| DINO SCANTAMBURLO. Signor Presidente, colleghi, a
conclusione di un confronto così ampio, approfondito e
produttivo, svolto prima in Commissione e poi in Assemblea, a
nome dei deputati del gruppo dei Popolari e
democratici-l'Ulivo, nonché dei deputati dei gruppi dell'UDEUR
e misto-Rinnovamento italiano, intendo esprimere soddisfazione
in quanto si conclude positivamente alla Camera l'iter di
un'importante riforma politica e sociale che riguarda una
parte non secondaria del nostro Stato sociale, ciò che è stato
costruito negli scorsi decenni dallo Stato e da sostanziali e
positivi contributi
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forniti da ispirazioni culturali e politiche, cattoliche e
laiche, e che, accanto a così significativi innalzamenti
compiuti in materia assistenziale e sanitaria, occupazionale e
previdenziale, ha registrato e registra una spesa sociale di
70-80 mila miliardi annui; tale spesa, con il passare del
tempo, si è rivelata anche piuttosto frammentata, di tipo
categoriale, riparatorio o risarcitorio, certo non pienamente
adeguata ai bisogni sociali di oggi, che sono mutati per i
cittadini, in quantità e qualità, in misura così rilevante.
Oggi, ad ogni bisogno sociale corrisponde una serie di
risposte che variano, nel nostro paese, secondo l'età della
persona, il suo tipo di disagio, il territorio comunale e
regionale nel quale risiede, la sensibilità dei singoli
amministratori, la pressione ed il peso di ciascun gruppo
sociale o categoria organizzata.
Noi voteremo a favore di questo provvedimento perché con
esso ci si prefigge di superare la concezione di semplice
assistenza e beneficenza che Crispi fece regolamentare nel
1890 e perché si intende promuovere l'effettiva
autosufficienza della persona e la solidarietà fra i gruppi,
in linea con le tendenze fortemente emergenti nella società,
all'interno della quale si sta rafforzando la presenza del
privato sociale. Mi soffermerò, seppure brevemente, su alcuni
concetti cardine della legge.
Non parliamo più di assistenza nel senso tradizionale e
consolidato, ma di un sistema integrato di interventi e di
servizi sociali. Il sistema che vogliamo attivare richiede di
porre al centro la persona, le persone, le famiglie, partendo
dai loro bisogni complessivi per fornire risposte quanto più
organiche e complete. Il sistema richiede la compresenza e
l'intreccio di soggetti che hanno responsabilità e di soggetti
esecutori. Richiede la presenza e l'intreccio di funzioni
diverse ma regolate e complementari, di risorse umane,
progettuali, organizzative e finanziarie che concorrano
unitariamente alla soddisfazione dei bisogni della persona. Il
fatto che si parli di integrazione delle funzioni sanitarie,
di quelle del lavoro, della formazione professionale con
quelle sociali evita, poi, il rischio di interventi settoriali
parcellizzati e con efficacia parziale!
La tendenza forte ad organizzare dei servizi sociali e a
non prevedere la mera erogazione di contributi in danaro,
qualifica le prestazioni ed eleva il livello e l'efficacia
degli interventi.
Un secondo concetto è quello dell'universalità dei servizi
essenziali, come pure dei soggetti fruitori.
Ci sono, a nostro avviso, dei diritti soggettivi esigibili
per ciascuna persona; sono i diritti di cittadinanza sociale,
che vanno garantiti ai cittadini come vengono garantiti
quelli, pure fondamentali, per la salute e per l'istruzione.
Ciò non comporta alcuna riduzione per i soggetti destinatari
degli interventi stabiliti dall'articolo 38 della Costituzione
come taluno, con insistenza e in maniera fuorviante, ha
ritenuto. In un sistema più ampio e più mirato di interventi e
di servizi, chi è in condizioni di particolare bisogno, non
potrà non venire soddisfatto con particolare attenzione e con
priorità entro quel sistema integrato ed articolato che
comunque si rivolge alla generalità dei cittadini.
Il tema della sussidiarietà intreccia il ruolo del
pubblico e quello dei comuni, in particolare con quello del
privato-sociale. Mentre diciamo di no all'idea di uno Stato
centralista e titolare esclusivo dei servizi, condividiamo
invece l'idea di uno Stato che, quale regolatore, chiama a
concorrere alla programmazione e alla gestione dei servizi i
soggetti del terzo settore, del volontariato, del
privato-sociale e del privato accreditato. In tale contesto, i
comuni, titolari delle funzioni di programmazione e di
gestione dei servizi per le proprie comunità, sono chiamati a
dare ampio spazio sia ai soggetti sociali aventi storia e
tradizione di volontariato e di gratuità nel donarsi, sia alle
strutture attive nel sociale che non perseguono obiettivi di
lucro e di quelle che lo perseguono, ma che erogano servizi di
qualità e di sicura efficacia. Così facendo, la partecipazione
dei cittadini alla programmazione e alla gestione dei servizi
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diviene più concreta ed efficace perché avviene a livello di
comune e di distretto e contribuisce a rinsaldare il senso di
responsabilità, le relazioni sociali, la stessa efficacia dei
servizi.
Non ci pare confutabile la posizione in base alla quale lo
Stato e l'ente locale devono svolgere un ruolo fondamentale,
anche se mai esclusivo, per assicurare quel sistema di servizi
essenziali e omogenei per ciascuna persona che, se fosse
affidato a logiche liberiste e di mercato e di pura
competizione, lascerebbe a margine le persone meno dotate e
meno capaci.
