| DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE
A PROCEDERE ALL'ARRESTO
nei confronti del deputato
CITO
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 317 dello stesso
codice (concussione continuata); per concorso - ai sensi
dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui agli
articoli 81 e 317 dello stesso codice (concussione
continuata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI TARANTO
l'11 novembre 1997
All'onorevole Presidente
della Camera dei Deputati
Taranto, 6 novembre 1997.
Il giudice, dottoressa B. Santella,
vista la richiesta di applicazione della misura
cautelare carceraria avanzata dal procura della Repubblica di
Taranto in data 16 ottobre 1997 nei confronti di Patella
Carlo, Panico Giuseppe, De Cosmo Gaetano e Cito Giancarlo,
indagati dei reati di cui agli articoli 110, 81, 317 del
codice penale, commessi in Taranto fino al 20 marzo 1997;
esaminati gli atti del procedimento penale trasmessi
unitamente alla richiesta, e quelli pervenuti in data 4
novembre 1997;
ritenuta la sussistenza nei confronti dell'onorevole
Cito Giancarlo di gravi in dizi
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di colpevolezza in ordine ai reati ascrittigli, e delle
esigenze cautelari di cui all'articolo 274 lettere a) e
c) del codice di procedura penale che legittimano
1'adozione della misura custodiale (vedi ordinanza di custodia
cautelare allegata);
CHIEDE
al Presidente della Camera dei deputati, onorevole
Luciano Violante, di voler avviare la procedura volta alla
concessione dell'autorizzazione a procedere all'arresto del
deputato onorevole Giancarlo Cito, nato a Taranto il 12 agosto
1945.
Trasmette unitamente alla presente:
1) ordinanza di custodia cautelare in carcere ex
articolo 285 del codice di procedura penale;
2) gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico
ministero, presentati a questo giudice, unitamente alla
richiesta di misura cautelare.
Il giudice
per le indagini preliminari
dott.ssa B. Santella
Proc. pen. n. 2432/97 R.G. P.M.
Proc. pen. n. 3892/97 R.G G.I.P.
TRIBUNALE DI TARANTO
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
ORDINANZA DI CUSTODIA CAUTELARE
(articolo 292 e seguenti del codice di procedura penale)
Il giudice dottoressa B. Santella
vista la richiesta avanzata dal pubblico ministero in
sede in data 16 ottobre 1997;
esaminati gli atti del procedimento penale n. 3892/97
R.G. G.I.P. e n. 2432/97 R.G. P.M. nei confronti di:
Patella Carlo, nato a Taranto il 30 agosto 1953, ivi
residente in via Galilei n. 20/2;
Panico Giuseppe, nato a Taranto il 7 luglio 1948, ivi
residente in via Principe Amedeo, n.68;
De Cosmo Gaetano, nato a Taranto il 3 marzo 1945, ivi
residente in via Lucania, n.5;
Cito Giancarlo, nato a Taranto il 12 agosto 1945, ivi
residente in via Elio, n. 7.
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Indagati dei seguenti reati:
Il Patella
A) del delitto di cui agli articolo 110, 81, 353,
capoverso del codice penale, perché, in concorso con altri
funzionari comunali in via di identificazione, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, con la minaccia di
ritorsioni ai suoi danni, costringeva Illiano Domenico,
gestore della ditta di traslochi di cui è titolare la moglie
Cervelli Rosa, a partecipare a gare per licitazione privata,
indette dal comune di Taranto, al cui svolgimento il Patella
era preposto nella sua qualità di responsabile dell'Ufficio
economato - Capo servizio contabile, e relative
all'aggiudicazione dell'appalto per il servizio trasporto e
manovalanza in occasione delle consultazioni elettorali
amministrative del 23 aprile 1995 di cui alla delibera del 7
aprile 1995 n. 891, ed all'aggiudicazione dello stesso
servizio in occasione delle consultazioni referendarie del
giugno 1995 di cui alla delibera del 19 maggio 1995 n. 1214,
presentando offerte tali da favorire l'aggiudicazione della
gara alla ditta Cordola.
In Taranto sino al 15 maggio 1995, data di svolgimento
della seconda gara.
B) del delitto di cui agli articoli 81, 317 del
codice penale perché, in qualità di responsabile del Servizio
economato del comune di Taranto, abusando dei suoi poteri, con
più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, induceva
Illiano Domenico, gestore di fatto della ditta Cervelli Rosa a
corrispondergli illecitamente somme di denaro per un importo
complessivo compreso tra i 15 ed i 20 milioni di lire, con la
minaccia di rallentare, in caso contrario, l'emissione dei
mandati di pagamento in favore della stessa ditta.
In Taranto sino a tutto il 1996.
Il Panico, il De Cosmo ed il Cito.
