| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITA',
AI SENSI DELL'ARTICOLO 68, PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE,
NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE
nei confronti del deputato
NOVI
deputato nella XII legislatura
per il reato di cui agli articoli 81, 57- bis, 595,
primo, secondo e terzo comma, 596- bis del codice penale
e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col
mezzo della stampa, continuata e aggravata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI SALERNO
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 7 novembre 1996
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TRIBUNALE ORDINARIO DI SALERNO
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Proc. n. 2469/94/21.
N. 209/95 GIP.
Il GIUDICE
sciogliendo la riserva espressa all'udienza in data 23
ottobre 1996
OSSERVA
con querela presentata alla Procura della Repubblica di
Napoli in data 13 giugno 1994 il dottor Quatrano Nicola,
sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di
Napoli, rappresentava di essere stato vittima di una
diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa ad opera di
Novi Emiddio, redattore capo responsabile prima, e redattore
capo editorialista poi, del quotidiano Il Giornale di
Napoli, il quale in alcuni editoriali aveva adoperato
espressioni e giudizi gravemente lesivi della sua immagine di
persona e di magistrato, oltre che della sua reputazione con
l'attribuzione anche di fatti determinati quale il rifiuto
" di seguire le piste rosse di tangentopoli ".
In particolare affermava il querelante:
a).... in un editoriale del 31 marzo 1994
("Quatrano e Bassolino"), dopo avermi definito " funzionario
dello Stato addetto all'amministrazione della giustizia...
solerte frequentatore di convegni ed assemblee del PDS e di
Rifondazione comunista ", aggiungendo che sono " un
collaboratore della voce della Campania, un mensile che vende
duemila copie e che negli anni d'oro di tangentopoli era
onusto delle pubblicità delle imprese poi inquisite " mi ha
invitato a continuare le indagini con maggiore speditezza,
" soprattutto quelle che riguardano le collusioni del
PCI-PDS con i vampiri della sanità che facevano capo a
Poggiolini ", concludendo l'editoriale con un accostamento
tra me ed il sindaco di Napoli " per la fede politica
comune, ma anche per il sovradimensionamento della sua persona
e del suo ruolo " invitandomi a " fare il magistrato e a
leggere le carte ";
b) in un successivo editoriale del 18 aprile 1994
("C'è giudice e giudice") il Novi nel contrapporre le " idee
molto chiare " del procuratore della Repubblica di Napoli,
Agostino Cordova, " che ha idee molto chiare sui pentiti e
sul funzionamento della giustizia " ad alcuni suoi sostituti
procuratori, che " invece di lavorare seriamente
s'atteggiano a sociologi della politica ", definisce costoro
" poveracci, poveri residui dell'antico regime ridotti a
sproloquiare su periodici un tempo sommersi
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dalla pubblicità dei protagonisti di tangentopoli"
definendo " inquietante... l'inoperosa collusione di certi
magistrati che si rifiutano di seguire le piste rosse di
tangentopoli " nonché " la presenza nelle redazioni di
periodici dai finanziamenti tutti da chiarire di magistrati
della Repubblica ";
c) in un terzo editoriale dal titolo "Gli ultimi
lottizzati", pubblicato il 26 aprile 1994 sempre su il
Giornale di Napoli, il Novi definisce " non più
tollerabile l'incursione terroristica e provocatoria di certi
sostituti comunisti che concionano su giornaletti
sponsorizzati dalle imprese protagoniste di tangentopoli "
rappresentanti dei " settori più screditati della
magistratura " che " i residui dell'antico regime pensano
di utilizzare... per difendere quello che rimane in piedi
delle antiche consorterie partitocratiche ".
Il 14 giugno 1994 gli atti venivano trasmessi alla
Procura della Repubblica di Salerno per competenza ex articolo
11 del codice di procedura penale ed il pubblico ministero di
questo tribunale in data 9 febbraio 1995 presentava richiesta
di rinvio a giudizio del Novi perché rispondesse del reato di
cui agli articoli 81, 57- bis, 595, primo, secondo e
terzo comma, 596- bis del codice penale e 13 della legge
8 febbraio 1948, n. 47.
All'udienza preliminare tenutasi in data 23 ottobre 1996
il difensore del Novi, rilevando (e provando documentalmente)
che l'imputato era stato eletto deputato in data 13 aprile
1994 e senatore in data 9 maggio 1996 (funzione tuttora
svolta), eccepiva la nullità della richiesta di rinvio a
giudizio, essendosi promossa l'azione penale nei confronti di
un parlamentare, mentre il pubblico ministero ed il difensore
della parte offesa chiedevano separarsi gli atti e procedersi
solo in ordine al fatto diffamatorio consumatosi in data 31
marzo 1994, epoca in cui il Novi non era ancora stato eletto
alla Camera dei deputati.
