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Testi integrali degli Atti Parlamentari della XIII Legislatura

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68
DDL0004-0002
Progetto di legge Camera n. 4 - testo presentato - (DDL13-4)
(suddiviso in 13 Unità Documento)
Unità Documento n.2 (che inizia a pag.1 dello stampato)
...C4. TESTIPDL
...C4.
RELAZIONE
ZZDDL ZZDDLC ZZNONAV ZZDDLC4 ZZ13 ZZRL ZZPR
     Onorevoli Deputati! - Attualmente, nel panorama
  scolastico italiano, alla formazione professionale di base e
  di primo livello non è riconosciuto quel valore che riteniamo
  meriti, dal momento che essa mediante un biennio formativo
  insegna ai giovani un mestiere e li prepara al mondo del
  lavoro.
     La Costituzione italiana all'articolo 1 recita: "L'Italia
  è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro".  Noi siamo
  profondamente convinti di questa premessa introduttiva agli
  articoli che raccolgono i princìpi fondamentali della nostra
  Costituzione e intendiamo la parola "lavoro" nel senso più
  ampio: non ristretto ad indicare le attività puramente
  manuali, né contenuto esclusivamente all'interno delle pur
  giuste finalità produttive ed economiche.   Riconosciamo
  pertanto doveroso l'apprezzamento espresso per una poesia, un
  racconto, un romanzo, come "lavoro" e risultato creativo della
  mente, e dell'animo della persona manifestato mediante le
  parole e gli scritti.  Valutiamo però come "fatti culturali"
  anche il fare e l'aggiustare un vestito, un paio di scarpe,
  una casa, una porta, una finestra, una sedia, un pezzo
  meccanico, un impianto elettrico o idraulico e così via, come
  l'ottenere prodotti dalle diverse attività manuali dell'uomo:
  in agricoltura come nell'artigianato, nell'industria, nel
  commercio e nei servizi.
     Essi sono sempre il frutto e la traccia di una evoluzione
  culturale superiore ed indicano "manufatti" o "fatti" espressi
  dalla mente e dall'animo umano mediante un uso intelligente
  delle mani o delle proprie
 
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  relazioni, impreziositi talvolta dalla fatica e dal
  sudore.
     Non è giusto espropriare gli operatori prevalentemente
  teorico-intellettuali del diritto di partecipare con gli altri
  loro simili alla dignità del lavoro, ma non è parimenti giusto
  escludere gli operatori prevalentemente tecnico-manuali dal
  diritto di partecipare con gli altri, esseri umani come loro,
  alla dignità della cultura.
     Di fatto la formazione professionale di base, che insegna
  un lavoro manuale, in Italia è considerata una "scuola di
  serie C" e gli attestati rilasciati non sono riconosciuti come
  curriculum  scolastico, come attestato culturale.
     Riteniamo che questa sia una ingiustizia e l'indice di una
  forzatura, poiché non viene rispettato il nostro processo e
  tempo personale di crescita, il nostro bisogno di sviluppare
  la nostra istruzione con gradualità, assecondando la genialità
  particolare che ci è stata data.  Genialità che comporta dei
  contenuti e una metodologia che privilegiano la cultura del
  fare e l'uso delle mani in aiuto alla nostra mente, secondo il
  modello esemplare (anche genetico) dei nostri genitori, i
  quali provengono nella quasi totalità dal mondo del lavoro
  tecnico-manuale ed in esso hanno operato ed operano con
  impegno e dignità non certo inferiori ad altri e dando un
  contributo produttivo non secondario alla realtà economica,
  sociale, politica e culturale della collettività, anche
  trasmettendo in eredità a noi, loro figli, i loro saperi e le
  loro attitudini tecnico-manuali.
     La pari dignità sociale di tutti i cittadini non può
  essere soltanto dichiarata nei princìpi fondamentali della
  Costituzione, ma dev'essere anzitutto pensata e sentita nella
  quotidianità e resa effettiva togliendo gli ostacoli che si
  sono strutturati nell'organizzazione della società e in questo
  caso della scuola.
     Fare questa operazione politica compete a tutti i
  cittadini e in particolare ai responsabili della cosa pubblica
  nella concretezza dei loro interventi legislativi ed
  esecutivi, attuando l'enunciato della carta costituzionale:
  "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
  economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
  l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
  della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
  lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale
  del Paese" (articolo 3, comma 2).
