| l' a. sostiene che il comune intento delle parti non sia un elemento
essenziale del contratto, cosi' come lo e' l' accordo; analizza
inoltre la rilevanza del comportamento delle parti, e conclude
sostenendo che sia necessaria non la mera ricerca dei contegni ed
attivita' coincidenti con la conclusione del contratto, ma piuttosto
attribuire rilievo a tutta una serie di attivita' precedenti e
successive all' accordo contrattuale. secondo l' a., infatti, il
procedimento ermeneutico si esplica in due fasi: nella prima l'
interprete deve riordinare storicamente il fatto arricchito del
comportamento complessivo dei contraenti, nella seconda esaminare il
materiale per derivarne la regolamentazione specifica. l' a. nota
come la dottrina distingua le regole ermeneutiche in norme di
interpretazione soggettiva ed oggettiva, e sostiene che anche se tale
distinzione risulta superata, e' tuttavia necessario aver chiara la
relazione intercorrente tra le norme che svolgono un ruolo
ricostruttivo del fatto e quelle che si riferiscono alla
qualificazione dello stesso. l' a. esaminando, infine, le c.d. regole
logiche di interpretazione, non concorda con quella dottrina secondo
cui tutte le norme che disciplinano il procedimento di ermeneusi
contrattuale, salvi gli artt. 1368 e 1370, conterrebbero solo regole
logiche e non giuridiche. tali regole, continua l' a. o si pongono in
contraddizione con il sistema legale, e quindi non potranno essere
giuridicamente riconosciute, o risultano coincidenti con le regole
espresse dall' ordinamento e quindi superflue.
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