| Onorevoli Deputati! - La presente proposta di legge di
iniziativa popolare si propone due scopi: inserire
concretamente nella legislazione italiana quegli interventi di
"riduzione dei rischi e dei danni" che la Conferenza nazionale
di Palermo ha sancito essere la nuova strategia di intervento
in materia di droga e creare i presupposti legislativi per la
legalizzazione delle droghe leggere.
E' necessaria una breve premessa prima di procedere
all'identificazione di proposte concrete di intervento di
riduzione dei danni. La legge attuale, soprattutto dopo le
modifiche introdotte dall'esito referendario, lascia ampio
spazio per interventi di questa natura, e anche per altri
interventi anche più sperimentali (vedasi il comma 2
dell'articolo 72 del testo unico approvato con decreto del
Presidente della Repubblica n. 309 del 1990). La scelta di
trasferire in una proposta di legge queste iniziative deriva
dalla realtà dei nostri servizi e dalla persistente
impermeabilità di molti fra gli operatori pubblici ad
iniziative di diversa natura: già ieri (prima, cioè, del
referendum) chi ha voluto, ha potuto realizzare
interventi di vera politica di riduzione del danno, anche
utilizzando finanziamenti nazionali.
Queste scelte non si sono diffuse in parte per motivi
culturali, in parte per la natura del modello dei servizi
sanitari fino ad oggi operanti.
Una corretta politica di riduzione dei danni deve fare
riferimento ad alcuni criteri base che, in qualche modo,
devono essere richiamati nel testo di legge. In
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particolare si
deve ricordare che il complesso di interventi definiti come
"politiche di riduzione dei danni" è di natura principalmente
sanitaria. Ha come scopo quello di ridurre al minimo i danni
derivanti dall'abuso e dall'uso delle sostanze psicotrope tra
coloro che queste sostanze usano e nella società, prescindendo
dall'obiettivo fino ad oggi considerato prioritario
dell'astinenza totale dall'uso di queste sostanze.
Da questa prima considerazione ne derivano altre due
fondamentali:
a) è necessario tenere separati il mercato dei
derivati dalla cannabis da quello dei derivati
dall'oppio;
b) è necessario garantire la massima
diversificazione degli interventi offerti alle persone
tossicodipendenti, pubblici e privati, che abbiano come
criterio fondamentale quello della risposta ai problemi
individuali della persona tossicodipendente, senza scelte
univoche buone per ciascuna situazione (vedasi uso delle
sostanze sostitutive).
Da queste premesse derivano i seguenti interventi
specifici:
1) riforma dei servizi per le tossicodipendenze (SERT)
affinché si prevedano unità di strada, servizi di pronta
accoglienza delle persone tossicodipendenti attive (anche in
collaborazione con il privato sociale), distribuzione di
siringhe monouso, preservativi, ed ogni altro materiale e
informazione di prevenzione delle malattie infettive. Se
questi nuovi servizi fossero ben organizzati e diffusi sul
territorio e fosse garantita l'assistenza urgente nel pronto
soccorso, la previsione dell'apertura 24 ore su 24 potrebbe
essere cancellata. La riforma dei SERT deve prevedere anche
una profonda riforma sul reperimento, formazione e
aggiornamento del personale, che dovrà comprendere figure
professionali nuove rispetto a quelle già presenti. C'è,
inoltre, l'esigenza di modificare il decreto ministeriale del
10 dicembre 1991 affinché le discipline "organizzazione dei
servizi sanitari di base" e "neurologia" siano considerate
equipollenti a quella istituenda di "medicina delle
farmacopee". Quest'ultimo aspetto perché molti dei più
preparati medici che operano nei SERT sono oggi inquadrati in
quelle discipline e per effetto del decreto citato non possono
accedere ai nuovi ruoli istituiti pur avendo importanti
esperienze alle spalle;
2) previsione della libertà di scelta da parte della
persona tossicodipendente sia della terapia che della
struttura alla quale accedere;
3) introduzione nella farmacopea nazionale delle
sostanze stupefacenti;
4) esplicita previsione della possibilità di avviare
programmi sperimentali di distribuzione controllata di eroina
per determinate fasce di consumatori;
5) abolizione delle competenze del Ministro per gli
affari sociali nel settore delle tossicodipendenze e creazione
di una Agenzia nazionale organizzata su base regionale, con
sede principale presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, con compiti di coordinamento degli interventi
afferenti a ciascun Ministero. L'Agenzia deve avere fra i suoi
compiti principali quello dello studio e verifica
dell'efficacia dei diversi interventi pubblici e privati nel
settore;
6) sempre nell'ambito dell'Agenzia deve essere
predisposto un monitoraggio sull'uso delle sostanze
sostitutive. Uso non più soggetto alla scelta preventiva di un
organismo centrale, ma soggetto al controllo dei risultati
sulla base di protocolli d'uso definiti;
7) riforma dell'Osservatorio, che diventerebbe parte
dell'Agenzia. Massima trasparenza e pubblicizzazione sui dati
rilevati e sul rilevamento degli stessi. Creazione di un
Comitato scientifico dell'Osservatorio aperto ai
rappresentanti delle regioni e delle maggiori organizzazioni
non governative;
8) creazione di uno sportello di informazione alle
organizzazioni non governative
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presso ciascuna delle sedi
regionali dell'Agenzia; non solo per fornire informazioni
direttamente alle persone interessate ma anche e soprattutto
per fornire documenti, atti normativi, informazioni specifiche
ai servizi pubblici e privati ed alle associazioni;
9) legalizzazione della produzione, commercio e uso dei
derivati dalla cannabis. L'uso terapeutico dovrebbe
essere già possibile ai sensi del comma 2 dell'articolo 72 del
citato testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica n. 309 del 1990;
10) esplicita previsione di interventi di riduzione dei
danni all'interno delle carceri e delle caserme.
Questa proposta di legge di iniziativa popolare,
coerentemente con la storia e le ragioni della proposta
antiproibizionista, vuole porre con determinazione la
questione dei diritti e del diritto. Gli antiproibizionisti,
con la loro principale associazione politica - il CORA
(Coordinamento radicale antiproibizionista) -, in questi anni
di iniziativa politica, hanno cercato di far crescere un
rapporto tra Stato e cittadino fondato su leggi ragionevoli e
non violente, secondo i fondamenti dello Stato di diritto,
affermando il principio che non c'è crimine se non c'è
vittima. E su questo principio, riconosciuto universalmente
come la premessa di una buona legge, deve essere posto il
limite invalicabile dell'intervento dello Stato anche nella
lotta alla droga. Lo Stato non deve e non può avere alcuna
facoltà di ingerenza nella sfera della vita privata, quando i
comportamenti non sono offensivi dell'altro ma riguardano solo
la vita del singolo, del modo come questi la vuole affrontare
e condurre. Su questi argomenti lo Stato ha diritto e dovere
di informazione (in quanto l'ambito pubblico può garantire
un'informazione corretta e imparziale), ma non può avere mai
il diritto all'ingerenza nella sfera delle libertà personali o
nelle scelte individuali di vita.
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