE
  e Cesare PREVITI.
      Schematicamente l'operazione in questione può così
  riassumersi: (10)
                      ...  (omissis) ...
     (10) Per ragioni espositive i fatti verranno elencati in
  progressione cronologica:
        in data 16.04.91 (valuta 18.04) sul conto corrente
  "Mercier" di PREVITI Cesare (acceso presso la Darier Hentsch
  di Ginevra) viene accreditata la somma di Lit. 1.800.000.000
  proveniente dalla Società di Banca Svizzera di Lugano;
        in data 23.04.91 (val. 26.04) dal conto "Mercier" viene
  disposto un bonifico di Lit. 500.000.000 diretto alla Banca
  del Sempione di Lugano a favore del "pavoncella" di PACIFICO
  Attilio, ove viene effettivamente accreditato in data 24.04.91
  (val. 26.04).  In data 30.04.91 (val. 30.04) PACIFICO preleva
  la somma di Lit. 500.000.000;
        con ordine datato 19.04.91 (val. 19.04) dal conto
  "Mercier" viene disposto un bonifico di Lit. 500.000.000
  diretto alla Società Bancaria Ticinese di Bellinzona a favore
  del conto "771 Pavone" di PACIFICO Attilio.  Su questo ultimo
  conto l'importo viene accreditato in data 22.04.91 (val.
  22.04) nel sottoconto in lire italiane, che in precedenza
  aveva un saldo pari a zero.
          1. - Dalle disposizioni impartite da PACIFICO alla
  banca risulta chiaramente che il bonifico era stato
  preannunciato telefonicamente e che la somma doveva essere
  investita a "48h".  In pari data (con valuta 24.04) la banca
  investiva l'intera somma in un "deposito fiduciario call 48
  ore".
          2.  In data 30.04.91 PACIFICO dava disposizione alla
  banca di trasferire Lit. 500.000.000 al conto "811 master" di
  VERDE con valuta 06.05.1991.
 
                             Pag.22
 
  Addebiti di 100.000.000 di lire (settembre - ottobre
  '93).
      Significativi sono i bonifici a favore del c/c OKAPI
  presso la ABN AMRO BANK di Chiasso rispettivamente di
  50.400.000 (29.09.93) e 50.500.000 di lire (12.10.93).
      Sul punto si richiamano gli interrogatori ed i documenti
  prodotti da BOSSERT Alfredo titolare della società "OKAPI"
  (utilizzata anche in questo caso per le attività di
  spallonaggio), ed in particolare il verbale del 29.07.1997 nel
  corso del quale ha dichiarato di non conoscere VERDE e di aver
  eseguito le due operazioni su richiesta dell'avvocato PACIFICO
  ai quale ha poi consegnato l'equivalente in contanti a Lugano
  (cfr. allegato n. 31).
      Le predette operazioni sono di estremo interesse alla
  luce di quanto specificato nell'ordinanza di custodia
  cautelare della AG di Perugia a carico di VERDE (pagina 7
  della richiesta di ordinanza di custodia cautelare, richiamata
  integralmente dalla conseguente ordinanza): "appena fu
  notiziato delle indagini del SECIT, Filippo Verde pagò
  spontaneamente l'importo delle imposte evase e delle
  soprattasse che ammontava a 288 milioni di lire.  Il versamento
  fu effettuato il 23.10.93 presso l'ag. 90 della Banca di Roma,
  con denaro contante, in mazzette fascettate, estratto da una
  valigetta.  Non v'è traccia della relativa provvista in alcuno
  dei conti correnti riferibili al Verde che sono stati
  individuati nel corso delle indagini, all'esito di richieste
  rivolte a tutti gli istituti di credito operanti sul
  territorio nazionale".
      Per pagare le imposte e le pene pecuniarie VERDE ha fatto
  rientrare in Italia somme depositate all'estero pari a 100
  milioni di lire (previo un parziale disinvestimento), per il
  tramite di PACIFICO e BOSSERI.
      Dell'ulteriore somma di 188 milioni di contante nulla si
  conosce.  Il fatto che non sia stata individuata la fonte di
  tale disponibilità giustifica il sospetto che VERDE fosse
  titolare di altri rapporti bancari all'estero.
  Seconda operazione di versamento.
      A distanza di soli sette mesi (31.05.94) dal prelievo di
  cui al paragrafo precedente, sul conto "Master 811" viene
  eseguito un versamento di 246.000 FrS (circa 280 milioni di
  lire).
          3.  In data 02.05.91 la banca provvedeva in primo
  luogo a rimborsare il deposito fiduciario (val. 06.05) e
  quindi a bonificare la somma a favore del conto "811 master"
  con valuta 06.05.91 come da disposizioni impartite da
  PACIFICO.
      A margine si evidenzia che l'apertura del conto di VERDE
  è del 30.04.1991, data dell'ordine impartito da PACIFICO la
  cui esecuzione è stata differita di qualche giorno per poter
  liquidare il deposito fiduciario.
        in data 08.05.91 (val. 06.05) dal conto "Mercier" viene
  registrato un ulteriore bonifico di Lit. 250.000.000 diretto
  alla Banca del Sempione di Lugano a favore del c/c
  "pavoncella" di PACIFICO Attilio, ove viene effettivamente
  accreditato in data 07.05.91 (val. 10.05).  In data 08.05.91
  questa somma è stata trasferita da PACIFICO a favore del conto
  "Quasar Business" acceso presso la Società di Banca Svizzera
  di Lugano, verosimilmente dello stesso PACIFICO (cfr. allegato
  n. 57).
 