Osserva il giudicante che, a seguito dell'emanazione
della legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, anche i
membri del Parlamento possono essere sottoposti a procedimento
penale senza l'autorizzazione della Camera alla quale
appartengono e nessuna sospensione del procedimento è
prevista. Ha conservato, invece, piena vigenza l'esimente di
cui all'articolo 68, primo comma, della Carta costituzionale
("I membri del Parlamento non possono essere chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell'esercizio delle loro funzioni") che ha trovato regole
applicative nel decreto-legge 6 settembre 1996, n. 466.
Occorre esaminare, quindi, se la fattispecie in esame
rientri o meno nel novero di quelle per le quali diventa
doverosa la declaratoria ex articoli 129 o 409 del codice di
procedura penale, ai sensi dell'articolo 2 nn. 1 e 3 del
decreto-legge citato. Nel caso in esame siamo certamente fuori
delle ipotesi di cui al n. 1 articolo citato, non avendo il
Novi commesso il fatto nell'ambito della attività
parlamentare. Resta da vedere, al fine della applicabilità
dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, se la
condotta del Novi possa definirsi "attività divulgativa
connessa, pur se svolta fuori del Parlamento" (n. 3 articolo
citato): a tal proposito non sembra al giudicante che possa
accogliersi l'eccezione difensiva, sul rilievo che l'attività
di editorialista del Novi
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non presentava alcuna connessione con le funzioni
parlamentari e che la condotta diffamatoria ipotizzata
dall'accusa era già iniziata in periodo precedente
all'elezione alla Camera dei deputati ed è continuata sullo
stesso tono in periodo successivo, tanto che lo stesso
pubblico ministero ha ravvisato nei fatti la sussistenza del
vincolo della continuazione ex articolo 81 del codice penale.
Tale ultima circostanza rende inopportuna, anche sotto
l'aspetto della economia processuale, la separazione dagli
altri dell'episodio delittuoso che vuolsi perpetrato in data
31 marzo 1994, per cui va respinta anche la richiesta avanzata
dal pubblico ministero e dal difensore della persona
offesa.
Il rigetto della eccezione concernente l'applicabilità
dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione impone gli
adempimenti e la declaratoria di cui all'articolo 2 nn. 4 e 5
del decreto-legge n. 466 del 1996.
PER QUESTI MOTIVI
a) rigetta l'eccezione di applicazione
dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione avanzata
nell'interesse di Novi Emiddio;
b) rigetta la richiesta di separazione degli atti
come proposta dal pubblico ministero e dal difensore della
persona offesa;
c) dispone trasmettersi copia degli atti alla
Camera dei deputati; limitatamente agli episodi di
diffamazione commessi il 18 aprile 1994 ed il 26 aprile
1994;
d) dichiara la sospensione del procedimento.
Deciso in Salerno il 30 ottobre 1996.
Il GIP
Dott. Vittorio Perillo
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| RICHIESTA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI
INSINDACABILITA' AI SENSI DELL'ARTICOLO 68,
PRIMO COMMA, DELLA COSTITUZIONE
nei confronti del senatore
NOVI
(deputato all'epoca dei fatti)
per il reato di cui agli articoli 81, 57- bis, 595,
primo, secondo e terzo comma, 596- bis del codice
penale
e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (diffamazione col
mezzo della stampa, continuata e aggravata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI PRESSO IL
TRIBUNALE DI SALERNO
E PERVENUTA ALLA PRESIDENZA DELLA CAMERA
il 7 novembre 1996
Presentata alla Presidenza il 26 luglio 1999
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Onorevoli Colleghi! - La Giunta riferisce su una richiesta
di deliberazione in materia di insindacabilità avanzata dal
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Salerno, nella vigenza di uno dei decreti-legge che hanno a
lungo regolato la materia delle insindacabilità, con
riferimento ad un procedimento penale pendente per il reato di
diffamazione col mezzo della stampa, continuata e aggravata,
nei confronti del senatore Novi, deputato all'epoca dei
fatti.
Occorre innanzitutto affrontare la questione della
competenza a deliberare. Com'è noto la questione - che si pone
essenzialmente per i parlamentari che appartenevano a una
Camera al momento del fatto e all'altra al momento del
processo - è stata oggetto di una lunga controversia
interpretativa tra coloro che ritenevano che la competenza
dovesse essere assegnata al primo e quelli che la ritenevano
spettante al secondo di tali due collegi. La questione è stata
da ultimo risolta con la sentenza della Corte costituzionale
n. 252 del 1999 che ha stabilito che la competenza spetta alla
Camera alla quale il deputato apparteneva al momento del
fatto.
