| Il presidente LAURICELLA informa che entro il termine
convenuto sono stati presentati, a firma del senatore
Brignone, tre emendamenti che per ampiezza e contenuti
costituiscono una proposta alternativa rispetto alla bozza da
lui presentata (seduta del 12 ottobre). Rileva che detti
emendamenti portano eccezione alla prassi parlamentare, che
non prevede, in sede di indagine conoscitiva, la presentazione
di documenti alternativi. Ritiene tuttavia che le proposte
avanzate dal senatore Brignone debbano essere ammesse, perché
rappresentano comunque un contributo al confronto. Sarà poi il
senatore Brignone a decidere se chiedere il voto sui propri
emendamenti oppure dichiararsi soddisfatto della pubblicazione
agli atti della indagine conoscitiva.
Gli emendamenti recano il seguente testo.
Sostituire la parte del documento di cui in Premessa con
le parole:
Il fatto che, alle soglie del nuovo millennio, il
Parlamento sia chiamato, nelle diverse sedi, ad occuparsi
della calamità che ha colpito il Belìce nel lontano 1968, pone
interrogativi gravi non solo sulla consistenza - scarsità o
cattivo uso? - dei fondi stanziati ma anche in ordine alla
adeguatezza della normativa ed ai comportamenti posti in
essere dai pubblici poteri, a partire ovviamente dai livelli
di governo che sono più vicini alle popolazioni
interessate.
La presente indagine conoscitiva ha pertanto lo scopo di
raccogliere documenti, notizie ed informazioni epperò
rispondere, possibilmente con cognizione di causa, a domande
che sono diffuse nella pubblica opinione, la quale - non serve
disconoscere la realtà - nutre ampie riserve circa il corretto
utilizzo dei fondi
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finora stanziati e correlativamente manifesta resistenze su
ipotesi che comportino la previsione di ulteriori
stanziamenti.
Proprio per le caratteristiche di una indagine, che ha per
oggetto un tema la cui impopolarità è portata a crescere in
via esponenziale con il trascorrere del tempo, sarebbe stato
auspicabile che i gruppi rappresentati in Parlamento, all'atto
di designare i propri candidati per la composizione della
Commissione, avessero attinto una più matura consapevolezza e
quindi favorito un approccio che, per essere dirimente e
quindi conclusivo, non può che essere nazionale. Si tratta di
una osservazione che non ha altri destinatari dei gruppi
stessi ai quali appartengono i parlamentari della Commissione,
e vuole essere solo un richiamo, obbligato ma non per questo
scontato, ai dettami di cui all'articolo 67 Cost. - il dovere
per i parlamentari di farsi carico dei problemi locali come se
fossero nazionali - che ovviamente debbono intendersi
aggravati quando si versa in materia di calamità naturale.
Brignone
Sostituire, nella parte dedicata alle Considerazioni,
l'11^ ed il 12^ capoverso, con le parole:
Detta dichiarazione, che si limitava peraltro a prendere
atto della formale imputazione ad opere infrastrutturali di
parte delle richieste avanzate dai sindaci (come era già nella
relazione del dott. Arredi), veniva assorbita da altra e più
impegnativa dichiarazione secondo cui sarebbe "ormai prossimo
il completamento della ricostruzione" tanto vero che - sempre
ad avviso di Mancurti - "non è possibile quantificare le
risorse necessarie per il completamento delle opere pubbliche,
per il motivo che gli stanziamenti ad esse destinati ammontano
a cifre ridotte, completamente sganciate da eventuali
preventivi ed inoltre parcellizzate tra i vari comuni
destinatari". L'ing. Mancurti a sostegno delle proprie
opinioni citava una relazione in data 15.3.96 del proprio
predecessore dott. Nigrelli ed inviata, su autorizzazione del
ministro pro tempore, alla commissione parlamentare per il
Belìce, relazione che anche per la data in cui era redatta
voleva essere una circostanziata replica agli addebiti mossi
all'amministrazione dei lavori pubblici dal documento
conclusivo approvato dalla commissione nella scorsa
legislatura (14 marzo 1996).