                             Pag.23
 
      Preliminarmente si evidenzia che non sono stati accertati
  redditi o comunque altri proventi tra la fine dell'ottobre 93
  (data in cui ha "dato fondo" a tutte le sue disponibilità
  finanziarie in Italia facendo rientrare anche somme
  dall'estero) ed il maggio 94 (data del versamento).  In
  particolare dall'ordinanza di custodia cautelare di Perugia si
  rileva che l'ultima operazione immobiliare ricondotta a VERDE
  risale al 30.01.1992 (vendita dell'immobile di via Albimonti
  in Roma).
      Nello stesso periodo del versamento sul conto "Master
  81", PACIFICO Attilio ha ricevuto i seguenti bonifici disposti
  da Felice ROVELLI per il tramite dell'avv.  Rubino MENSCH, in
  relazione la vicenda IMI/ROVELLI:
                      ...  (omissis) ...
      A seguito di rogatorie internazionali venivano acquisiti
  i documenti bancari relativi ai movimenti dei sottonotati
  Conti "Emco AG" - "Codava" e "Alvaneu Anstalt" così
  schematizzabili:
                      ...  (omissis) ...
 
                             Pag.24
 
                      ...  (omissis) ...
      Immediatamente dopo l'accredito dei bonifici di ROVELLI,
  Attilio PACIFICO ha provveduto a prelevare pari importi per
  contanti.
      Contemporaneamente a queste operazioni PACIFICO ne ha
  eseguito altre sugli altri conti correnti provvedendo ad
  esempio a bonificare a favore di BOSSERT l'equivalente di 300
  milioni (13.04 e 14.04.94 rispettivamente per 100 e 200
  milioni) per il successivo trasferimento del contante in
  Italia (cfr. allegato n. 31 - deposizione BOSSERT).
      In conclusione all'epoca del versamento sul conto "Master
  811", PACIFICO stava "distribuendo" le somme provenienti da
  ROVELLI, eseguendo tutte le operazioni con estrema accortezza,
  ossia prelevando contante dai suoi conti svizzeri oppure
  disponendo il trasferimento di contante in Italia per il
  tramite di Bossert.
      Interrogato su queste movimentazioni PACIFICO non ha mai
  inteso fornire alcuna spiegazione, soprattutto con riferimento
  alle persone destinatarie delle somme.
      In data 31.05.94 si è accertato che PACIFICO Attilio:
       soggiornava presso l'Hotel Splendide di Lugano: dalla
  ricevuta dell'albergo si rileva che ha occupato le stanze 653
  e 656 dal 29.05.94 al 31.05.94 (cfr. allegato n. 59);
       accedeva ai locali del casinò in data 29.05.94 e
  30.05.94 (cfr. allegato n. 60);
 
                             Pag.25
 
       si presentava presso la Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona in data 31.05.94 ove dava disposizione per
  l'investimento di 243.844,25 FrS in "SBC Money Market Fund"
  proprio sul conto "MASTER 811" - cfr. allegato n. 54 relativa
  contabile con specifico riferimento alle disposizioni
  d'acquisto - operazione contabilizzata dalla banca solo il
  successivo 03.06.94;
       eseguiva presso la Società Bancaria Ticinese di
  Bellinzona un versamento di 128.000 FrS accreditandoli sul c/c
  "771 Pavone", di cui era beneficiario economico lo stesso
  PACIFICO (contabile rif. nr. 36579) - (cfr. allegato n.
  61);
       verosimilmente, eseguiva anche il versamento di 246.000
  FrS sul conto "Master 811" (contabile rif. n. 36589: ossia
  solo dieci operazioni dopo il versamento di 128.000 FrS sul
  conto di PACIFICO).  La ricevuta bancaria non reca la firma di
  chi ha eseguito l'operazione.
      Tutto ciò premesso si può concludere:
       VERDE non disponeva di 280 milioni in contanti in
  Italia;
       PACIFICO non ha provveduto al trasferimento di questa
  somma verso la Svizzera.  Anche ammettendo che le dichiarazioni
  degli indagati siano vere, mai avrebbe svolto una simile
  operazione perché nello stesso periodo stava riportando somme
  in Italia e quindi avrebbe eseguito una "compensazione"
  trattenendo per sé il contante ricevuto in Italia, bonificando
  una pari somma da uno dei suoi conti svizzeri a favore di
  quello di VERDE: evitando il movimento dalla Svizzera
  all'Italia del contante di sua pertinenza e quello dall'Italia
  alla Svizzera del contante di VERDE avrebbe ottenuto altresì
  un doppio risparmio sulle provvigioni dei "corrieri";
       PACIFICO in quel periodo stava "distribuendo" la somma
  proveniente dai ROVELLI.
      A tali elementi si aggiunga poi che il conto di Filippo
  VERDE viene "creato" con una provvista proveniente dal conto
  di Cesare PREVITI coindagato nel medesimo procedimento.
      Alcune considerazioni sullo stesso tema vanno svolte
  anche circa la posizione di Renato SQUILLANTE.  Si premette che
  la natura complessiva dei rapporti intervenuti tra costui e
  gli altri indagati non richiede che esso sia stato
  specificamente retribuito per l'attività prestata a favore
  della famiglia ROVELLI.  Se è vera l'affermazione dell'ARIOSTO,
  secondo la quale costui era "a libro paga" di chi influenzava
  attraverso la corruzione decisioni di magistrati del distretto
  della Corte d'Appello di Roma, il compenso per la sua
  collaborazione non era necessariamente correlato alla vicenda
  occasionalmente oggetto della sua attenzione, ma era
  costituito appunto da una "paga", e cioè da rimesse in qualche
  misura continuative.  Che SQUILLANTE abbia ricevuto
  ingentissime somme di denaro è assolutamente dimostrato: al
  momento della chiusura del conto presso la Società Bancaria
  Ticinese è stato prelevato, apparentemente per contanti,
 
