| TIZIANA VALPIANA. Presidente, penso che una dichiarazione
di voto dopo due anni di dibattiti quasi quotidiani in
Commissione e in aula, ma soprattutto nei partiti e nel
sociale, rischi di essere un passaggio meramente formale,
perché ormai le posizioni sono ben chiare e ben definite e le
argomentazioni di ciascuno di noi sono state ribadite più
volte.
Credo che la posizione contraria a questo testo da parte
di Rifondazione comunista non sia sfuggita a nessuno, ma prima
di addentrarmi nelle motivazioni che ci spingono ad esprimere
voto contrario,
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ritengo doverosi i ringraziamenti alla relatrice Signorino,
il cui impegno oso definire eroico. Credo che, se abbiamo
parlato per centodieci anni di legge Crispi, forse nei
prossimi centodieci anni qualcuno parlerà di legge Signorino.
Vorrei anche ribadire il comportamento attento della ministra
su questa proposta di legge durante tutto il suo iter; anche
se dovrebbe essere dato per scontato l'impegno di un ministro
nell'approvazione di un provvedimento, in realtà non sempre è
così.
Credo anche che vadano riconosciuti lo sforzo ed il lavoro
di tutti, indistintamente, i membri del Comitato ristretto che
hanno lavorato ad un progetto grande ed ambizioso, che avrebbe
avuto, a nostro avviso, tutte le potenzialità per ridisegnare
il ruolo e la gestione del sistema dei servizi sociali nel
nostro paese. Tale progetto, però, per una serie di ragioni
che cercherò di elencare, non riesce ad ottenere il risultato
che si prefiggeva e, soprattutto, io credo non ribadisca con
forza che la dimensione privata dei progetti sociali che
incide poi direttamente sulla definizione dei rapporti sociali
e tra i generi è un problema squisitamente pubblico.
Secondo noi questo testo allarga l'ambito degli interventi
senza invece aumentare a sufficienza le risorse complessive
investite per garantirli e nega così, di fatto, il principio
di universalità dei diritti sociali fondamentali.
L'altro aspetto che non ci convince è che vengono
orientate le priorità su misure minime aleatorie di
integrazione del reddito - pensiamo al reddito minimo di
inserimento, mentre Rifondazione comunista ribadisce il
concetto di salario sociale - e su interventi marginali di
contrasto alla povertà. Quello che ci trova maggiormente
discordi è che vengano, di fatto, dismessi molti servizi
pubblici, privatizzando la maggior parte dei servizi sociali
alla persona.
Il testo che oggi viene sottoposto al nostro voto, secondo
noi, rinuncia definitivamente alla funzione redistributiva
dello Stato e credo che questo aspetto sia venuto via via
aggravandosi durante il percorso per realizzare un sistema
ispirato al principio della sussidiarietà che individua un
vero e proprio mercato del lavoro, con tutto il corollario (mi
riferisco, per esempio, ai buoni-servizi, che rappresentano
una misura che non possiamo assolutamente condividere).
In questo modo il testo al nostro esame contribuirà,
delegando la gestione dei servizi al privato, a dissolvere la
carica realmente innovativa e di alternativa al mercato con
cui le realtà del terzo settore si erano presentate nel
sociale per ridurle ad un'imprenditoria sociale, cioè ad
imprese che offrono servizi a basso costo, a tutto vantaggio
del mercato e, molto spesso, a spese dei soci lavoratori oltre
che degli utenti.
L'aspetto che ci trova più fortemente critici è che in
questa proposta di legge non viene definito un quadro di
diritto all'assistenza sociale: non si definiscono diritti
certi ed esigibili su tutto il territorio nazionale, mentre la
nostra proposta di legge e tutti gli emendamenti che avevamo
presentato andavano proprio nel senso di definire l'assistenza
sociale come diritto socialmente esigibile. Allo stesso modo
le attività di assistenza non vengono definite obbligatorie
per legge, non si individuano gli organi di governo obbligati
a garantire tali prestazioni né i destinatari delle attività
stesse. Il testo, di fatto, rimanda a piani sociali nazionali,
a piani di zona l'indicazione dei livelli essenziali delle
prestazioni, dei criteri e delle priorità, delle linee guida a
cui si ispirerà il sistema, ribadendo in questo modo che
l'assistenza non è un diritto, ma una prestazione
discrezionale, definita sulla base delle compatibilità
economiche.