C) del delitto di cui agli articoli 110, 81, 317
del codice penale perché in concorso tra loro, il De Cosmo in
qualità di vice sindaco, facenti funzioni di sindaco del
comune di Taranto, abusando dei propri poteri, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi,
inducevano Illiano Domenico, gestore della ditta di traslochi
di cui è titolare la moglie Cervelli Rosa, a promettere e
successivamente a corrispondere loro indebitamente la somma
complessiva di lire 50 milioni, con due distinti pagamenti,
uno di venti milioni e l'altro di trenta milioni fatti
direttamente al Panico che riceveva materialmente il denaro
dallo stesso Illiano, ciò al fine di concedere alla ditta
Cervelli il rinnovo per altri due anni di un contratto
d'appalto già stipulato con il comune di Taranto per il
servizio di fornitura, manovalanza e mezzi di trasporto,
rinnovo avvenuto con delibera n. 87 del 19 gennaio 1996,
emanata dalla giunta comunale presieduta dal sindaco De
Cosmo.
In Taranto sino al 13 febbraio 1996.
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D) del delitto di cui agli articoli 110, 81, 317
del codice penale perché in concorso come sopra, il De Cosmo
in qualità di sindaco facente funzioni del comune di Taranto,
abusando dei propri poteri, con più azioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, inducevano Illiano Domenico a
promettere e successivamente a versare loro la somma di lire
30 milioni in contanti che veniva materialmente consegnata al
Panico, per garantire la effettiva esecuzione dei lavori
previsti dal contratto di facchinaggio e trasporto stipulato
tra il comune di Taranto e la ditta Cervelli in data 9
febbraio 1996.
In Taranto sino al 20 marzo 1996.
Fatti avvenuti in Taranto nelle date sopra indicate e
denunciati il 2 luglio 1997.
RILEVATO
che sussistono nei confronti degli indagati i gravi
indizi di reità che a norma dell'articolo 273 del codice di
procedura penale consentono, allo stato, la formulazione di un
giudizio di probabile colpevolezza e quindi l'applicazione
della misura cautelare. Gli stessi rinvengono dalla denuncia
di Illiano Domenico, gestore di fatto della ditta di traslochi
con sede in Taranto, di cui è titolare la moglie Cervelli
Rosa, ampiamente riscontrata sulla base della documentazione e
delle audiocassette relative a numerosi incontri avuti con
Panico Giuseppe, fornite dalla stessa parte lesa nonché
dall'esito delle indagini di polizia giudiziaria disposte
dalla procura della Repubblica in sede.
1) La denuncia.
In data 2 luglio 1997, e successivamente nel corso di due
interrogatori a s.i. resi al pubblico ministero il l7
settembre 1997 ed il 2 ottobre 1997, Illiano Domenico ha
denunciato in maniera ampia ed articolata le condotte illecite
tenute da alcuni amministratori comunali ai suoi danni,
riferendo in particolare di essere stato costretto a versare
nel corso dell'anno 1996 la somma complessiva di 80 milioni di
lire al fine di ottenere appalti pubblici. Il denunciante ha
ricostruito i rapporti di lavoro con il comune di Taranto dal
febbraio 1994, quando a seguito dell'aggiudicazione di una
gara per licitazione privata, indetta dal commissario
straordinario per il comune di Taranto il 7 ottobre 1993,
iniziò a decorrere un contratto biennale per il servizio di
fornitura, manovalanza e mezzi di trasporto, di durata
biennale, per l'importo di lire 200 milioni. Il contratto
venne stipulato dall'amministrazione eletta a seguito delle
consultazioni del novembre 1993 rappresentata dal sindaco
Cito, previa rinuncia da parte della ditta Cervelli ad un
ricorso amministrativo proposto al TAR di Lecce con il quale
si chiedeva l'annullamento di una precedente delibera che
affidava i lavori ad altra ditta. Nonostante l'efficacia del
contratto, che obbligava l'ente comunale a rivolgersi per
detti servizi alla ditta Cervelli Rosa, l'amministrazione
aveva indetto nuove gare d'appalto per i lavori da effettuare
in occasione delle consultazioni amministrative del maggio
1995 e per quelle referendarie del giugno dello stesso anno.
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Patella Carlo responsabile dell'Ufficio economato del
comune di Taranto nel tacitare le lamentele avanzate
dall'Illiano, minacciando l'ostracismo del sindaco Cito,
l'aveva indotto a partecipare ad una gara "truccata", che
venne vinta dalla ditta di trasporti Cordola, ottenendo in
cambio la possibilità di espletare solo il 30 per cento dei
lavori che gli spettavano per contratto La stessa "prassi" era
stata seguita per l'espletamento della gara per il
conferimento dei lavori in occasione delle consultazioni
referendarie; in questo caso l'Illiano era stato contattato da
Panico Giuseppe, cognato del sindaco Cito, conosciuto ad un
banchetto tenuto in occasione della prima comunione della
nipote (vedi prima parte del verbale a s.i. del 17 settembre
1997 e docc. attinenti allo svolgimento della gara, allegati
in denuncia) (capo a) dell'imputazione).