Un riconoscimento dovuto è assegnato dalla legge alla
famiglia, importante istituto sociale definito e tutelato
dalla Costituzione; un istituto da sostenere in particolare
nei suoi nuovi oneri e responsabilità! La famiglia, singola e
associata, ha titolo per partecipare sia alla formazione della
domanda e al controllo dei servizi offerti, sia all'offerta di
interventi e di servizi sociali evidenziando che una quota
annuale delle risorse è da destinare agli anziani non
autosufficienti per favorirne l'autonomia e la permanenza a
domicilio e per sostenere la famiglia nell'assistenza
domiciliare. La legge affronta opportunamente anche la
questione delle IPAB (l'abbiamo visto poche ore fa). Queste
importanti istituzioni non aventi scopo di lucro sono inserite
nella rete dei servizi (quelle di natura socio-assistenziale),
mantengono l'autonomia statutaria, amministrativa e gestionale
e rendono trasparente e attiva anche per nuovi servizi la
gestione dei patrimoni. Questi appartengono alle IPAB che
devono utilizzarli anche in modo più controllato e fruttifero
per migliorare la rete e la qualità dei servizi attivati per i
propri assistiti o per aggiungerne di nuovi. Come abbiamo
detto, nel caso di scioglimento - qualora le relative tavole
di fondazione o gli statuti non prevedano il soggetto
destinatario - i patrimoni saranno assegnati alle altre IPAB
del territorio e, in subordine, ai comuni. Qualcuno sostiene
che la legge è ambiziosa; in parte lo è, ma come può non
cercare di essere lungimirante e di ampie prospettive una
legge quadro che incide così tanto sul nostro Stato sociale,
sulla ridistribuzione più equa e garantita degli interventi e
su una ricomposizione delle grandi voci della spesa sociale?
Servirà una cultura adeguata per gli amministratori, anche per
quelli regionali e locali, capace di assicurare dignità,
spazio e risorse a quegli interventi e a quei servizi sociali
che, accanto agli interventi infrastrutturali tradizionali,
costituiscono oggi bisogni sempre più estesi e veri del
cittadino per conferire dignità e pienezza al suo vivere
personale e relazionale in modo da combattere i nuovi fattori
di ingiustizia e di esclusione sociale. Lo Stato deve
concorrere con il piano nazionale e soprattutto con il fondo
sociale dotato di finanziamento certo e permanente per il
quale deve investire in progressione non facendo gravare
eccessivamente l'onere del sistema da istituire sulle attuali
limitate risorse, specialmente su quelle dei comuni
medio-piccoli.
L'onorevole relatrice, onorevole Signorino, ha compiuto un
prolungato e intelligente sforzo per mediare, per operare una
sintesi, per migliorare il testo il cui risultato è
sostanzialmente diverso da quelli delle prime stesure grazie
all'apporto fornito da moltissimi di noi e grazie alla sua
disponibilità a confrontarsi e ad accogliere tutto ciò che
andava a migliorare il testo. Anche il ministro per la
solidarietà sociale, onorevole Turco, ha dato un validissimo
aiuto pur in passaggi delicati, e lo abbiamo apprezzato. A lei
in particolare sono affidate alcune deleghe su materie
importanti.
Abbiamo contribuito a scrivere questa legge con le altre
componenti della maggioranza e con l'apporto utile e spesso
costruttivo dell'opposizione. Ci siamo impegnati in
particolare sui temi delle competenze e delle funzioni
istituzionali, sul ruolo centrale dei comuni, sul principio
della sussidiarietà per riequilibrare in base a regole ovvie,
la tendenza ad accentrare nel pubblico la programmazione e la
gestione favorendo il ruolo del terzo settore e del
volontariato attivo.
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Le politiche per la famiglia ottengono l'adeguato
riconoscimento e sostegno. Il riordino delle IPAB ci appare
equilibrato e positivo. Sono pure importanti il riordino degli
emolumenti per varie categorie, l'affermazione del criterio
dell'integrazione dei servizi, l'approccio definito per
l'assistenza agli anziani, la revisione dell'istituto del
domicilio di soccorso, la trasformazione degli orfanotrofi in
case-famiglia, la definizione delle prestazione essenziali, i
criteri di riferimento reddituale per l'accesso alle
prestazioni.
Signor Presidente, in conclusione io credo che sia da
osservare come la legge Crispi fosse stata pensare per
regolare la beneficenza pubblica nella società di fine
ottocento. In quell'epoca la cultura dei diritti sociali non
era ancora nata. L'avvento dei diritti sociali e la concezione
solidaristica dello Stato hanno via via sollecitato la
costruzione delle condizioni necessarie per renderli operanti.
La via concreta più credibile e che qualifica la spesa
sociale, è quella di realizzare reti di servizi alle persone
capillarmente diffusi. Ciò che è stato fatto in questi anni
per la salute e l'istruzione può essere fatto con una riforma
dell'assistenza sociale che dia forma ad un nuovo sistema di
servizi per le persone e per le famiglie.
La cultura cattolica socialmente avanzata, il vero
popolarismo, alcuni principi fondamentali della nostra
Costituzione, ci impegnano ad azioni coraggiose e innovative
per una maggiore equità tra popolazioni, tra sessi, tra
generazioni, attenti a non lasciare condizioni o a creare
nuove condizioni per contrapposizioni tra padri e figli, per
nuove disparità o emarginazioni, ma per costruire un
permanente patto di solidarietà tra i componenti della società
di domani.
Questo è lo spirito che abbiamo cercato di portare
all'interno della proposta e che, in larga parte, è presente.
Auspico che il Senato esamini al più presto tale testo e, con
queste motivazioni, esprimo il voto favorevole (Applausi
dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e
dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
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