                             Pag.26
 
  l'equivalente di quasi nove miliardi di lire (cfr. allegato
  nr. 62), ai quali vanno aggiunti i precedenti prelevamenti per
  alimentare le fasulle operazioni di borsa di ALOISIO o il
  pagamento in nero di parte del prezzo di immobili che la
  famiglia ha acquistato (11) o per altro.  Dalla tabella che
  segue risulta come la voce "interessi" sia rappresentata da
  cifre non particolarmente elevate rispetto al capitale, e ciò
  dimostra che le disponibilità dipendono soprattutto da
  versamenti di terzi (qualunque ne sia stata la modalità)
  piuttosto che dalla remunerazione del deposito.
                      ...  (omissis) ...
      Ebbene nonostante questa premessa, vanno svolte almeno
  due considerazioni.
      In primo luogo dalla documentazione bancaria risulta un
  rapporto di conto corrente acceso dal predetto presso la Banca
  Commerciale di Lugano in data 20.1.1987. La titolarità del
  conto è adeguatamente mascherata: esso è intestato a IBERICA
  DEVELOPMENT SA, l'amministratore della società e del conto è
  tale avv.  Rubino MENSCH, e soltanto da un fogliettino
  manoscritto, intitolato "Promemoria interno" e datato
  18.2.1987, si apprende che avente diritto economico del conto
  "è il signor Renato SQUILLANTE, magistrato a Roma" (cfr.
  allegato nr. 63).  La circostanza non avrebbe particolare
  rilievo se della Banca Commerciale di Lugano non fosse
  azionista la famiglia ROVELLI e se l'avv.  MENSCH non fosse
  colui che dagli inizi degli anni ottanta cura gli interessi
  della famiglia ROVELLI.
      In secondo luogo risulta che nel periodo immediatamente
  successivo ai versamenti da parte dei ROVELLI ad ACAMPORA,
  PACIFICO e Cesare PREVITI degli oltre sessantasei miliardi di
  cui si tratta, costituenti il compenso per la complessiva
  attività di corruzione (e relative mediazioni), Renato
  SQUILLANTE ha ricevuto bonifici o versamenti in contante per
  complessivi FRS 780.000 sui suoi conti
     (11) Le vicende relative all'estinzione dei conti correnti
  esteri riconducibili a Squillante Renato nonché quelle
  relative all'acquisto di un immobile in Roma sono dettagliate
  nella misura di custodia cautelare in carcere nei confronti di
  Mariano SQUILLANTE (cfr. allegato n. 13) e nell'ordinanza del
  Tribunale della Libertà (cfr. allegato n. 15).
 