     Nel caso specifico l'ostacolo è prevalentemente di ordine
  sociale, per il tipo di organizzazione e di subordinazione che
  viene dato al sapere, ma anche di ordine economico a motivo
  della necessità che abbiamo di conseguire prima di altri
  nostri compagni più avvantaggiati, un lavoro remunerativo,
  senza escludere l'eventualità di riprendere in futuro gli
  studi, abbinandoli alla stessa occupazione lavorativa.
     Pertanto gli allievi dei corsi biennali di formazione
  professionale di base, assieme ai genitori e familiari e a
  quanti si riconoscono in questa posizione, inoltrano al
  Parlamento la presente proposta di legge di iniziativa
  popolare, con la quale si stabilisce che i due anni della
  formazione professionale di base dei centri di formazione
  professionale che operano attraverso le regioni vengano
  riconosciuti come anni validi per soddisfare il diritto-dovere
  all'istruzione fino all'età di 16 anni.
     Questo consentirà a tutti i giovani di formarsi anche
  attraverso un'attività di studio e un'applicazione che danno
  maggior spazio alla manualità ma che coltivano ed educano
  nello stesso tempo alla comunicazione scritta ed orale, alla
  conoscenza e all'uso dei linguaggi grafici e alla loro
  interpretazione, all'esercizio continuo del calcolo, allo
  studio e alle conoscenze tecnologiche e fisiche, alla
  conoscenza e all'uso delle strumentazioni di misura, alla
  conoscenza dei materiali e alla loro trasformazione ed
  elaborazione mediante l'utilizzo di strumenti, apparecchiature
  e macchine appropriate secondo i diversi settori formativi ed
  operativi.
     Il riconoscimento dei contenuti e delle metodologie del
  biennio della formazione professionale di base ci consentirà
  di assecondare le nostre attitudini al lavoro manuale e di non
  veder sottovalutati il nostro impegno, le nostre conoscenze e
  le nostre capacità ed inoltre permetterà,
 
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  a quanti di noi vorranno successivamente continuare gli
  studi, di iscriversi direttamente ad un ciclo superiore.
     E' da considerarsi superata ogni discriminazione e
  subordinazione gerarchica fra il sapere filosofico,
  letterario, concettuale e il sapere espresso nel fare
  manualmente e nel produrre beni e strumenti.  Discriminazioni e
  subordinazioni di questo tipo sono generatrici di una società
  non democratica ma, nella migliore delle ipotesi, divisa in
  dotti, predestinati ad essere detentori del potere, gli
  aristocratici, e in non dotti, predestinati a produrre beni e
  strumenti, i sudditi.
     Nella presente proposta di legge usiamo intenzionalmente
  l'espressione "diritto-dovere all'istruzione" e non "obbligo
  scolastico" perché riteniamo che la scuola e l'istruzione,
  nell'ottica di una sana modernità e di un autentico progresso
  umano, debbano concorrere a promuovere concretamente anche il
  principio della responsabilità, basando anzitutto su di esso
  lo stesso avvenimento educativo.  Superando cioè l'aspetto
  tradizionale impositivo dell'istituzione scuola e degli
  operatori ad essa addetti, cui tende a corrispondere un
  atteggiamento abitualmente passivo e talora reattivo ed
  oppositorio di noi destinatari dell'intervento.
     Da un rapporto autoritario, a volte oppressivo o anonimo,
  non siamo aiutati a percepirci e a comportarci come attori
  responsabili, né come fruitori di un servizio di cui abbiamo
  bisogno e pertanto ci spetta per diritto al fine di essere
  aiutati, con rigore ma nella consapevolezza e
  nell'accettazione, a raggiungere il massimo della libertà
  mediante l'educazione all'impegno e alla responsabilità
  personale nelle relazioni: coscienza dei nostri diritti,
  consapevolezza e capacità di adempiere i nostri doveri, anche
  pagando di persona.
     In questo contesto il princìpio di responsabilità, come
  luogo ove si riconoscono e si onorano i diritti e i doveri di
  tutti e di ciascuno, coinvolge anzitutto la scuola istituzione
  e i suoi operatori, i quali, con il loro lavoro e la loro
  opera, debbono contribuire a creare le condizioni perché,
  soprattutto nell'ambito dell'istruzione che ogni cittadino ha
  il diritto-dovere di avere, non solo sia soddisfatto
  formalmente tale diritto-dovere (dieci anni di frequenza), ma
  si conseguano anche, per quanto possibile, i risultati
  formativi positivi degli aventi diritto all'istruzione,
  rimuovendo gli ostacoli vari che si possono presentare o che
  possono intervenire in ordine a ciò.