Per "sollecitare" di volta in volta l'emissione dei
pagamenti relativi ai servizi effettuati, negli anni 1995 e
1996 l'Illiano era stato inoltre costretto più volte ad
"ungere" i funzionari addetti ai vari uffici ed in particolare
il Patella Carlo. Questi all'epoca dei fatti coordinava le
attività amministrative finalizzate all'espletamento delle
gare d'appalto; dava, di volta in volta, parere al rinnovo dei
contratti agli imprenditori privati, e presiedeva
all'emissione dei mandati di pagamento in loro favore. Al
Patella l'Illiano aveva consegnato diverse somme di denaro
varianti da 1 a 3 milioni di lire per complessivi 15, 20
milioni di lire, somme che venivano versate sempre in
contanti, all'interno degli uffici comunali, nella stessa data
in cui veniva emesso il mandato di pagamento (vedi denuncia e
ultima parte del verbale a s.i. del 2 ottobre 1997) (capo b)
dell'imputazione).
Dal maggio del 1995 l'interlocutore diretto dell'Illiano,
nella vicenda relativa alla rinnovazione del contratto di
appalto, che andava a scadere nel febbraio 1996, divenne
Panico Giuseppe. In ordine a tale vicenda l'Illiano ha
riferito che nel dicembre del 1995 questi gli diede
appuntamento presso il bar La Sem, e gli assicurò che la ditta
Cervelli si sarebbe aggiudica l'appalto, perché così era stato
deciso dal sindaco Cito e da De Cosmo, che a suo dire potevano
"fare il bello ed il cattivo tempo"; avrebbe pertanto
beneficiato di un contratto triennale per il quale era stato
prevista una spesa di lire 350 milioni annui. Allettato da
tale prospettiva qualche giorno dopo l'Illiano gli consegnò
personalmente la richiesta di proroga o di rinnovo del
contratto, ottenendo assicurazioni in ordine all'inoltro
immediato. Nell'occasione il Panico gli comunicò che per il
buon esito del contratto Cito e De Cosmo pretendevano il
versamento di lire 100 milioni; gli "suggeriva" inoltre di
accettare tale proposta in quanto si trattava di un contratto
dall'importo miliardario che comunque gli avrebbe consentito
il recupero della somma elargita agli amministratori. Dopo
essersi consultato con la famiglia, l'Illiano comunicava la
volontà di sottostare al volere degli amministratori, e a fine
dicembre gli consegnava la somma in contanti di lire 20
milioni, che Cito pretendeva quale anticipo sull'intera somma
richiesta, e a prova tangibile della sua "disponibilità".
Nel gennaio del 1996 l'Illiano apprese dai dirigenti
dell'Ufficio contratti del comune di Taranto e dallo stesso
Panico che il contratto in favore della ditta Cervelli era
stato predisposto per la durata di due anni e per l'importo di
lire 300 milioni annui; in tali termini venne
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sottoscritto la sera dell'8 febbraio 1997 da Cervelli Rosa,
titolare della ditta. Alle rimostranze dell'Illiano il Panico
aveva risposto dicendo che Cito e De Cosmo intendevano
comunque favorirlo, riducendo l'importo che avrebbe dovuto
corrispondere da 100 milioni iniziali a 55 milioni di lire,
ulteriormente ridotti a 50 per il suo interessamento, così
"compensando" la stipula di un contratto meno vantaggioso per
la ditta, rispetto a quello inizialmente prospettato.
Qualche giorno dopo l'Illiano decideva di recarsi in
comune per incontrare il sindaco ed assicurarsi, prima
dell'ulteriore versamento di lire 30 milioni, che il Panico
non stesse millantando credito. Giunto a Palazzo Latagliata,
aveva appreso che il sindaco si era recato presso la sala
mortuaria dell'ospedale di Taranto, ove era deceduto il padre
del dottor Giuseppe Licciardello, responsabile dell'Ufficio
contratti del comune di Taranto, per una visita di
condoglianze. All'uscita del nosocomio incontrava infatti il
De Cosmo che gli diceva di essere a conoscenza: delle somme
che aveva corrisposto; delle vicende legate al rinnovo del
contratto, stipulato nonostante le opposizioni politiche
verificatesi in seno alla giunta; e dell'ultima tranche
di 30 milioni che avrebbe dovuto ancora pagare al Panico.
