| dopo una premessa relativa agli atti giuridici non negoziali, nel cui
ambito vengono enucleate le partecipazioni di volonta', l' a. afferma
che soltanto le partecipazioni di volonta' del titolare del diritto
presentano caratteri omogenei e si prestano ad uno studio
sistematico. esaminata poi la dottrina tradizionale, l' a. sostiene
che, nel definire il negozio debbono essere presi in considerazione
sia l' aspetto strutturale che quello funzionale, i vizi del volere
non riguardano l' uno o l' altro profilo, ma vanno considerate
specifiche alterazioni dell' elemento soggettivo che incidono sulla
funzionalita' del regolamento negoziale. la rilevanza dei vizi del
volere va risolto sulla base della funzione esplicata dall' atto
preso in esame. passando alla rilevanza dei vizi del volere nelle
partecipazioni di volonta', l' a., dopo aver esaminato la dottrina in
argomento, afferma che se i vizi sono irrilevanti cio' e' dovuto alla
funzione specifica propria delle partecipazioni di volonta',
prendendo poi in considerazione la posizione del destinatario della
partecipazione di volonta' viziata. dopo alcune osservazioni sugli
atti di scelta e sugli atti di individuazione, per i quali proprio
dell' analisi dei profili dei vizi del volere si puo' dedurre il
carattere negoziale, l' a. tratta di quelle anomalie che determinano
l' invalidita' dell' atto, come la mancanza di capacita' di intendere
o di volere, la violenza assoluta, l' errore ostativo. l' a. conclude
affermando che per le partecipazioni di volonta' le alterazioni dell'
elemento soggettivo devono essere assoggettate a un trattamento
differenziato, poiche' mentre i vizi in senso stretto sono
irrilevanti, proprio per la funzione delle partecipazioni di
volonta', le anomalie che escludono coscienza e volonta' incidono
sull' atto rendendolo invalido.
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