Orbene nella predetta relazione Nigrelli, che si allega
agli atti della nuova indagine conoscitiva, oltre ad
interessanti osservazioni, su cui si tornerà fra breve, circa
l'opportunità di avviare "limitatamente alle unità abitative
oltre la prima una riconversione del diritto al contributo in
indennizzo commisurato al preesistente", veniva testualmente
dichiarato:
"Considerato che il fabbisogno individuato al 1975 era di
14.902 unità di cui n.2268 a totale carico dello Stato (case
popolari) e n.12.634 a contributo (assegnazione di lotto e
contributo 100%) si può affermare che tali previsioni sono
state interamente soddisfatte nel 1986/87.
Le esigenze suddette sono state poi ulteriormente
precisate ed ampliate anche a in relazioni a nuove
disposizioni di legge che hanno ammesso la ricostruzione delle
seconde unità abitative e dei locali destinati alle attività
commerciali ed artigianali, cosicché i comuni hanno avanzato
proposta per la realizzazione di altre 10.752 prime unità
abitative e n.11.674, seconde unità abitative, o altre
destinazioni".
Naturalmente il testo può anche essere letto nel senso che
i comuni, dopo i gravi ritardi accumulatisi nel periodo
iniziale dal 1968 al 1975, siano stati indotti a dimensionare
"realisticamente" un primo gruppo di richieste sulle somme
allora disponibili nel bilancio dello Stato, e quindi abbiano
sottostimato il fabbisogno, riservandosi successivamente di
precisarlo ed aggiornarlo alla luce delle nuove disposizioni
ma anche del grado di scostamento tra il percorso della
ricostruzione e gli effettivi risultati conseguiti. Di certo
una lettura del genere racchiude importanti elementi di
verità.
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La oggettiva consistenza (e soprattutto la successione)
delle cifre - il fatto cioè che la richiesta per 14.902
abitazioni sia stata seguìta, a distanza di tempo, dalla
richiesta di altre 10.752 prime unità abitative e poi da
11.674 seconde unità abitative o destinazioni commerciali ed
artigianali - suggerisce tuttavia un'altra interpretazione che
non vale sottacere, anche perché essa è indirettamente
confermata dalla circostanza che alcuni comuni, in occasione
delle ultime ripartizioni, sono rimasti esclusi per il motivo
che non avevano fatto pervenire agli organi competenti, in
questo caso la regione siciliana, i rendiconti attestanti
l'avvenuta destinazione dei fondi per le esigenze strettamente
ricostruttive.
Il fatto che il fabbisogno, una volta soddisfatto, sia
stato più che integralmente riproposto negli anni successivi
al 1986/87, induce a ritenere realistica l'ipotesi che i
comuni - per la spinta riveniente da bisogni, individuali e
collettivi, che sono propri di territori dei meno sviluppati
del paese - abbiano impiegato, dopo una prima fase di intensa
ricostruzione, le procedure straordinarie previste per le
calamità naturali anche per sopperire ad esigenze che
avrebbero dovuto essere soddisfatte nell'ambito degli
interventi ordinari; tanto più che, man mano che avanza
l'opera di ricostruzione, diviene più difficile e quindi per
certi aspetti opinabile il giudizio su quello che ancora è di
pertinenza delle procedure straordinarie. Non a caso, come si
è appena visto, il provveditore Nigrelli aveva prospettato
l'opportunità di distinguere, proprio per evitare la
commistione di competenze, tra contributi interamente
risarcitori ed indennità "commisurate al preesistente".
In altri termini, si è venuto a creare, al di là delle
intenzioni, un meccanismo di perpetuazione del fabbisogno - al
quale ha fatto un accenno, sia pur esprimendo una
preoccupazione di ordine generale, lo stesso sottosegretario
Bargone nel corso dell'audizione conclusiva in data 9 marzo
2000 - dovuto al fatto che i comuni avanzano le richieste più
facilmente monetizzabili con le competenze ad essi
riconosciute nell'ambito delle procedure straordinarie e
successivamente lo squilibrio (anche temporale) degli
interventi, che penalizza le opere pubbliche, viene poi
invocato per alimentare una rincorsa che oggettivamente genera
effetti moltiplicativi.
Brignone
Sostituire, dal 15^ capoverso fino alla fine, con le
parole:
Ora la commisione per il Belìce, nel prendere atto delle
conclusioni della commissione d'inchiesta, deve rilevare
criticamente come dette conclusioni, che risalgono al 1981,
non siano valse a modificare, come era lecito attendersi,
comportamenti legislativi ed amministrativi, sicché la
situazione ha finito per complicarsi ulteriormente.