In più - questo è stato ribadito molte volte - vengono
rilasciate ampie e plurime deleghe al Governo su aspetti
primari: penso, per esempio, al riordino degli assegni e delle
indennità per invalidità civile; penso alle IPAB, di cui
abbiamo ampiamente parlato questa mattina; penso all'articolo
16 che ribadendo, ancora una volta, l'importante ruolo della
famiglia nel tappare i buchi della mancanza
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dei servizi conferma - ahinoi - un ruolo della donna che
pensavamo del tutto superato.
Rifondazione comunista riteneva indispensabile - lo si
capisce bene da quanto ho detto finora - che fossero
individuati i soggetti che hanno diritto alle provvidenze, che
fossero definite precisamente le responsabilità pubbliche
nella programmazione, nella gestione e nell'organizzazione dei
servizi obbligatori garantiti, che fosse definito il rapporto
tra i soggetti pubblici che devono rimanere titolari della
funzione ed i soggetti privati che gestiscono i servizi
sociali alla persona attraverso l'individuazione di requisiti
essenziali, inderogabili e validi su tutto il territorio
nazionale.
Ci sembra, inoltre, assolutamente insufficiente il
riconoscimento del ruolo di promozione svolto dai cittadini e
dalle loro organizzazioni nei confronti degli enti pubblici
titolari della responsabilità di garantire il diritto
all'assistenza.
In questa legge viene ribadito il merito della
concertazione, che viene esteso anche ai servizi, con il
risultato di imbrigliare il conflitto sociale, coinvolgendo
organizzazioni sindacali, terzo settore e utenti nella
programmazione e gestione dei servizi. In questo modo,
sicuramente, verranno attutiti il dibattito ed i diritti.
Il nostro voto contrario - cerco di riassumere - deriva
dal fatto che il testo licenziato è esattamente il contrario
della proposta di Rifondazione comunista di welfare
territoriale, nella quale proponevamo che le autonomie
territoriali fossero il centro di autogoverno politico del
territorio e che le forme di autorganizzazione sociale
arricchissero e non sostituissero il sistema pubblico. Secondo
noi, invece, in questo testo lo Stato dismette la sua funzione
sociale ed il forte ruolo nella ridistribuzione della
ricchezza, delegando eccessivamente funzioni che dovrebbero
essere proprie.
Detto questo, considerato che le nostre proposte e i
nostri emendamenti sono stati in larga parte respinti, il
nostro voto contrario appare scontato. Tuttavia, proprio per
ribadire la nostra volontà di migliorare e di lavorare
fattivamente su questo provvedimento, siccome esso dovrà
essere esaminato dal Senato, che ha tutto il diritto, ancora
una volta, di affrontare questi temi con un dibattito serio ed
approfondito (pensiamo che tale provvedimento non possa essere
approvato entro la fine dell'anno), annuncio che Rifondazione
comunista sta predisponendo e presenterà tra qualche giorno
una proposta di legge, avanzata dalle regioni, consistente in
un articolo unico, affinché il fondo nazionale per le
politiche sociali per l'anno 2000 venga ripartito tra le
regioni in modo da assicurare la prosecuzione, anche nel
momento di "vacanza" del testo in esame, dell'attività in atto
e delle prestazioni previste dalle leggi vigenti. Considerata
la poca fortuna che i nostri emendamenti hanno avuto durante
questi due anni di discussione, mi auguro che almeno tale
proposta di legge che salvaguarda gli stanziamenti di
quest'anno venga approvata (Applausi dei deputati del
gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).
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