| (Sommario: L' imposta sul patrimonio nasce prima di quella sul
reddito. Possiamo rinvenirne qualche traccia nella classica Grecia e
nell' antica Roma; si diffuse in epoca medievale; ritorno' di moda
tra i due secoli. Dopo la meta' degli anni '50 trova applicazione nei
maggiori paesi europei e anche la Comunita' economica caldeggia un
progetto di imposta sul patrimonio. Ma inutilmente. Negli Usa la
proposta incontra avversioni. Il Rapporto Meade del 1978 immagina l'
imposta patrimoniale a complemento di un' imposta sulla spesa. Luigi
Einaudi che partecipo' ai lavori della commissione Meda, contribui'
ad enunciare il progetto per l' unificazione delle varie imposte
reali sul reddito, in un' unica imposta con caratteristiche di
personalita'. Nel dopoguerra abbondarono le discussioni sull'
introduzione della patrimoniale e si fece qualche tentativo concreto
che forni' risultati efficienti. Ma, forse per questa ragione,
vennero abbandonati. Il dibattito odierno prevede due gruppi di
proposte: da un lato le imposte speciali degli enti locali sui
patrimoni immobiliari, dall' altro imposizioni, nella forma di tasse
o tributi locali, commisurate a valori immobiliari. Con alcune delle
proposte contenute nel libro bianco del 1980 si riscopriva il
principio del beneficio a livello locale chiamando a pagare chi si
avvantaggia dei servizi e delle infrastrutture. La specialita' dell'
imposta va contestata perche' regressiva, sia rispetto al reddito che
al patrimonio; ne' la regressivita' puo' essere attenuata immaginando
larghe esenzioni, come quelle proposte. Diversi studiosi di
estrazione liberale hanno manifestato interesse per un' imposta
ordinaria, generale, e reale sul patrimonio, soprattutto perche'
costituisce un incentivo all' uso migliore dei patrimoni. La base
impositiva dovrebbe comprendere sia il capitale fisico che quello
finanziario, individuando sistemi di incentivazione a dichiarare
valori quanto piu' prossimi a quelli di mercato, e rinunciando al
catasto)
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