Somma che venne prelevata dall'Illiano dal conto corrente in
essere presso il Credito Italiano, agenzia di Taranto, e
consegnata a questi in contanti, (capo c)
dell'imputazione). Nel marzo del 1996 tramite Ranieri
Carlo, autista di Cito, l'Illiano era stato invitato da De
Cosmo ad un incontro da effettuarsi presso la sede televisiva
di AT6. Qui aveva incontrato De Cosmo Gaetano e Cito
Giancarlo, il quale gli aveva chiesto di versare altri 35
milioni, quali "contributo" alla sua campagna elettorale delle
politiche del 1994 per la quale gli occorrevano circa 500
milioni di lire. Alle lamentele immediate dell'llliano il Cito
aveva risposto che gli avrebbe fatto uno sconto di lire 5
milioni, avrebbe quindi dovuto consegnare nelle mani del
Panico la somma di lire 30 milioni, somma che in data 20 marzo
1996 venne versata in contanti negli Uffici della ditta
Cervelli (capo d) dell'imputazione).
Infine nel luglio del 1996 l'Illiano era stato nuovamente
contattato dal Panico, il quale gli aveva rappresentato che
era pronta la delibera di integrazione della spesa rispetto
all'importo contrattuale inizialmente previsto per l'anno
1996, a favore della ditta Cervelli, ma che Cito e De Cosmo
chiedevano altro denaro dovendo il primo sostenere le spese
per l'organizzazione di un comizio politico a Mantova contro
l'onorevole Umberto Bossi. Questa ennesima richiesta era stata
rifiutata per le difficoltà economiche della ditta costretta a
sborsare in maniera ingiustificata la somma di lire 80
milioni. Da quel momento in poi la ditta Cervelli aveva subito
l'ostracismo dell'Amministrazione Comunale di Taranto, ed era
stata sistematicamente esclusa dalle successive gare
d'appalto, tanto da dover ricorrere alla giustizia
amministrativa.
2) Le registrazioni audio.
La parte lesa unitamente alla denuncia ha depositato
cinque audiocassette relative a colloqui avuti con Panico
Giuseppe dal febbraio al maggio 1996 e ad una conversazione
telefonica relativa al febbraio dello stesso anno. La
ricostruzione dei fatti delittuosi nei
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termini sopra esposti rende evidente il ruolo di
intermediario assunto nell'intera vicenda dal Panico, parente
dell'onorevole Cito, e "collettore" del denaro destinato ai
pubblici amministratori (in occasione dell'incontro del 17
marzo 1996 negli studi televisivi di AT6 è proprio Giancarlo
Cito ad ordinare all'Illiano di continuare a pagare nella mani
del cognato). E' palese l'intento della parte lesa, costretta
a versare diverse decine di milioni, di cautelarsi attraverso
le registrazioni per eventuali truffe ai suoi danni. Il
contenuto delle conversazioni oggetto di registrazione e
trascritte dal consulente tecnico nominato dal P.M.,
rappresenta un importante riscontro alle dichiarazioni
accusatorie dell'Illiano non solo per le responsabilità
dirette del Panico ma anche per il riferimento esplicito a
Cito Giancarlo e a De Cosmo Gaetano, quali soggetti dotati di
potere concussivo nei confronti degli imprenditori e
destinatari delle somme indebitamente sborsate dal
denunciante.
In particolare si segnalano alcuni brani di
conversazione:
nella cassetta n. 1 sono registrati i colloqui dell'8 e
del 9 febbraio 1996 tra l'Illiano ed il Panico, avvenuti prima
e dopo il rinnovo del contratto del servizio trasporti. Il
Panico fa chiaramente riferimento alla somma di lire 30
milioni da consegnare al De Cosmo in aggiunta ai 20 milioni di
lire già versati nel dicembre 1995; rivendica inoltre il
merito di essere riuscito ad ottenere in favore dell'Illiano
uno sconto di lire 5 milioni rispetto alla somma inizialmente
richiesta (vedi pag. 15 e 19 del verbale di trascrizione);
nella cassetta n. 2 è riportato l'incontro del 12
febbraio 1996, in cui l'Illiano riferisce al Panico di essersi
incontrato con il Sindaco nei pressi dell'Ospedale, e di aver
appreso da questi che tutto procedeva per il meglio e che
attendeva il pagamento degli altri 30 milioni (vedi da pag. 31
a pag. 40 del verbale di trascrizione). Nel prosieguo della
conversazione il Panico dimostra soddisfazione per la piena
conferma diretta che Illiano ha avuto dal Sindaco in ordine
alla destinazione delle somme. L'Illiano comunica inoltre
all'interlocutore di aver dato disposizione al Direttore della
Banca di preparare per il giorno dopo la somma in contanti di
lire 30 milioni, che avrebbe prelevato personalmente (vedi
pagg. 39 e 40 del verbale di trascrizione ed accertamenti
bancari);
nella cassetta consegnata dall'Illiano in occasione del
17 settembre 1997 è riportato anche l'incontro del 13 febbraio
1996 in cui avviene materialmente la consegna della somma di
lire 30 milioni in contanti nelle mani del Panico (vedi pag.