                             Pag.27
 
  correnti aperti presso la Società Bancaria Ticinese (per
  l'esattezza sono stati versati 100.000 FRS il 20 di giugno,
  425.000 FRS il 29 di luglio, 127.500 FRS il 2 e 127.500 FRS il
  3 di agosto).  Il controvalore in lire ammonta a 920 milioni e
  rotti.  Nulla si è acquisito documentalmente, al momento, in
  ordine alla provenienza e alle modalità del versamento, ma è
  significativa la circostanza che Pacifico riceve, in data
  24.6.94 850.000 FRS dai ROVELLI, e preleva o bonifica
  rispettivamente il corrispondente di 530.000 franchi il 5 di
  luglio e 127.050 franchi l'8 di luglio (cfr. allegato n.
  64).
  2 - SULLA COMPETENZA TERRITORIALE
      La competenza territoriale appartiene allo stato degli
  atti all'autorità giudiziaria di Milano sulla scorta delle
  seguenti pronunzie della Suprema Corte di Cassazione:
       1. 16.4.1996 (depositata il 23.5.1996) sul ricorso
  proposto da Renato SQUILLANTE avverso l'ordinanza 11 marzo
  1996 emessa dal G.I.P presso il Tribunale di Milano,
  relativamente al capo A (cfr. allegato n. 14):
       "La condotta offensiva, attribuita allo Squillante, come
  dirigente dell'ufficio giudiziario, consiste nella
  trasgressione sistematica del dovere di garantire a scopi
  istituzionali quella vigilanza che a lui competeva a presidio
  della legalità dell'organizzazione e dell'azione corretta dei
  componenti della medesima".
      "Ed ancora, la condotta antidoverosa ipotizzata è stata
  identificata nel piegare l'organizzazione dell'ufficio e la
  gestione del medesimo a vantaggio di un gruppo economico ("in
  quanto stabilmente retribuito perché ponesse le sue pubbliche
  funzioni al servizio degli interessi degli erogatori ...
  società aventi sede a Milano..."), in modo da far risultare
  l'ufficio stesso in un rapporto strumentale rispetto ad
  interessi estranei all'amministrazione della giustizia, e far
  apparire il proprio ruolo e quello di alcuni componenti
  dell'organizzazione giudiziaria in stretto collegamento con
  persone esponenziali del gruppo imprenditoriale".
      "In violazione dei doveri... tipici della funzione
  giudiziaria in tutti i procedimenti e in ogni altra attività
  in cui ne fosse richiesto...", avrebbe procurato al gruppo il
  favore di componenti della amministrazione della giustizia,
  ("impegnandosi ad intervenire su appartenenti agli uffici
  giudiziari... in modo da favorire le società predette...)",
  nonché determinato una credibilità diffusa di influenza di
  detto gruppo sull'andamento della giustizia in settori di
  interesse delle società".
      "Il tutto è stato addebitato allo Squillante in ragione
  di una strumentalità inquinante da costui posta in essere in
  favore del gruppo imprenditoriale costituito dalle società
  aventi sede in Milano, assecondando gli interessi delle
  società stesse secondo determinazioni, ideazioni ed una
  complessiva concertazione illecita incentrata nel luogo stesso
  di collocazione e di diffusione degli scopi delittuosi, cioè
  in Milano".
 
                             Pag.28
 
      Ciò posto, come risulta dal testo stesso dell'ordinanza
  impugnata, attraverso la stigmatizzazione indiziaria degli
  elementi utilizzati per la ricostruzione dell'intera vicenda
  (rapporti costanti e frequentazioni tra Squillante, Previti,
  Pacifico, intreccio di interessi finanziari riferibili
  all'attività delle società milanesi nonché dei su nominati,
  modalità e circostanze inerenti alle intense comunicazioni e
  motivazioni delle medesime, aderenza di un determinato
  ambiente giudiziario rispetto agli interessi del gruppo
  rappresentati da personaggi di significativo rilievo,
  interferenza nell'attività giudiziaria in corso, giacenze
  finanziarie all'estero) -, la condotta corruttiva contestata
  allo Squillante, ed ai compartecipi, va oltre alla
  individualizzazione di singoli atti formali, ed attiene al
  substrato dell'attività complessiva inerente al suo ufficio,
  caratterizzata illecitamente dalla deviazione rispetto ai
  doveri fondamentali della struttura giudiziaria".
      "Ed allora, identificato nella suddetta condotta il
  veicolo dell'offesa dell'interesse tutelato i due episodi di
  materiale dazione del denaro, indicati dal "teste",
  costituiscono solo momenti della complessiva vicenda
  corruttiva, ed assumono il più riduttivo ruolo di momenti
  satisfattivi dell'ampio disegno corruttivo dello Squillante,
  d'intesa con gli esponenti del gruppo economico di Milano".
      "Al fine di definire più puntualmente l'addebito
  corruttivo dello Squillante, questo Collegio non può
  trascurare di considerare come l'inquinamento di
  un'organizzazione, di natura professionale, quale quella
  giudiziaria, possa manifestarsi in un lento e progressivo
  condizionamento delle sue scelte rispetto a gruppi economici
  attraverso la creazione di collegamenti anomali con i suoi
  componenti verso i quali si viene a determinare un rapporto di
  "simpatia" ovvero di condivisione dei subvalori a costoro
  riferibili, sulla base di procurate occasioni di incontri, di
  regalie, di mondanità, di soddisfacimento di esigenze di
  gratificazione individuali di ogni specie.  E ciò non può non
  risultare di più agevole ed incisivo risultato ove l'attività
  possa giovarsi di un esponente, qualificato e quindi di
  vertice, dell'organizzazione stessa, potendo non solo
  "intervenire sugli altri appartenenti" dell'ufficio, non solo
  garantire una copertura di complicità, ma determinare
  motivazioni per la rimozione di ogni remora psicologica a
  livello individuale di slealtà verso l'organizzazione, nella
  commistione che il capo dell'ufficio determina tra potere
  formale, che distorce, e potere informale indirizzato alla
  cura di interessi antinomici, che nell'esercizio di quello
  dissimula".
      "Da quanto sopra, s'impone una più approfondita rilettura
  normativa delle ipotesi criminose di corruzione, tutte le
  volte che abbiamo come riferimento fatti non solo di
  mercimonio dei doveri dell'ufficio in relazione ad atti
  squisitamente formali, ma coinvolgenti la condotta in genere
  del pubblico ufficiale di favoritismo e quindi antidoverosa
  (Cass. sez. 6, 29 ottobre 1992, P.m. in proc. Riso, CED Cass.
  193821, 193822; idem, 14 marzo 1996, Varvarito); e ciò
  soprattutto quando, come nel caso in esame, la corruzione,
  investendo i doveri di base di un'organizzazione
  ("professionale", in quanto sono ad essa affidate scelte di
  valore, come le decisioni giudiziarie), comporta la
  sistematica abdicazione delle sue finalità legali, e la
  formazione di una subcultura che sostituisce quelle finalità
  con gli scopi illeciti posti a base del mercimonio
  dell'ufficio".
 