Si vuole dire che la devoluzione dei poteri ai comuni non
può essere giudicata acriticamente, quasi si trattasse di
soggetti autoreferenziali perché ha sì impresso
un'accelerazione ai lavori di ricostruzione, ma anche
sollevato problemi suoi propri. L'osservazione riguarda
intanto lo sbilanciamento, su cui è stata già richiamata
l'attenzione, tra i poteri in materia di ricostruzione delle
abitazioni private ed in materia di opere di urbanizzazione,
dalle quali ovviamente le prime non possono prescindere. Ma
l'osservazione principale è che la redistribuzione delle
funzioni ed il conseguente distacco di parte di esse dal
centro alla periferia, non accompagnato dal conferimento di
una reale responsabilità, come sarebbe se venisse
contestualmente stabilito, a pena di decadenza, un vincolo di
irreversibilità delle decisioni in cui si articola l'iter
della ricostruzione, porta per forza di cose ad una
dispersione delle competenze, la quale pregiudica certe
condizioni di certezza e fiducia, che possono esssere soltano
il prodotto di norme capaci di statuire binari obbligati, e
con esso la possibilità di verificare e quindi di correggere
eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi stabiliti.
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Naturalmente la maggiore responsabilizzazione degli enti
locali chiama in causa il rapporto con lo Stato centrale, per
il quale debbono valere, per la parte di rispettiva
competenza, i vincoli di cui si è parlato a proposito degli
enti locali. Si ponga mente, per fare solo un esempio, al
significato di sostanziale deresponsabilizzazione che ha
finito per assumere la presenza, all'interno delle menzionate
commissioni comunali, ancorché con voto deliberativo, di un
funzionario e di un impiegato "dell'ufficio del genio civile o
dell'ispettorato generale per le zone colpite dal terremoto",
peraltro soppresso il 1^ gennaio 1991 e sostituito con il
Provveditorato ai lavori pubblici di Palermo (il personale è
transitato però alla Regione), in rappresentanza dello Stato
centrale.
In conclusione la Commissione ritiene che la legislazione
e la prassi debbano rapidamente pervenire se non alla
eliminazione del doppio regime giuridico ad una sua
tendenziale ricomposizione, poiché le attuali separatezze
generano fenomeni di diffusa deresponsabilizzazione,
particolarmente gravi a livello locale. Le linee di questa
ricomposizione sono certo nel senso di una più decisa
responsabiizzazione degli enti locali, accompagnata o, se si
preferisce, bilanciata da un concomitante potere di controllo
capace di far valere vincoli di irreversibilità nelle
decisioni, senza l'intervento dei quali riesce difficile
immaginare si possa interrompere un meccanismo di continua
riproposizione del fabbisogno, cui sono in buona parte
imputabili le gravi disfunzioni che si sono verificate
nell'opera di ricostruzione del Belìce.
Brignone
Il senatore BRIGNONE si rende perfettamente conto che le
proposte da lui presentate recano una sostituzione di parte
cospicua ed estremamente significativa del documento proposto
dal presidente, dal momento che sono svolte valutazioni e
considerazioni molto differenti. In particolare sottolinea la
profonda differenza che intercorre nella parte conclusiva,
proprio perché a lui sembra che il documento proposto dal
presidente si ponga da un punto di riferimento più propositivo
(incline al rivendicazionismo) che conoscitivo. Vuole dire che
le proposte di ulteriore finanziamento non gli sembrano
suffragate da una base argomentativa che possa sconfiggere
nella pubblica opinione l'idea che in troppe aree del paese, e
troppo spesso nel Mezzogiorno, siano radicate forme di
vittimismo autoreferenziale.
Egli riconosce che la proposta avanzata dal presidente
contiene anche spunti che denotano sottigliezza e perspicacia
politica, tuttavia ritiene che anche per la parte relativa
alla eliminazione del doppio regime giuridico vi siano gravi
carenze propositive, dal momento che non è individuato un
meccanismo risolutivo che possa interrompere la tendenza ad
alimentare continuamente il fabbisogno.