12 del verbale di trascrizione);
nella cassetta n. 3 l'Illiano comunica telefonicamente
al Panico di essere stato invitato da Ranieri Carlo negli
studi televisivi di AT6; nella stessa è riportato inoltre
l'incontro del 20 marzo 1996 in cui l'Illiano consegna al
Panico la somma di 30 milioni richiesta personalmente da
Cito.
3) L'esito delle indagini di P.G.
Le dichiarazioni dell'Illiano trovano piena
corrispondenza nell' iter procedurale ricostituito
attraverso la documentazione acquisita agli
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atti, e relativa alla gara di appalto per l'affidamento dei
servizi di manovalanza e di trasporto ed al successivo
rinnovo. Vedi in particolare la delibera n. 2757 con la quale
la Giunta presieduta dai Vice Sindaco De Cosmo in prossimità
della scadenza del contratto stipulato con la ditta Cervelli
bandiva una gara nelle forme della licitazione privata per
l'aggiudicazione di un appalto della durata di anni tre e per
una spesa complessiva di lire 350 milioni annui. La delibera
n. 87 del 19 gennaio 1996 con la quale la Giunta presieduta
dallo stesso Vice Sindaco decideva di rinnovare alla ditta
Cervelli per anni due il contratto di fornitura manovalanza e
trasporto, e contestualmente revocava la precedente delibera
n. 2757. Va a tal proposito segnalata la "singolarità" della
procedura adottata dal Comune; prima bandisce una nuova gara
d'appalto, e poi in maniera immotivata e repentinamente
rinnova il contratto già esistente alla ditta Cervelli.
Le dichiarazioni dell'Illiano, il quale ha riferito di
aver effettuato tre pagamenti in contanti per un totale di
lire 80 milioni e di aver prelevato in occasione del secondo e
del terzo pagamento le somme dal proprio conto corrente
bancario, hanno trovato pieno riscontro negli accertamenti
effettuati dai CC. Dalle copie degli estratti del conto
corrente cointestato a Illiano Domenico e Cervelli Rosa,
rilasciati dal Credito Italiano agenzia n. 451 di Taranto, è
risultato che in data 13 febbraio 1996 è stato prelevato un
assegno dell'importo pari a 30 milioni di lire (vedi fl. 255),
ed in data 20 marzo 1996 la somma in contanti di lire 20
milioni (vedi fl. 256).
E' stata inoltre riscontrata positivamente la data del
decesso del padre del funzionario comunale Licciardello
Rosario, avvenuto in data 12 febbraio 1996, nell'Ospedale di
Taranto (vedi nota CC. in data 9 ottobre 1997 riportata a fl.
272). Tale evento è stato indicato dall'Illiano quale
occasione dell'incontro con il Sindaco De Cosmo Gaetano.
RILEVATO
Inoltre, quanto alla qualificazione giuridica, che i
fatti delittuosi denunciati da Illiano integrano allo stato,
gli estremi dei delitti contestati. Relativamente ai reati di
concussione, emerge evidente la posizione di sudditanza della
parte lesa nei confronti del Sindaco, del Vice-sindaco e del
responsabile del Servizio Economato. Questi fu costretto a
pagare sia per non subire da parte del Patella ritardi nel
rilascio dei mandati di pagamento, sia per non restare
definitivamente escluso dalla possibilità di ottenere lavori
dal Comune di Taranto, evento gravemente dannoso per la
sopravvivenza dell'impresa Cervelli, che peraltro puntualmente
si è verificato quando l'llliano ha cessato i pagamenti per le
difficoltà economiche determinate dall'indebita dazione di
diverse decine di milioni.
Per quanto concerne le qualifiche soggettive, dall'esame
della documentazione acquisita dalla P.G. ed allegata alla
richiesta, emerge che l'onorevole Giancarlo Cito all'epoca dei
fatti era stato sospeso dalla carica di sindaco con decreto
prefettizio con decorrenza 18 dicembre 1995, emesso a seguito
di rinvio a giudizio disposto nei suoi confronti dal G.U.P.
presso il Tribunale di Lecce per i reati di cui all'articolo
110, 416- bis del codice penale. In data 24 febbraio
1996, il sindaco, sospeso, rassegnava le proprie dimissioni al
fine di rimuovere la causa di
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ineleggibilità di cui all'articolo 7 comma 1, lettera c)
del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957
per i sindaci dei Comuni Con popolazione superiore ai 20.000
abitanti, e presentare la sua candidatura alle elezioni
politiche del 21 aprile 1996. Con provvedimenti nn. 90 e 97
rispettivamente del 22 aprile e dell'11 maggio 1996 il sindaco
f.f. De Cosmo, lo nominava assessore alla Polizia Municipale
ed ai Lavori pubblici, nonostante le ripetute diffide del
Prefetto di Taranto, che ravvisava nelle nomine atti
illegittimi. Nelle consultazioni elettorali dell'aprile 1996
Cito Giancarlo venne eletto deputato del parlamento.