                             Pag.29
 
      "Ed il suddetto inquinamento costituiva la ragione, come
  risulta dall'ordinanza impugnata, dell'inserimento dello
  Squillante nell'assetto degli interessi del gruppo economico
  di Milano, dal quale il medesimo risultava destinatario di
  denaro ed utilità patrimoniali".
      "La localizzazione dell'accordo e quindi della relativa
  promessa di denaro e di altre utilità in Milano trova, d'altra
  parte, conferma laddove, nell'ordinanza impugnata, richiamando
  - il giudice - alcune intercettazioni ambientali di
  particolare valore indiziario (come quella del "bar Mandara"),
  viene fatto riferimento agli incontri tra lo Squillante ed i
  massimi esponenti del gruppo societario in questione, incontri
  avente ad oggetto la gestione e l'esito di affari
  economici".
      "In considerazione di quanto sopra, allo stato
  procedimentale deve riconoscersi la competenza territoriale
  dell'autorità giudiziaria di Milano, luogo di intreccio degli
  illeciti interessi e dell'accordo corruttivo.
      2. 26.6.1996 (depositata il 29.8.96) sul ricorso proposto
  da Attilio PACIFICO avverso l'ordinanza 15.5.1996 del G.I.P.
  presso il Tribunale di Milano, relativamente al capo B (cfr.
  allegato n. 17):
       "Esaminando i motivi dedotti in ordine di
  pregiudizialità logica va anzitutto disattesa l'eccezione
  diretta a contestare la competenza territoriale dell'A.G. di
  Milano".
      "Al riguardo l'impugnata ordinanza, partendo
  dall'incontestato assunto della non individualità allo stato
  del luogo di perfezionamento degli accordi corruttivi e della
  non utilità, per la dislocazione estera, del luogo di
  effettuazione dei versamenti a favore degli avvocati indagati
  (che comunque è bene aggiungere, non integrerebbe, per
  l'identità dei destinatari, la dazione consumativa della
  corruzione), e premessa quindi la necessità, per stabilire la
  competenza territoriale, di far ricorso alle regole suppletive
  di cui all'articolo 9 c.p.p., rileva la non praticabilità dei
  criteri di cui al primo e al secondo comma del citato
  articolo, in base, da un lato, all'irrilevanza del luogo della
  condotta commissiva od omissiva del pubblico ufficiale, non
  facente parte della fattispecie della corruzione, e,
  dall'altro, alla presenza di indagati aventi residenza, dimora
  o domicilio in luoghi diversi, pervenendo così alla
  conclusione della necessaria applicazione del criterio
  residuale, di cui all'ultimo comma dell'articolo 9 c.p.p.,
  della priorità di iscrizione nel registro previsto
  dall'articolo 335 c.p.p. conducente alla competenza dell'A.G.
  di Milano".
      Nel ricorso si contesta tale argomentazione in base al
  rilievo che tutti i soggetti corrotti (magistrati, funzionari
  e incaricati dello studio legale che patrocino l'IMI nella
  causa civile con i Rovelli) hanno quantomeno il domicilio in
  Roma, onde potrebbe e dovrebbe trovare applicazione nella
  specie il criterio del  forum rei,  che identifica il foro
  competente in quello di Roma, da spostarsi poi  ex
  articolo il c.p.p., per il prospettato coinvolgimento di
  magistrati appartenenti al distretto della Corte di appello di
  Roma, a quello di Perugia".
      "Nei motivi aggiunti si richiama altresì, come ricordato
  in narrativa, il criterio del reato più grave,  ex  coord.
  disp. artt. 12 e 16 c.p.p., in relazione al falso per
  soppressione che sarebbe sostanzialmente contenuto nella
  contestazione e per il quale le indagini, già chiuse con
  archiviazione, risulterebbero riaperte".
 