     Per cui nel definire programmi, contenuti e metodologie
  non si possono predeterminare mete ed obiettivi in modo
  rigido, tali da risultare carenti per le capacità e le
  esigenze di alcuni, penalizzanti per difetto, o tali da
  risultare ardui e irraggiungibili da altri, penalizzanti per
  eccesso.
     A tale scopo all'interno della scuola deve essere favorita
  ogni forma di partecipazione che consenta di tradurre, con
  ampia e responsabile discrezionalità, nella realtà concreta
  delle singole strutture formative e, se necessario, dei
  singoli soggetti, le mete e i risultati formativi
  raggiungibili, fra quelli che, con grande ampiezza e
  altrettanta flessibilità, sono indicati nelle
  programmazioni.
     Ai giovani deve essere insegnato senza veli e reticenze
  che, specie negli anni di istruzione ai quali tutti hanno
  diritto, non si possono esigere uguali prestazioni da soggetti
  con potenzialità ricettive, operative obiettivamente diverse,
  a prescindere da valutazioni comportamentali che non sfuggono
  al moralismo se pretendono di giudicare le intenzioni e non si
  fanno carico della complessità delle situazioni soggettive dei
  singoli, da avvicinare ed interpretare senza pregiudizi e con
  l'apporto professionale di operatori psico-pedagogici che
  dovrebbero essere abitualmente presenti nella struttura
  formativa a supporto, specialmente, del personale docente e di
  tutti gli operatori.
     Un obiettivo però può e deve essere perseguito con
  particolare determinazione: far sì che ogni giovane, durante
  il suo cammino formativo e all'interno di esso, apprenda a
  stimare e ad amare la conoscenza e il sapere, sia come cultura
  del conoscere teorico che come cultura del fare, senza
  discriminazione e disparità di valutazione, a prescindere
  dalle proprie attitudini e dalle proprie scelte.
 
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     E' inevitabile che la scuola (aula, laboratorio, bottega,
  azienda) sia luogo di lavoro e perciò anche di fatica, ma non
  si deve più accettare e consentire che sia luogo e motivo di
  umiliazione e frustrazione, di emarginazione tacita o di
  discriminazione di fatto.  La fase di apprendimento e di
  formazione deve segnare un momento bello e alto della nostra
  crescita giovanile e, se impostata nel rispetto della natura e
  delle attitudini, lascerà nell'animo di tutti i giovani un
  forte richiamo a ritornare allo studio, alla conoscenza, al
  sapere, alla ricerca, alla cultura nelle molteplici occasioni
  di aggiornamento e formazione che stanno diventando e
  diventeranno sempre più frequenti, necessarie e permanenti
  nella società del futuro.
     Siamo consapevoli delle difficoltà giuridiche ed anche,
  forse, istituzionali che possono intervenire nell'obiettivo di
  armonizzare istruzione come cultura del sapere (Ministero
  della pubblica istruzione) e istruzione come cultura del fare
  (Ministero del lavoro e della previdenza sociale e regioni),
  ma siamo convinti che queste due istanze di fondo debbano
  essere condotte a sintesi unitaria e armonica anche se
  l'attuale ordinamento costituzionale prevede referenti
  istituzionali diversi.  Nulla vieta che si intervenga, se
  necessario, anche a livello di riforma costituzionale affinché
  anche lo Stato, oltre la società civile che di fatto lo ha
  preceduto, dia pari e pieno riconoscimento di servizio
  pubblico all'attività e all'impegno che gli operatori della
  formazione professionale svolgono a favore della collettività,
  senza discriminarli perché inquadrati all'interno di strutture
  diverse.
     Pensiamo che non sfugga a nessuno il fenomeno già molto
  grave e tanto elevato della dispersione scolastica e degli
  abbandoni, che debbono peraltro essere identificati,
  controllati e, per quanto possibile, recuperati con
  determinazione ed efficacia, e riteniamo che il riconoscimento
  del biennio di formazione professionale di base sia un valido
  mezzo per porre rimedio a questo male, mentre il mancato
  riconoscimento lo aggraverebbe, con il conseguente seguito di
  emarginazione, frustrazione, devianza, degrado, violenza e
  insicurezza sociale.
