| Nell' attuale problematica legata al dibattito sulle riforme
istituzionali, un posto di sicuro rilievo occupa la questione
relativa alla ridefinizione dei rapporti tra Magistratura e poteri
dello Stato. Rapporti questi che denunciano oggi evidenti esigenze di
"raggiustamento" che si riconducono al rapido mutare delle dinamiche
istituzionali che, in questo momento, caratterizzano, piu' in
generale, l' evoluzione del nostro sistema. A riguardo, particolare
interesse riveste il profilo della relazione Cons. Sup. Mag.-ministro
di Grazia e Giustizia, di recente ripropostasi all' attenzione
generale in occasione della sentenza con la quale la Corte
Costituzionale ha risolto il conflitto che ha visto i due organi per
la prima volta contrapposti nella rivendicazione di competenze, loro
attribuite dalla legge istitutiva dell' organo di governo della
Magistratura (sentenza della Corte Costituzionale n. 379 del 1992).
L' interesse nasce, in particolare, dal ruolo, inaspettatamente
"forte", che la sentenza della Corte finisce per assegnare al
ministro, aprendo una prospettiva che impone una piu' generale
riconsiderazione degli equilibri istituzionali che hanno fino ad oggi
caratterizzato, al vertice, il sistema giustizia. E cioe', da un
lato, il rapporto tra Cons. Sup. Mag. e Capo dello Stato, quale
presidente del collegio, e, dall' altro, il collegamento tra il
Consiglio medesimo e il Parlamento.
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