                             Pag.30
 
      "Le suesposte obiezioni sono destituite di
  fondamento".
      "Quanto, invero all'invocata praticabilità del  forum
  rei,  rilevasi che il riferimento ai soggetti corrotti fatto
  nel ricorso, oltre ad essere contenutisticamente lacunoso e
  inidoneo, venendo prospettata con relativa attendibilità la
  comunanza in Roma solo del domicilio dei soggetti stessi,
  laddove, come emerge palesemente dal tenore del cpv. articolo
  9 c.p.p., i criteri della residenza, della dimora o del
  domicilio vanno applicati in graduale successione fra di loro
  (v. in relazione alla medesima previsione del vecchio codice,
  Cass. 18.1.1979, Sammartino), è soggettivamente parziale,
  ricavandosi chiaramente dalla contestazione il concorso anche
  di altri corruttori (tra i quali in primo luogo gli eredi
  Rovelli), per i quali la comunanza suddetta non è dedotta (né,
  per quanto attiene agli eredi Rovelli, ravvisabile".
  "L'affermazione dell'ordinanza sulla diversità dei luoghi di
  residenza, dimora o domicilio dei vari soggetti sottoposti
  alle indagini, non può dunque ritenersi validamente confutata
  e superata dai rilievi del ricorrente".
      "Circa poi l'argomentazione facente leva sul reato più
  grave, deve senz'altro respingersi la tesi che nella
  contestazione mossa all'indagato sia sostanzialmente contenuto
  anche il reato di falso per soppressione, in riferimento alla
  sparizione della procura speciale autenticata, posta che tale
  sparizione è messa nella contestazione in alternativa
  all'ipotesi minore dell'omesso deposito, risultando così
  priva, per definizione, della consistenza della gravità
  indiziaria.  Al momento dell'emissione dell'ordinanza
  applicativa della misura peraltro, un procedimento aperto per
  il falso  de quo  era stato archiviato per obiettiva
  infondatezza della  notitia criminis  (v. ordinanza
  13.5.1996 del GIP del Tribunale di Roma, allegata sub 8 ai
  motivi aggiuntivi del ricorrente); né risulta in alcun modo
  che le relative indagini fossero state riaperte (nulla
  provando in proposito la richiesta del 29.5.96 presentata dal
  difensore dell'Acampora al GIP del Tribunale di Roma per il
  rilascio di copie degli atti relativi alla riapertura delle
  indagini nella vicenda relativa alla assenza della procura
  rilasciata dall'IMI ai propri difensori, e, in particolare,
  l'annotazione a mano ivi fatta a margine dal P.M. che riserva
  la decisione al P.M. di Milano, ormai titolare, che, anzi,
  lascia supporre la perdurante assenza di qualunque presupposto
  per la competenza, sulla vicenda stessa, della A.G. di
  Roma)".
      "Deve pertanto ritenersi correttamente individuata
  nell'ordinanza impugnata, allo stato degli atti, la competenza
  territoriale del GIP del Tribunale di Milano".
  3. - SULLE ESIGENZE CAUTELARI E ADEGUATEZZA DELLA MISURA
  RICHIESTA.
      Ad avviso di questo Ufficio sussistono le esigenze
  cautelari di cui alle lettere  a), b)  e  c)
  dell'articolo 274 c.p.p..
      Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "a"
  dell'articolo 274 c.p.p. il concreto ed attuale pericolo per
  l'acquisizione o la genuinità della prova, si può desumere
  dalle seguenti circostanze di fatto:
        dalla natura dei fatti contestati, vale a dire un
  quadro sistematico di corruttela di appartenenti ad Uffici
  giudiziari, così da sviare il corso dei procedimenti, falsando
  le decisioni giudiziarie;
 
                             Pag.31
 
        dalla vicenda della "sparizione" della procura speciale
  I.M.I., indicativa della disponibilità, da parte degli
  indagati, di soggetti in grado di operare, su loro
  disposizione, l'occultamento di importanti fonti di prova a
  loro carico;
        dalla conoscenza da parte sua e dei coindagati di
  notizie segrete o riservate sull'attività degli organi
  giudiziari;
        dalla dimostrata capacità di interferire non solo sul
  funzionamento ma persino sulla formazione dei collegi
  giudicanti.
      Peraltro risulta con chiarezza dalle indagini svolte in
  questo come in altri procedimenti che l'on.  Cesare PREVITI si
  era posto da tempo in condizione di poter inquinare le prove.
  Infatti:
        dopo la scoperta della microspia all'interno del bar
  Tombini in Roma SQUILLANTE, PACIFICO e PREVITI hanno acquisito
  notizie riservate in ordine alle presenti indagini come
  risulta anche dalle conversazioni telefoniche intercettate in
  data 19.02.1996 ore 17.50 e 17.58 tra Renato SQUILLANTE e
  Attilio PACIFICO nonché dalla relazione di servizio da cui
  emerge che mezz'ora prima delle due telefonate, Attilio
  PACIFICO si era recato presso lo studio di Cesare PREVITI
  (cfr. allegato nr. 65).  D'altro canto il fatto che fosse stato
  Cesare PREVITI a riferire a PACIFICO di "Stefania ARIOSTO" è
  stato confermato da quest'ultimo in sede di interrogatorio
  reso in data 16.03.96 al P.M. (cfr. allegato nr. 25);
        SQUILLANTE in data 12.02.96 - ore 09.52 - utilizzando
  una cabina telefonica pubblica - si è messo in contatto con il
  Consigliere di Stato Sergio Berlinguer con il quale -
  esprimendosi cripticamente - ha fissato un appuntamento.
  Sergio BERLINGUER, sentito quale persona informata sui fatti,
  anche all'esito del riascolto della conversazione intercettata
  ammetteva di essere stato sollecitato da Renato SQUILLANTE ad
  acquisire notizie negli ambienti giudiziari milanesi (cfr.
  allegato nr. 66);
        Francesco PACINI BATTAGLIA (int. 13.2.97) - (cfr.
  allegato nr. 67), persona per la quale è stato chiesto il
  rinvio a giudizio, in altro procedimento (e persona con la
  quale Cesare PREVITI ha intrattenuto rapporti di natura
  finanziaria) ha dichiarato di avere appreso dallo stesso
  Cesare PREVITI, intorno alla metà del febbraio del 1996
  (quando la notizia era ancora coperta da segreto) che Stefania
  ARIOSTO aveva reso dichiarazioni a magistrati di questo
  ufficio;
        l'on.  Cesare PREVITI ha utilizzato una o due schede
  telefoniche GSM svizzere, fornitegli da PACINI BATTAGLIA (in.
  30.7.97) "per essere più tranquillo sulle telefonate che
  faceva" (cfr. allegato nr. 67);
        il 9 e 11 luglio del corrente anno PACINI BATTAGLIA è
  stato notato intrattenersi nello stabile sito in Roma, via
  Cicerone, 60, ove tra l'altro ha sede lo studio legale
  dell'on.  Cesare PREVITI (cfr. allegato nr. 68);
      Appare evidente che se lasciato in libertà Cesare PREVITI
  ben potrà ancora gravemente interferire sul procedimento a
 