Alla luce di tale sentenza la Giunta ha affrontato il
merito della questione sottoposta con la presente richiesta
nella seduta del 14 luglio 1999.
Occorre precisare fin d'ora che la richiesta concerne un
procedimento penale pendente per tre fatti-reato (legati da un
vincolo di continuazione) asseritamente consumatisi attraverso
la pubblicazione di tre articoli di giornale rispettivamente
in data 31 marzo, 18 aprile e 26 aprile 1994. Poiché il
senatore Novi, nella XII legislatura (epoca alla quale si
riferivano i fatti) aveva assunto la qualità di deputato a
partire dal 13 aprile 1994 (data della sua proclamazione), la
deliberazione della Giunta deve ritenersi riferita
esclusivamente agli episodi del 18 aprile e del 26 aprile
1994, dovendosi, viceversa, ritenere l'episodio relativo al 31
marzo occorso in un periodo nel quale l'interessato non
rivestiva la qualità di parlamentare e pertanto ipso facto
escluso dall'ambito di applicazione del primo comma
dell'articolo 68 della Costituzione.
Ciò detto, le frasi ritenute diffamatorie sono le
seguenti: nel primo editoriale il senatore Novi, dopo aver
definito il dottor Quatrano "funzionario dello Stato
addetto all'amministrazione della giustizia... solerte
frequentatore di convegni ed assemblee del PDS e di
Rifondazione Comunista", aggiungeva che il medesimo era
"un collaboratore della Voce della Campania, un
mensile che vende duemila copie e che negli anni d'oro di
tangentopoli era onusto delle pubblicità delle imprese poi
inquisite" invitandolo altresì a continuare le indagini con
maggiore speditezza "soprattutto quelle che riguardavano le
collusioni del PCI-PDS con i vampiri della sanità che facevano
capo a Poggiolini" e infine concludendo l'editoriale con un
accostamento tra il magistrato e il sindaco di Napoli "per
la fede politica comune ma anche per il sovradimensionamento
della sua persona e del suo ruolo" e invitandolo a "fare
il magistrato e a leggere le carte".
Nell'editoriale del 18 aprile 1994 il senatore Novi
contrapponeva le "idee molto chiare" del Procuratore
della Repubblica di Napoli dott. Cordova "sui pentiti e sul
funzionamento della giustizia" a quelle di alcuni suoi
sostituti procuratori che "invece di lavorare seriamente si
atteggiano a sociologi della politica", definendo altresì
Pag.3
costoro "poveracci, poveri residui dell'antico regime
ridotti a sproloquiare sui periodici un tempo sommersi dalla
pubblicità dei protagonisti di tangentopoli" e definendo
altresì "inquietante (...) l'inoperosa collusione di certi
magistrati che si rifiutano di seguire le piste rosse di
tangentopoli" nonché "la presenza nelle redazioni di
periodici dai finanziamenti tutti da chiarire di magistrati
della Repubblica".
Nell'editoriale del 26 aprile 1994 sempre su il
Giornale di Napoli, il senatore Novi definiva "non più
tollerabile l'incursione terroristica e provocatoria di certi
sostituti comunisti che concionano su giornaletti
sponsorizzati dalle imprese protagoniste di tangentopoli"
rappresentanti dei "settori più screditati della
magistratura" che "i residui dell'antico regime pensano
di utilizzare... per difendere quello che rimane in piedi
delle antiche consorterie partitocratiche".
La Giunta ha rilevato in primo luogo - anche se ovviamente
tale valutazione non è tra quelle di sua competenza - che in
entrambi gli articoli per i quali si pone la questione della
insindacabilità (gli ultimi due) non è fatta nessuna menzione
del dottor Quatrano, ma vi è un generico riferimento ad
"alcuni magistrati".
Al di là di ciò, comunque, le frasi del senatore Novi
costituiscono, con chiara evidenza, un giudizio ed una critica
di natura sostanzialmente politica su fatti e circostanze che
all'epoca erano al centro dell'attenzione dell'opinione
pubblica nonché del dibattito politico-parlamentare. Ciò sia
pure in assenza di un collegamento specifico con atti o
documenti parlamentari, che comunque deve ritenersi implicito,
attesa l'ampiezza e la diffusione che ebbe a suo tempo la
discussione tanto sugli organi di stampa quanto, in generale,
nel dibattito politico.
Per questi motivi la Giunta propone di riferire
all'Assemblea nel senso che i fatti per i quali è in corso il
procedimento concernono opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni.
Filippo BERSELLI, Relatore.
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