| l' a., riguardo al diritto di assemblea sancito dall' art. 20 dello
statuto dei lavoratori, nota come tale normativa ponga numerosi
problemi, primo fra tutti: la legittimazione esclusiva o meno delle
rappresentanze sindacali aziendali all' esercizio del suddetto
diritto. dottrina e giurisprudenza sono univoche nel ritenere che la
convocazione spetti solo alle rapprentanze sindacali in caso di loro
avvenuta costituzione; in realta' pero' esiste una forte
problematica, offerta dalle procedure previste dalla legge per cio'
che concerne la comunicazione preventiva della convocazione di
assemblea. dalla natura di norma sostanziale o di chiusura dell' art.
28, l' a. sostiene che se l' imprenditore non consentisse il diritto
di assemblea, convocata per la costituzione delle rappresentanze
sindacali, egli lederebbe i beni tutelati ex art. 28 ed il suo
comportamento sarebbe del tutto privo di legittimazione. vengono,
inoltre, esaminati i criteri di valutazione delle clausole che
regolano il diritto d' assemblea: riguardo alle "modalita'
ulteriori", di cui parla l' art. 20 dello statuto, l' a. nota che con
cio' non si vuol togliere all' autonomia privata la possibilita' d'
intervento, ma cio' che il legislatore ha riconosciuto alle
rappresentanze sindacali non puo' essere a loro stesse sottratto
dall' autonomia collettiva. in caso di violazioni di modalita', l' a.
nota come gli unici rimedi consentiti, cioe' il risarcimento del
danno e l' eccezione d' inadempimento, siano incapaci di realizzare
la loro funzione nei rapporti di massa in generale, e quindi anche
nel sindacato. l' a. nota, infine, i limiti che puo' incontrare il
diritto di assemblea, e quanto siano irrilevanti ai fini di tale
diritto le vicende del rapporto individuale di lavoro, come la
sospensione.
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