                             Pag.32
 
  carico suo e dei coindagati, al fine di impedire il corretto
  accertamento dei fatti, soprattutto se si considera che,
  secondo quanto può univocamente desumersi dalla entità dei
  versamenti con finalità corruttiva e dalla descrizione degli
  atti contrari ai doveri d'ufficio - allo stato esattamente
  identificati solo in parte - devono ancora essere individuati
  numerosi correi i quali hanno tutto l'interesse ad inquinare
  ulteriormente il quadro probatorio.
      Quanto all'esigenza cautelare di cui alla lettera "b" il
  concreto pericolo di fuga risulta dai seguenti elementi di
  fatto:
        dalla esistenza di ingenti disponibilità finanziarie
  all'estero e da una rete di rapporti con soggetti operanti
  all'estero che potranno permettergli di sottrarsi
  all'esecuzione di una eventuale sentenza di condanna;
        dalla estrema gravità - anzi ben può dirsi dalla
  inaudita gravità - dei fatti oggetto di contestazione, con
  particolare riguardo al capo B: non è dato rinvenire nella
  storia italiana (ma forse neppure in quella di altri Stati) un
  così grave episodio di corruzione in atti giudiziari, sia per
  l'entità delle somme oggetto di giudizi, sia per quelle
  versate dai ROVELLI, sia per gli organi giudicanti
  coinvolti.
      Quanto alla esigenza di cui alla lettera  c)  la
  stessa è desumibile:
        dall'inserimento di Cesare PREVITI in un ampio contesto
  di corruttela e come tale criminoso e criminogeno con
  manifestazioni delinquenziali durate almeno dal 1988 al 1994 e
  riguardanti anche magistrati al vertice di uffici
  giudiziari:
        dal perdurare di legami originati o caratterizzati
  anche da rapporti illeciti con pubblici ufficiali e dalla
  conoscenza di altrui illeciti con conseguente grave
  possibilità di ricatto;
        dalla possibilità di perpetrare per tali motivi ed ai
  fini di inquinamento probatorio ulteriori reati della stessa
  specie.
      Non risulta ed anzi va all'evidenza escluso che il fatto
  sia stato compiuto in presenza di una causa di
  giustificazione, di non punibilità, e che sussistano cause di
  estinzione del reato o della pena irrogabili.  In
  considerazione della particolare gravita dei fatti e della
  pena edittale stabilita per il reato di cui al capo
  d'incolpazione, si ritiene non possa essere concessa dal
  giudice la sospensione condizionale della pena.
      Le predette esigenze cautelari, in considerazione della
  loro particolare natura ed intensità, non possono essere
  adeguatamente soddisfatte da una misura diversa dalla custodia
  cautelare in carcere, poiché tali diverse misure presuppongono
  tutte la previsione della leale e spontanea sottomissione alle
  prescrizioni imposte agli indagati dall'Autorità giudiziaria,
  ma ciò appare da escludere nel caso concreto, stante il
  giudizio negativo sulla personalità, caratterizzato dal
  reiterato ricorso alla corruzione nei confronti di
  appartenenti ad uffici giudiziari, con violazione di ogni
  regola deontologica ancor prima che penale.
 