     Non c'è operatore sociale, tra i tanti che da anni sono
  impegnati a lavorare nel campo sempre più ampio del disagio
  giovanile, che non sia esperto e testimone di quanto, nel bene
  e nel male, possa la scuola per la crescita dei giovani,
  mediante il rapporto di istruzione e formazione che essa ha il
  compito di curare e grazie alla facoltà e potenzialità di
  controllo sociale, preventivo e positivo, che può
  esercitare.
     La scuola non può ignorare il carico già grave delle
  tensioni sociali presenti nel nostro Paese, la complessità e
  la rapidità dei processi evolutivi che interessano le moderne
  società.  Deve pertanto essere riformata con tempestività e
  flessibilità nel segno del realismo, della concretezza, della
  proposta e del rispetto di tutte le doti e capacità presenti
  nella personalità di ciascuno.
     La proposta di legge si compone di 11 articoli, intesi a
  consentire che venga riconosciuta nei fatti, ed in particolare
  nella fase importantissima dell'istruzione e dell'educazione
  di base e primaria dei giovani, la centralità del lavoro
  umano, intellettuale e manuale.
     Oltre alle ragioni molteplici espresse in premessa,
  l'articolo 1 richiama gli articoli dei princìpi fondamentali
  della Costituzione nei quali viene riconosciuta al lavoro una
  dignità basilare per lo Stato repubblicano e la democrazia.
  Per cui il medesimo articolo 1 e il successivo articolo 2
  danno al contenuto dell'intera legge il valore di un
  adempimento costituzionale atteso e dovuto.
     L'articolo 3 dà spazio e concretezza al lavoro manuale
  come saper fare con le mani, accanto al lavoro concettuale
  come capacità di elaborare ed esprimere idee attraverso
  processi di astrazione mentale, riconoscendo a questo
  abbinamento dignità e validità culturale negli apprendimenti
  basilari dei giovani, quelli cioè che essi hanno il
  diritto-dovere di soddisfare nella società di oggi.
     Sempre nell'articolo 3 si parla di diritto-dovere in base
  al principio di libertà e di responsabilità di cui è stata
  data ragione
 
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  nella premessa, superando il concetto di obbligo.
     Nell'articolo 4 sono indicati i referenti pubblici e
  istituzionali del biennio dei corsi di formazione
  professionale e di istruzione di base e viene indicata la
  modalità del loro intervento di governo.
     Nell'articolo 5 sono indicate le materie pratiche e
  teoriche di insegnamento e le modalità da seguire per gli
  organici di docenza e di non docenza.
     All'articolo 6 vengono indicate le modalità di accesso al
  biennio e all'articolo 7 si definisce il valore dell'attestato
  finale.
     Nell'articolo 8 si precisa il valore del biennio per
  soddisfare il diritto-dovere all'istruzione di base, ma si
  evidenzia, contestualmente e soprattutto, la necessità che il
  diritto trovi una risposta piena e commisurata cosicché anche
  il dovere possa essere adempiuto.
     Nell'articolo 9 sono richiamate le norme in base alle
  quali si devono svolgere gli esami finali, ma viene anche
  presa in considerazione la possibilità di offrire ad un'utenza
  più ampia, rispetto ai frequentanti, l'opportunità di
  conseguire l'attestato di "licenza di istruzione di base"
  mediante esame presso i centri di formazione professionale e
  di istruzione di base in qualità di privatisti.
     L'articolo 10 riafferma il diritto alla gratuità per i
  frequentanti.
     L'articolo 11 individua i referenti pubblici e
  istituzionali erogatori dei finanziamenti e responsabili dei
  controlli.
 
DATA=940726 FASCID=DDL13-4 TIPOSTA=DDL LEGISL=13 NCOMM= SEDE=PR NSTA=0004 TOTPAG=0011 TOTDOC=0013 NDOC=0002 TIPDOC=L DOCTIT=0000 COMM= FRL PAGINIZ=0001 RIGINIZ=011 PAGFIN=0005 RIGFIN=029 UPAG=NO PAGEIN=1 PAGEFIN=5 SORTRES= SORTDDL=000400 00 FASCIDC=13DDL0004 SORTNAV=0000400 000 00000 ZZDDLC4 NDOC0002 TIPDOCL DOCTIT0002 NDOC0002
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