| L' A. prende lo spunto dall' argomento della programmazione, oggetto
del Convegno, per porre in discussione tutto il sistema istituzionale
e per criticare talune ripartizioni di competenze, o, come egli
stesso dice, "di poteri" tra Stato e Regioni. Prima di stabilire cosa
e' la programmazione economica e quali rapporti debbano stabilirsi
tra Stato, Regioni e altri (eventuali) livelli di governo e di
pianificazione, l' A. si chiede cosa sia la Regione, ritenendo non
facile rispondere a questa domanda, in quanto la Regione non
rappresenta una realta' ben definita, e le regioni, dove sono state
istituite hanno assunto contenuti diversi in epoche diverse; nel
nostro Paese hanno avuto ed hanno tuttora caratteri diversi nelle
differenti parti del Paese. Afferma, quindi, che non si puo' porre un
problema di programmazione economica globale negli stati a struttura
regionale, proprio perche', avendo scelto l' ordinamento regionale,
bisogna concretamente affermare anche che non si poteva fare alcun
genere di programmazione. A suo parere il problema che si pone, prima
di parlare di programmazione, e' quello della riforma istituzionale
delle regioni e degli altri livelli di governo locale; principale
oggetto della polemica e' il sistema di ripartizione delle competenze
fra stato e regioni, tra regioni e altri livelli di governo locale,
in quanto sistema ibrido, che ripete quello che e' il principale
difetto dell' amministrazione italiana, ordinata per competenze, "per
poteri", non per compiti, e queste competenze sono divise fra diversi
enti e strutture amministrative; di qui nascono problemi di
coordinamento pressoche' irrisolvibili.
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