                             Pag.33
 
  4. - SULLA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE.
      Con la legge costituzionale n. 3 del 29.10.1993 è stato
  modificato l'articolo 68 della Costituzione, che indica i casi
  in cui è richiesta autorizzazione al compimento di atti nei
  confronti di parlamentari.
      Data la mancata conversione di numerosi decreti legge
  attuativi dell'articolo riformato, non è intervenuta alcuna
  modifica delle disposizioni precedenti in ordine ai tempi e
  alle modalità della richiesta di autorizzazione.  In
  conseguenza risulta tuttora applicabile (nelle parti non in
  contrasto con il nuovo testo della norma costituzionale)
  l'articolo 343 c.p.p., secondo il quale, "fino a quando non
  sia stata concessa l'autorizzazione, è fatto divieto di
  disporre il fermo o misure cautelari personali nei confronti
  della persona rispetto alla quale è prevista l'autorizzazione
  medesima".
      Ritiene in conseguenza questo Ufficio che la richiesta di
  autorizzazione debba precedere il momento della decisione del
  giudice sulla richiesta di applicazione della misura cautelare
  e che, stante la lettera degli articoli 343 e 344 c.p.p.,
  competente a richiedere l'autorizzazione sia il Pubblico
  Ministero.
      Contestualmente - e per il caso di accoglimento totale o
  parziale da parte del GIP della richiesta di misura cautelare
  - si richiede altresì l'autorizzazione ad eseguire l'ordinanza
  di custodia in carcere o altra di minore gravità.
      In ogni caso ci si rimette all'eventuale diversa
  indicazione della Camera dei Deputati o di sue articolazioni
  circa le modalità che dovranno essere seguite.
      La normativa in vigore non prevede la necessità di far
  precedere la richiesta da altre attività non previste
  dall'articolo della Costituzione, in particolare tendenti a
  consentire al parlamentare di svolgere eventuali difese prima
  che il Parlamento sia investito di una decisione di tanto
  rilievo.  Tuttavia, più di una circolare è stata emanata per
  sottolineare l'opportunità che il parlamentare venisse
  informato della pendenza del procedimento a suo carico per
  rendergli possibile la facoltà di presentarsi spontaneamente a
  svolgere, ove lo ritenesse, le sue difese.  Argomenti di logica
  elementare portano a ritenere che tale opportunità non sia
  venuta meno con la modifica della disposizione costituzionale,
  nonostante che nessuno dei vari decreti legge emanati per
  l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, poi decaduti
  per mancanza di tempestiva conversione in legge, prevedesse un
  simile incombente.  Pare ovvio, infatti, che il parlamentare
  debba essere messo al corrente della pendenza del procedimento
  perché, ove lo ritenga e ne abbia la possibilità, presenti gli
  argomenti a sua difesa attraverso una presentazione
  spontanea.
      L'incombente è stato ampiamente assolto nel presente
  procedimento con riferimento sia al primo che al secondo capo
  della rubrica.  Il suo nominativo, infatti, è stato iscritto
  nel registro delle persone sottoposte alle indagini
  preliminari rispettivamente in data 6.9.95 per il primo capo e
  10.5.96 (ma a far data dall'8.5.96) per il secondo capo: per
  il primo capo è stata notificata all'on.  Cesare PREVITI in
  data 18.3.96, e per il secondo capo è stata notificata in data
  12.12.96 la richiesta di proroga delle indagini preliminari,
 
                             Pag.34
 
  che tiene luogo dell'informazione di garanzia (cfr. allegato
  n. 69).  Peraltro l'on.  Cesare PREVITI ha partecipato, tramite
  i suoi legali di fiducia, quanto al capo  a),
  all'incidente probatorio consistito nell'esame di Stefania
  ARIOSTO (cfr. allegato nr. 2), e risulta essere informato nel
  dettaglio degli addebiti mossigli in ordine ad entrambi i
  capi, perché ciò emerge con chiarezza dalla sentenza 16.1.1997
  del Tribunale federale della Confederazione elvetica (cfr.
  allegato nr. 70).  La sentenza decide una serie di opposizioni
  alle richieste di assistenza giudiziaria che questa procura ha
  rivolto all'autorità giudiziaria svizzera in data 14.03.96,
  19.03.96, 25.03.96, 26.04.96, 20.05.96, 21.05.96, 23.05.96,
  04.06.96 e 08.04.97 (le richieste di assistenza giudiziaria,
  che descrivono ampiamente i fatti, sono allegate alla presente
  - cfr. - allegato nr. 71).  Ebbene, dalla sentenza risulta che
  l'on.  Cesare PREVITI ha impugnato la decisione (e, il
  23.10.96, ha presentato nuove osservazioni), argomentando
  ampiamente, e ciò presuppone l'esatta conoscenza dei fatti
  oggetto del procedimento.
      Risulta dunque che l'on.  Cesare PREVITI era da tempo a
  completa conoscenza dei fatti oggetto della presente
  richiesta, e quindi in grado, ove avesse voluto, di esercitare
  la facoltà della presentazione spontanea per sostenere
  eventuali difese (cfr. allegato nr. 66).
                           P. Q. M.
  chiede l'autorizzazione, nei confronti di Cesare PREVITI,
  Deputato al Parlamento:
        per questo Ufficio a formulare al Giudice per le
  indagini preliminari presso il Tribunale Ordinario di Milano
  richiesta di applicazione della custodia cautelare in
  carcere;
        per il Giudice per le indagini preliminari
  eventualmente ad emettere ordinanza di custodia cautelare in
  carcere o altra minore misura;
        per questo Ufficio e gli organi di polizia giudiziaria
  che saranno delegati ad eseguire l'eventuale ordinanza
  applicativa della misura.
                               Il Procuratore della Repubblica
                                Dr. Francesco Saverio Borrelli
                                Dr. Gerardo D'Ambrosio,  agg.
                                 Dr. Gherardo Colombo,  sost.
                                  Dr. Francesco Greco,  sost.
                                D.ssa Ilda Boccassini,  sost.
                               Dr. Piercamillo Davigo,  sost.
 
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