| Il codice di rito penale vigente prevede un sistema normativo
articolato, volto a disciplinare i termini massimi di custodia
cautelare, in esecuzione della direttiva n. 61 della l. 81/1987
(legge delega); cio' non ha impedito, in ossequio ad un principio di
adeguatezza degli strumenti giudiziari alla complessita' indagativa
specifica di ogni fascicolo, l' introduzione, nello stesso corpo
legislativo, di un punto flessibile: la discrezione concessa al GIP,
in ordine al potere di deroga della durata ordinaria della misura
coercitiva. Nel silenzio normativo, per quanto attiene alle forme da
rispettare per compiutezza di contraddittorio, si ritiene sufficiente
la notifica al difensore della richiesta di proroga inoltrata dal
P.M., unitamente all' avviso di fissazione d' udienza, con termine
dilatorio di giorni tre dalla data stabilita. L' emissione del
provvedimento di proroga di cui all' art. 305, comma 2, c.p.p., e'
condizionata dalla sussistenza di gravi esigenze cautelari, in
rapporto ad accertamenti istruttori particolarmente complessi.
Condivisibile l' orientamento espresso dal giudice di Lucca, che
ritiene l' equivalenza allo scopo, dei canoni prognostici di cui all'
art. 274 c.p.p.; al contrario, sottolineando il collegamento
funzionale tra gli accertamenti di particolare complessita' e le
esigenze di cautela, si restringe il richiamo alle sole esigenze di
cui alla lett. a) dell' art. 274 c.p.p., supponendo la coincidenza
tra lo spirare del termine di cui all' art. 292 lett. d), c.p.p., e
la scadenza del termine massimo di custodia cautelare.
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