Conclude ribadendo di essere assolutamente in disaccordo
con la proposta del presidente, e quindi su di essa il suo
voto sarà contrario. Per quanto riguarda gli emendamenti da
lui presentati, che individuano una lettura totalmente
alternativa dei documenti raccolti nel corso della indagine
conoscitiva, egli dichiara di non insistere sulla loro messa
in votazione, anche perché si rende conto che la composizione
della commissione è tale per cui sarebbe scontata una loro
reiezione.
Il senatore BARRILE sostiene che il documento non può
essere visto disgiuntamente dal documento approvato
all'unanimità nella precedente legislatura. Questo documento
sostiene, come è dimostrato dagli atti raccolti, che la
ricostruzione non è completata e quindi sono oggettivamente
richiesti per la ricostruzione ulteriori finanziamenti.
Bisogna tenere conto che la vicenda del Belìce dimostra come
sia stata la prima volta che di fronte a danni considerevoli
vi sia stata da parte dei pubblici poteri una incomprensione
profonda, tanto vero che sono stati erogati stanziamenti
infimi. Condivide pertanto il documento presentato dal
presidente, soprattutto per quel che riguarda la premessa e le
considerazioni finali. Tuttavia
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egli mantiene riserve, già manifestate nelle precedenti
sedute, che riguardano la necessità di rivedere le priorità
d'intervento, dal momento che la concertazione tra sindaci e
provveditore non ha evitato serie disfunzioni. In conclusione
vota a favore perché il documento coglie, con un atto politico
utile e importante, l'essenza dei problemi.
Il deputato RIZZA si rende conto della impopolarità del
tema, dal momento che sembra che si ricominci sempre da capo,
vista la scarsezza delle risorse a disposizione del Belìce. Si
dichiara d'accordo con il documento presentato dal presidente,
fermo restando che si tratta di un'indagine conoscitiva
destinata a raccogliere documenti e notizie ma anche a porre
nella sua oggettività il problema impellente di rivedere i
meccanismi di erogazione, facendo riferimento alla esperienza
di altre più recenti calamità naturali.
Il deputato GIACALONE ritiene di dover cogliere la
continuità tra il documento esitato nella scorsa legislatura
ed il documento presentato dal presidente. Forse si poteva
dire qualcosa di più per giustificare la richiesta di
ulteriori finanziamenti, ma non ritiene condivisibili il primo
e secondo emendamento presentati dal senatore Brignone anche
perché gli sembra di scorgere una contraddizione tra la
denuncia del meccanismo autopropulsivo, che avrebbe origine
nel comportamento autoreferenziale dei comuni, e la richiesta
di responsabilizzare ulteriormente gli enti locali.
Condivide invece parte sostanziale del terzo emendamento,
dedicato alla riforma dei meccanismi istituzionali, anche se
non ritiene coerente concludere il testo dell'emendamento con
formule di colpevolizzazione, che in sostanza fanno risalire
le disfunzioni al comportamento dei comuni.
Il deputato GERARDINI ritiene che il documento riflette,
con spirito disinteressato e quindi oggettivamente, la realtà
storica del Belìce. In particolare condivide le considerazioni
finali nella parte in cui richiedono uno sforzo conoscitivo e
deliberativo per porre fine ad una questione nazionale che si
trascina da troppo tempo. Conclude respingendo in blocco le
considerazioni del senatore Brignone e quindi si discosta su
questo punto dall'intervento del collega Giacalone.
Il senatore LO CURZIO dichiara di essere favorevole alla
proposta del presidente perché ha carattere conclusivo, si
ispira ad una visione nazionale e propone concretamente un
programma di interventi riparatori. Per converso respinge gli
emendamenti Brignone.
Il presidente LAURICELLA, prima di metterlo ai voti,
riassume la sostanza del documento, che si limita a
raccogliere e fotografare la situazione e proporre alcune
indicazioni. Sostiene che gli emendamenti presentati dal
senatore Brignone recano considerazioni inaccettabili perché
negano in buona sostanza un diritto al completamento della
ricostruzione, diritto emerso chiaramente dai lavori della
commissione i cui componenti si sono comportati non in base a
referenze territoriali ma rigorosamente nazionali.
Mette quindi ai voti il documento conclusivo che è
approvato con 10 voti favorevoli ed il voto contrario del
senatore Brignone.
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