De Cosmo Gaetano Vice-sindaco, ha svolto le funzioni di
sindaco del Comune di Taranto durante il periodo di
sospensione di Cito. In data 26 maggio 1996, è stato eletto
sindaco pro-tempore, in attesa delle nuove elezioni
tenutesi nel novembre del 1996, all'esito delle quali è stato
eletto sindaco nelle liste della Lega d'Azione Meridionale,
movimento politico fondato da Cito Giancarlo.
CONSIDERATO
che ricorrono le esigenze cautelari di cui all'articolo 274
lettera a) e c) del codice di procedura penale, in
relazione a reati particolarmente gravi e commessi in data
recente.
Sussistono infatti specifiche ed inderogabili esigenze
cautelari attinenti alle indagini, in relazione a situazioni
di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione e la
genuinità della prova. Sono necessarie ulteriori indagini per
meglio acclarare i fatti denunciati, ed al fine di individuare
le responsabilità di altri dipendenti e funzionari
dell'amministrazione comunale, interessati a vario titolo allo
svolgimento delle procedure amministrative di cui ai fatti in
contestazione. Occorre inoltre individuare gli altri
imprenditori coinvolti nella vicenda amministrativa relativa
alla concessione in appalto dei lavori di trasporto, costretti
a loro volta a partecipare alle gare truccate, i quali
potrebbero subire ulteriori minacce di esclusione dalla
concessione di lavori da parte dell'Amministrazione comunale.
L'ascolto dei predetti potrebbe essere gravemente pregiudicato
dalla permanenza in libertà di Cito Giancarlo, De Cosmo
Gaetano (i quali a dire del Panico "possono fare il bello ed
il cattivo tempo") e Patella Carlo, i quali per i rispettivi
ruoli apicali rivestiti all'interno dell'Amministrazione di
Taranto, hanno dimostrato di avere enorme influenza nei
confronti dei dipendenti comunali, costretti a sottostare al
loro volere anche quando riscontravano l'illegittimità delle
procedure (vedi denuncia Illiano). La cautela probatoria si
impone inoltre per consentire l'acquisizione delle
dichiarazioni accusatorie dell'llliano già nella fase delle
indagini preliminari nelle forme previste dal codice di
procedura penale. Questi del resto ha dimostrato di aver avuto
per un certo periodo un rapporto di totale sudditanza verso
l'onorevole Cito ed il sindaco De Cosmo (vedi sul punto le
s.i. rese dalla parte lesa in data 2 ottobre 1997) e potrebbe
pertanto essere gravemente minacciato al fine di ritrattare le
pesanti accuse.
Ricorre inoltre un concreto pericolo di reiterazione di
analoghi delitti.
I fatti sopra esposti, particolarmente gravi e reiterati,
evidenziano l'esistenza all'interno del Comune di Taranto, di
un vero e proprio
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sistema di diffusa illicietà, caratterizzato da una prassi
operativa che vedeva interessato in prima persona lo stesso
sindaco, coadiuvato dall'onorevole Cito, maggior esponente del
partito che sostiene la Giunta comunale, e destinatario almeno
in parte delle somme illecitamente percepite dagli
imprenditori privati, impiegate per sponsorizzare la sua
candidatura politica nelle elezioni del 1996 e comunque per
fare propaganda al suo movimento politico (vedi sul punto
quanto riferisce l'Illiano circa la destinazione delle somme
indebitamente percepite). Il meccanismo prevedeva inoltre la
complicità di funzionari preposti ai principali settori
dell'Amministrazione, ed il coinvolgimento di persone estranee
alla pubblica amministrazione, legate da vincoli di stretta
parentela con l'ex sindaco Cito e quindi particolarmente
"affidabili" con il ruolo di intermediari nei, rapporti tra il
Comune e gli imprenditori privati concussi.
Per Cito Giancarlo e De Cosmo Gaetano il concreto
pericolo di reiterazione va inoltre dedotto dalla loro
personalità: entrambi risultano aggravati da numerosi
procedimenti pendenti per reati contro la pubblica
amministrazione. Cito inoltre è stato condannato più volte con
sentenze definitive, attualmente si sta celebrando a suo
carico dinanzi alla seconda Sezione penale di questo Tribunale
il processo che lo vede imputato di associazione per
delinquere di stampo mafioso.
Le esigenze cautelari, come innanzi ravvisate, persistono
anche a seguito delle dimissioni dalla carica di Sindaco di
Taranto rassegnate dai De Cosmo in data 31 ottobre 1997, nelle
more del procedimento.
