| l' a. si pone alcuni interrogativi sui diritti fondamentali. in
particolare si chiede se il problema del fondamento di tali diritti
si possa considerare risolto essendo essi positivizzati dal
legislatore costituente e da quello internazionale e se si ponga il
problema di un' eventuale loro limitazione da parte di quegli stessi
legislatori. altro problema e' se sia la legge scritta a prevalere, o
se invece non prevalgano i diritti che, essendo naturali, sarebbero
superiori a qualunque norma positiva. i giuristi delle tendenze piu'
varie giungono ben presto ad affermare la priorita' della norma,
statale o sociale che sia, e a costruire il diritto soggettivo come
una semplice articolazione di quello oggettivo. una vasta corrente
filosofica giunge invece persino a negare la priorita' morale dei
diritti fondamentali. si va profilando tuttavia tra i filosofi la
tendenza di sostituire il primato del diritto soggettivo sulla legge,
nel senso di affermare la piu' ampia liberta' dell' individuo di
soddisfare qualunque suo desiderio considerando come valore supremo
l' espandersi e l' affermarsi, libero e totale, dell' individualita'.
questa corrente trae origine dall' individualismo romantico ed e'
espressa oggi dai movimenti per i c.d. diritti civili, ma ha la sua
formulazione piu' coerente nella filosofia di nietzsche. i giuristi
da parte loro, ignorando qualunque norma non positiva, hanno
praticamente avallato questo indirizzo volontaristico della filosofia
moderna. il problema e' a questo punto quello di trovare dei limiti
al diritto. l' a. si propone di trovare un limite interno alla
struttura del diritto, e lo trova nella simmetricita' specifica del
diritto soggettivo, per cui ad esso corrisponde un obbligo nell'
altro in quanto l' altro riconosce il diritto, uscendo cosi' dalla
simmetricita' generica del rapporto dominio soggezione. i presupposti
di tale concezione sono: la parita' ontologica degli esseri in
relazione; l' impossibilita' di avere soli diritti lasciando agli
altri soli doveri perche' cio' porrebbe l' uomo fuori del suo ordine
ontologico, rendendolo simile a dio; infine l' applicazione del
precedente presupposto anche al rapporto societa' individuo, in
quanto la societa' non e' che un modo dell' essere uomo.
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