| Onorevoli Colleghi! - Esaminare le condizioni che
resero necessario il varo da parte dello Stato di norme
finalizzate all'aiuto alle imprese agricole soggette ai danni
conseguenti ad andamenti climatici avversi, ripercorrendo e
analizzando la loro evoluzione, sarebbe certamente utile e
interessante, ma tali e tanti sono stati gli atti legislativi
emanati che si ritiene più opportuno richiamarli quando
necessario per un confronto storico indispensabile nell'avvio
di una fase propositiva di modifica delle leggi in vigore.
Una breve premessa per descrivere le vicende di questi
ultimi anni, per inquadrare la situazione e verificare come
realmente oggi le aziende agricole possono difendersi dalle
avversità atmosferiche è comunque opportuna.
Si può configurare l'azione pubblica in materia di eventi
atmosferici in due forme principali di intervento, che furono
già delineate con il varo della legge 25 maggio 1970, n. 364,
istitutiva del Fondo di solidarietà nazionale, e che hanno
rappresentato l'impronta su cui le successive leggi 15 ottobre
1981, n. 590, e 14 febbraio 1992, n. 185, sono state
definite:
a) gli interventi compensativi del danno subìto,
costituiti da provvidenze in gran parte a carattere
creditizio;
b) gli interventi preventivi rappresentati da
contributi alle aziende, fra loro consorziate, sulla spesa
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sostenuta per il ricorso alla polizza assicurativa e
all'installazione di impianti di difesa attiva.
I due canali di intervento rimasero in sostanza entrambi
percorribili senza particolari vincoli e a scelta dei
produttori, fino al varo della legge n. 185 del 1992, che
indirizzò con decisione l'azione pubblica a vantaggio della
difesa attiva e del sistema assicurativo, sia prevedendo una
serie di norme che direttamente privilegiavano questi
strumenti, sia escludendo le colture, dichiarate con apposito
decreto ministeriale assicurabili, dalla determinazione dei
danni subiti dalle aziende per poter accedere agli interventi
di tipo compensativo.
Le disposizioni di legge più importanti e significative
che avrebbero dovuto segnare una svolta a favore della polizza
possono così riassumersi:
1) la possibilità che nascessero altri consorzi
assicurativi oltre a quello unico che in precedenza la legge
consentiva;
2) la facoltà per i consorzi di difesa di stipulare
anche contratti a copertura di più avversità, per più
colture;
3) l'introduzione del concetto di danno di qualità,
fondamentale per il comparto frutticolo;
4) la costituzione di un Fondo per la gestione del corpo
peritale amministrato in forma paritetica dall'Associazione
nazionale dei consorzi di difesa e dai consorzi delle società
di assicurazione;
5) una forte incentivazione per il ricorso alla difesa
attiva.
Inoltre, dal 1997, cioè da quando il Ministero per le
politiche agricole non ha più decretato le garanzie oggetto
dei contratti assicurativi, ma si è limitato a definire le
colture e gli eventi ammessi all'assicurazione agevolata, si
sono create le condizioni anche per le strutture cooperative
di gestire al proprio interno, assieme ai consorzi di difesa,
forme di copertura delle produzioni dei propri associati a
carattere mutualistico-assicurativo; non solo, ma questa
scelta del Ministero ha dato la facoltà ai consorzi di
trattare nuovi tipi di convenzione per la liquidazione dei
danni più vicini alle singole realtà provinciali.
