| Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di una profonda
riforma dell'imposta sulle successioni e donazioni è stata da
tempo segnalata ed è ormai condivisa da larga parte degli
studiosi del settore, oltre che dai contribuenti interessati.
L'esperienza sin qui maturata ha infatti ampiamente
evidenziato le incongruenze e i difetti di un tributo che,
oltre tutto, garantisce all'erario un gettito relativamente
modesto, stimato per il 1998 in poco più di 1.400 miliardi di
lire.
In termini estremamente sintetici, si può affermare che a
favore di un'abolizione dell'imposta sulle successioni e
donazioni militano in primo luogo ragioni di carattere
generale, che attengono alla necessità che i singoli tributi
siano ispirati ai princìpi fondamentali che dovrebbero
conformare il sistema fiscale, quali l'equità del prelievo e
l'esistenza di una apprezzabile giustificazione economica,
oltre che ragioni di carattere eminentemente tecnico. Sotto il
primo profilo, occorre rilevare che qualunque forma di
imposizione fiscale che preveda aliquote troppo elevate induce
inevitabilmente i suoi destinatari ad attivarsi per
individuare le modalità e gli artifici idonei a consentirne
l'elusione. Costituisce infatti un dato comunemente condiviso
la constatazione che un'incidenza tributaria superiore alla
soglia ritenuta accettabile condiziona negativamente
l'iniziativa economica, penalizza lo spirito imprenditoriale e
favorisce la diffusione dei fenomeni dell'evasione e
dell'elusione. In effetti, sia pure soltanto da pochi anni, il
dibattito politico sembra aver colto, per l'iniziativa di
alcune forze e non certo della maggioranza, i diffusi e
crescenti segni di disaffezione da parte dei contribuenti nei
confronti di un fisco avido ed ingiusto. La domanda di una
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riduzione del carico fiscale è finalmente entrata negli
obiettivi di politica economica da perseguire in via
prioritaria, pur non essendosi ancora tradotta in specifici
provvedimenti di legge a causa delle resistenze opposte dal
Governo. Nel caso specifico dell'imposta sulle successioni e
donazioni, appare evidente che aliquote, quali sono quelle
indicate nel testo unico approvato con decreto legislativo n.
346 del 1990, che arrivano fino al 50 per cento del valore
dell'eredità, rappresentano più che un prelievo tributario una
vera e propria espropriazione. L'incidenza della tassazione
sulle donazioni appare particolarmente ingiusta nel caso in
cui gli eredi siano i figli o il coniuge del defunto; per tali
soggetti, le aliquote previste nel citato testo unico
approvato con decreto legislativo n. 346 del 1990, variabili a
seconda del valore dell'asse ereditario, partono da un minimo
del 3 per cento ad un massimo del 27 per cento. Si tratta,
comunque, di misure eccessive, di cui non si comprende la
giustificazione. In sostanza, mediante l'imposta sulle
successioni, lo Stato interferisce pesantemente in un
rapporto, qual è quello tra genitori e figli e tra coniugi,
che meriterebbe invece la massima tutela, anche sotto il
profilo patrimoniale. Paradossalmente, quindi, anziché
preservare la continuità del patrimonio formatosi all'interno
del nucleo familiare, l'ordinamento tributario vigente impone
invece un onerosissimo sacrificio che decurta pesantemente
l'integrità dell'asse ereditario. Inoltre, la tassazione
penalizza i soggetti che, assumendo comportamenti improntati
ad oculatezza e cautela, preferiscono destinare
all'accumulazione e al risparmio parte delle risorse a loro
disposizione, allo scopo di garantire condizioni di sicurezza
economica ai propri figli e al coniuge superstite, piuttosto
che caratterizzarsi per un'alta propensione al consumo. Il
trasferimento di un'eredità non ha infatti un valore meramente
economico, ma costituisce uno dei momenti più significativi
attraverso i quali si manifesta la continuità dei legami, in
primo luogo di natura affettiva, esistenti all'interno del
nucleo familiare. Con la successione si trasferisce non
soltanto un complesso di beni e di diritti, ma anche e
soprattutto il frutto di attività svolte e di sacrifici
sopportati a beneficio dei propri eredi. In una corretta
logica economica, peraltro, la tassazione dei trasferimenti a
titolo gratuito, quando non si riferisca ad atti posti in
essere per finalità elusive, non trova giustificazione, non