Trattasi Infatti di provvedimento revocabile nei termini
di legge (vedi a tale proposito relazione di servizio del NORM
CC. Taranto in data 3 novembre 1097 relativa alle
dichiarazione fatte dall'onorevole Cito nel corso di una
conferenza stampa tenuta il 1^ 1997, in relazione alla
probabile revoca della decisione del Sindaco De Cosmo), e che
comunque non determina il definitivo allontanamento
dell'indagato dall'amministrazione Comunale, in quanto questi
continua a ricoprire l'ufficio e a presiedere la Giunta
Municipale in regime di "prorogatio".
EVIDENZIATO
ai sensi dell'articolo 292 lettera c-bis) del
codice di procedura penale):
che gli elementi forniti dagli indagati non appaiono
idonei a contrastare l'assunto accusatorio. Dagli atti
trasmessi dalla procura, in data 4 novembre 1997, risulta che
l'onorevole Cito Giancarlo ed il sindaco De Cosmo Gaetano in
data 31 ottobre 1997, assistiti dai loro difensori di fiducia,
si sono presentati spontaneamente dinanzi al pubblico
ministero procedente, asserendo di aver appreso dell'esistenza
di una richiesta di applicazione di misura cautelare nei loro
confronti. Nell'occasione hanno dichiarato di conoscere il
Cervelli (leggasi Illiano) quale imprenditore che aveva avuto
in appalto lavori per il Comune, di averlo incontrato poche
volte e sporadicamente, e di non sapere nulla delle vicende
amministrative legate alla concessione ai predetto
dell'appalto dei lavori di trasporto del Comune. Cito
Giancarlo ha inoltre asserito la calunniosità delle accuse,
proveniente da soggetto "attaccabrighe", parente dei Modeo.
Ciò posto, va rilevato che i predetti non hanno offerto alcun
elemento a sostegno del
Pag.11
carattere non veritiero, calunnioso e comunque strumentale
delle accuse rivolte nei loro confronti dall'Illiano. E' stato
accertato (vedi nota CC in data 3 ottobre 97) che questi è
parente in linea collaterale di secondo grado con D'Andria
Maria, vedova del pregiudicato Antonio Modeo, detto "Il
Messicano". Tale rapporto di parentela di per sé non appare
idoneo ad inficiare l'attendibilità intrinseca del
denunciante, ampiamente riscontrata nei termini di cui sopra;
va inoltre rilevato che trattasi di soggetto attinto da un
unico precedente penale non grave subito nel lontano 1964 e
privo di carichi penali (vedi certificato penale e dei carichi
pendenti di Illiano Domenico, acquisito agli atti);
che unica misura cautelare proporzionata alla gravità
dei fatti ed idonea alla salvaguardia delle esigenze sopra
rappresentate appare la custodia cautelare in carcere, ove si
consideri che gli indagati in ragione del ruolo rivestito
all'interno dell'Amministrazione, ove posti agli arresti
domiciliari, potrebbero, anche tramite terzi, raggiungere la
parte lesa, i funzionari comunali e gli altri imprenditori
coinvolti nelle vicenda ed indurli a dichiarazioni di comodo,
o comunque a loro favorevoli;
CONSIDERATO INOLTRE
che agli indagati non potrà essere concesso il
beneficio della sospensione condizionale della pena irroganda,
che presumibilmente, stante la gravità dei fatti, e tenuto
conto del titolo dei reati e della continuazione, supererà il
limite dei due anni di reclusione;
che non risulta che i fatti - reato siano stati
compiuti in presenza di una causa di giustificazione o di non
punibilità, e che non sussiste allo stato una causa di
estinzione del reato e di estinzione della pena che si ritiene
possa essere irrogata.
PER QUESTI MOTIVI
visto l'articolo 273, 274 e 292 del codice di procedura
penale;
applica a:
Patella Carlo, nato a Taranto il 30 agosto 1953, ivi
residente in via Galilei n. 20/2;
Panico Giuseppe, nato a Taranto il 7 luglio 1948, ivi
residente in via Principe Amedeo, n. 68;
De Cosmo Gaetano, nato a Taranto il 3 marzo 1945, ivi
residente in via Lucania, n. 5;
Cito Giancarlo, nato a Taranto il 12 agosto 1945, ivi
residente in via Elio, n. 7;
la misura della custodia cautelare in carcere.