Occorre infine evidenziare due importanti atti legislativi
e una delibera dell'Autorità garante della concorrenza e del
mercato, esaminati successivamente al varo della legge n. 185
del 1992, che hanno inciso in maniera determinante
sull'operatività del Fondo di solidarietà nazionale di cui
all'articolo 1 della legge 25 maggio 1970, n. 364:
1) il regolamento emanato con decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1996, n. 324, che ha demandato ai
consorzi di difesa la competenza per le trattative con le
compagnie di assicurazione per la definizione delle condizioni
contrattuali; ha modificato, in pratica riducendolo,
l'intervento pubblico sul costo della polizza, non più
commisurato alla metà della spesa sostenuta dai consorzi di
difesa, bensì calcolato sulla base di parametri assicurativi
determinati dall'allora Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali e calcolati in riferimento alle
disponibilità di bilancio e ha, di fatto, abrogato l'articolo
9 della legge n. 185 del 1992, che prevedeva la costituzione
del Fondo periti;
2) il decreto-legge 17 maggio 1996, n. 273, convertito,
con modificazioni, dalla legge 18 luglio 1996, n. 380, che ha
ripristinato i criteri di conteggio dei danni alla produzione
lorda vendibile causati dalle avversità e calamità
atmosferiche in atto antecedentemente alla data di entrata in
vigore della legge n. 185 del 1992, ripristinando quindi
l'esclusione dal computo delle colture assicurate, e non più
di quelle assicurabili individuate con decreto
ministeriale;
3) il provvedimento definitivo dell'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, n. 4832 del 27 marzo 1997,
che ha di fatto posto fine all'attività del Consorzio italiano
assicuratori grandine (CIAG) e di conseguenza ad una
situazione per molti aspetti di carattere monopolistico del
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settore, detenendo le compagnie consorziate il 75 per cento
del mercato.
L'obiettivo della proposta di legge che presentiamo è
quello dello spostamento sostanziale dell'intervento pubblico
verso l'assicurazione, con l'obiettivo di garantire comunque
un reddito alle imprese agricole.
Si prevedono pertanto:
a) l'attivazione di un sistema che favorisca le
polizze "multirischio" e quella "globale" riconoscendo a
queste un particolare incentivo pubblico;
b) un sistema di copertura assicurativa che tenga
conto delle diversità interne all'agricoltura italiana, sia
per le diverse localizzazioni geografiche, sia per le varie
forme di organizzazione economica dei produttori;
c) un monitoraggio del rapporto sinistri-premi che
permetta di contenere il premio stesso, limitandone l'onere al
fine di renderlo compatibile anche con i costi aziendali;
d) la valorizzazione delle forme associative dei
produttori, tramite i consorzi di difesa, nelle associazioni
dei produttori, nelle cooperative, eccetera, anche per avere
più potere contrattuale nei confronti delle compagnie al fine
di contenere i costi aziendali e quindi dell'intervento
pubblico;
e) l'alleggerimento e la qualificazione
dell'intervento pubblico, assicurando un maggiore
coordinamento tra i produttori organizzati al fine di dare
agli stessi una stabilità del reddito aziendale.
L'articolo 1 della presente proposta di legge regolamenta
l'istituzione ed il funzionamento del fondo di rotazione per
interventi creditizi agevolati, denominato "Fondo di
solidarietà", comunque alternativo al sistema assicurativo.
Esso è alimentato sia da risorse pubbliche (Stato, regioni,
enti locali), sia dal rientro della quota interessi a carico
dell'utente. Gli interventi previsti sono relativi al prestito
di esercizio ed agli eventuali mutui per la ricostruzione
degli impianti. Il beneficio sul bilancio pubblico è notevole,
in quanto non occorreranno più interventi di soccorso (una
tantum a fondo perduto) e prestiti di esercizio (con
abbuono del 40 per cento), che fino ad oggi erano a carico del
Fondo di solidarietà nazionale, senza il relativo rientro.
L'articolo 6 regolamenta l'istituzione di un fondo
speciale (Assifondo) per gli interventi tramite il sistema
assicurativo ordinario o tramite forme di mutualità interna
realizzate dai produttori associati. Esso viene alimentato dal
bilancio statale, come attualmente previsto dalle leggi in
vigore. La novità è quella che, accanto a questo intervento
dello Stato, è prevista la possibilità di un sistema
integrativo a carico delle regioni e delle province autonome,
oppure a carico degli stessi produttori attraverso fondi di
mutualità interna, costituiti nelle associazioni dei
produttori, nei consorzi di difesa, nelle cooperative.
Si regolamentano, infine, le procedure di intervento e le
disposizioni finali. Anche in base alle nuove competenze
attribuite alle regioni dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, da
un lato sono semplificate tutte le procedure di intervento,
dall'altro è data la possibilità alle regioni di interventi
integrativi, che meglio possono cogliere le esigenze delle
diverse agricolture regionali.
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