potendosi ritenere che il solo trasferimento sia tale da fare
emergere materia impositiva. Infatti, la tassazione dei
singoli cespiti che costituiscono l'asse ereditario non
subisce soluzione di continuità, determinandosi soltanto una
modificazione del soggetto di imposta che non è più il de
cuius, ma l'erede. Inoltre, i singoli beni che compongono
l'attivo ereditario sono già soggetti a specifica imposizione;
ciò vale in particolare per i beni immobili per i quali si
determina una amplificazione del fenomeno della cosiddetta
"doppia imposizione". Se ne deduce che l'imposta sulle
successioni si giustifica esclusivamente in base ad un
pregiudizio ideologico per cui tutto ciò che comporta un
incremento delle capacità reddituali, o meglio un
arricchimento, tanto più quando non tragga origine da un
sacrificio direttamente sopportato dal soggetto interessato,
debba essere penalizzato. Né si può affermare, alla luce dei
dati relativi al gettito derivante da tale imposta, che la
stessa si giustifichi per il fatto di garantire un flusso di
entrate consistenti all'erario. A quest'ultimo proposito, da
più parti si è ironizzato sul fatto che in Italia morirebbero
esclusivamente i poveri o quanto meno gli sprovveduti, visto
che i più previdenti provvederebbero per tempo a sistemare la
propria successione a favore degli eredi in termini tali da
ridurre l'onerosità del carico fiscale. Ciò avverrebbe in
primo luogo mediante l'occultamento di quella parte di
patrimonio che, non essendo soggetta a registrazione, sfugge a
controlli puntuali da parte degli uffici. Un secondo e forse
più significativo strumento utilizzato per sottrarsi
all'obbligo tributario è costituito dal ricorso ad atti di
liberalità, quali la cointestazione dei conti bancari, ovvero
l'effettuazione di compravendite con corrispettivi largamente
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inferiori al valore effettivo del bene. Di fronte a questi
fenomeni, che sarebbe illusorio pensare di escludere del
tutto, può risultare utile provvedere ad una attenuazione del
carico tributario, in modo da favorire l'emersione di
operazioni che altrimenti sfuggono all'erario.
La proposta di legge che si sottopone alla vostra
attenzione è appunto finalizzata a perseguire questo
obiettivo. Non si è scelta la soluzione, che in linea di
principio sarebbe apparsa più corretta, di eliminare qualunque
forma di imposizione sugli atti di successione, in
considerazione della necessità di tener conto dei vincoli di
bilancio. Allo stesso tempo, tuttavia, si è profondamente
modificato l'assetto della tassazione sui medesimi atti
mediante l'abolizione dell'imposta sulle successioni e la sua
sostituzione con l'imposta di registro. L'applicazione di tale
imposta anche agli atti successori potrebbe risultare
conveniente anche per i soggetti interessati, che dalla
registrazione dell'atto trarrebbero il vantaggio di avvalersi
di un elemento di certezza, anche nei confronti di terzi.
Occorre peraltro rilevare che, allo scopo di evitare il
ricorso a false donazioni per sfuggire all'obbligo tributario,
si prevede l'applicazione del medesimo regime anche alle
donazioni stesse, peraltro con un limitato aggravio della
misura della tassazione. Si è comunque contenuta entro limiti
ragionevoli la misura della tassazione, stante il fatto che
l'aliquota massima toccherebbe il 12 per cento. L'attenuazione
dell'onere tributario è particolarmente significativa nei
confronti degli eredi che siano figli o coniuge del defunto,
in considerazione del legame particolarmente intimo e della
necessità di preservare il patrimonio, in primo luogo
affettivo, attraverso i quali è garantita la continuità della
famiglia. In particolare, si è prevista la possibilità, per i
medesimi soggetti, di fruire di un credito di imposta
relativamente ai tributi già versati, a titolo di imposte
sulle successioni e di imposta sul registro, dal defunto
stesso nella sua qualità di erede nei confronti del coniuge.
L'ammontare del credito non può comunque essere superiore
all'imposta dovuta.
In conclusione, la proposta di legge prospetta una
revisione organica della tassazione sulle successioni e
donazioni, in termini tali da non pregiudicare le esigenze
dell'erario e, allo stesso tempo, da introdurre alcuni
indispensabili correttivi ispirati all'obiettivo dell'equità e
del contenimento della tassazione.
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