ordina agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria
di procedere alla cattura di Patella Carlo, Panico Giuseppe e
De Cosmo Gaetano, ed ai loro trasferimento presso la casa
circondariale di Taranto perché ivi rimangano a disposizione
dell'autorità giudiziaria procedente;
Pag.12
dispone che il provvedimento sia notificato a mezzo
dell'ufficio matricola della predetta casa circondariale e
come tale ricevuto dal direttore dell'istituto ai sensi
dell'articolo 94 disp. att. al codice di procedura penale;
sospende l'esecuzione della misura cautelare disposta
nei confronti di Cito Giancarlo, nato a Taranto il 12 agosto
1945, alla concessione dell'autorizzazione a procedere, la cui
richiesta verrà inoltrata alla Camera dei Deputati. Differisce
pertanto l'applicazione della misura nel confronti del
predetto alla data in cui tale autorizzazione verrà
concessa;
manda alla Cancelleria di: - trasmettere immediatamente
la presente ordinanza ai pubblici ministeri che ha richiesto
la misura per l'esecuzione; - di depositaria, unitamente alla
richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la
stessa, con contestuale avviso ai difensori; - di comunicarla
ai servizio. Informativo ai sensi dell'articolo 97 dis. att.
al codice di procedura penale.
Il giudice per le indagini preliminari
dott.ssa B. Santella
| |
| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: DAMERI)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE ALL'ARRESTO
nei confronti del deputato
CITO
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 317 dello stesso
codice (concussione continuata); per concorso - ai sensi
dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui agli
articoli 81 e 317 dello dello stesso codice (concussione
continuata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI TARANTO
l'11 novembre 1997
Presentata alla Presidenza il 12 dicembre 1997
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - Con nota del 6 novembre 1997 il
G.I.P. presso il Tribunale di Taranto chiedeva al Presidente
della Camera dei deputati di avviare la procedura per la
concessione della autorizzazione a procedere all'arresto del
deputato Giancarlo Cito.
L'ordinanza di custodia cautelare allegata alla richiesta
riguarda oltre che il deputato Cito, anche i signori Carlo
Patella, funzionario del comune di Taranto che peraltro
risulta coinvolto in una vicenda parzialmente distinta
rispetto a quella che riguarda le altre persone indagate,
Giuseppe Panico, cognato dell'onorevole Cito e presunto
intermediario tra le persone asseritamente concusse e i
presunti concussori, e Gaetano De Cosmo, sindaco di Taranto e
militante nel medesimo gruppo politico dell'onorevole Cito.
In particolare i capi di imputazione che riguardano
l'onorevole Cito in concorso con i signori Panico e De Cosmo
sono i seguenti:
il primo riguarda il delitto di cui agli articoli 110,
81, 317 del codice penale perché in concorso tra loro, il De
Cosmo, in qualità di vice sindaco, facente funzioni di sindaco
del comune di Taranto, abusando dei propri poteri, con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in tempi
diversi, avrebbero indotto Domenico Illiano, gestore della
ditta di traslochi di cui è titolare la moglie Rosa Cervelli,
a promettere e successivamente a corrispondere loro
indebitamente la somma complessiva di lire 50 milioni, con due
distinti pagamenti, uno di venti milioni e l'altro di trenta
milioni fatti direttamente al Panico che riceveva
materialmente il denaro dallo stesso Illiano. Ciò al fine di
concedere alla ditta Cervelli il rinnovo per altri due anni di
un contratto d'appalto già stipulato con il comune di Taranto
per il servizio di fornitura, manovalanza e mezzi di
trasporto, rinnovo avvenuto con delibera n. 87 del 19 gennaio
1996, emanata dalla giunta comunale presieduta dal sindaco De
Cosmo (in Taranto sino al 13 febbraio 1996).
Il secondo capo di imputazione concerne il delitto di cui
agli articoli 110, 81 317 del codice penale perché in concorso
come sopra, il De Cosmo in qualità di sindaco facente funzioni
del comune di Taranto, abusando dei propri poteri, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, avrebbe
indotto Domenico Illiano a promettere e successivamente a
versare loro la somma di lire 30 milioni in contanti che
veniva materialmente consegnata al Panico, per garantire la
effettiva esecuzione dei lavori previsti dal contratto di
facchinaggio e trasporto stipulato tra il comune di Taranto e
la ditta Cervelli in data 9 febbraio 1996 (in Taranto sino al
20 marzo 1996).
Entrambi i fatti sono stati denunciati il 2 luglio
1997.
Nella sua ordinanza di custodia cautelare il G.I.P. svolge
un diffuso e particolareggiato esame dei documenti processuali
articolando lo stesso in vari capitoli: denuncia e
interrogatori resi dal proponente Domenico Illiano, esame
delle registrazioni audio, esito delle indagini di Polizia
giudiziaria. Quindi si sofferma sulla qualificazione giuridica
dei fatti ed infine sulle esigenze della custodia cautelare
nelle previsioni delle lettere a) e c)
dell'articolo 274 del codice di procedura penale in relazione
a situazioni di concreto e attuale pericolo per l'acquisizione
e la genuinità delle prove nonché in relazione al concreto
Pag.3
pericolo di reiterazione di analoghi delitti in connessione
espressa a reati particolarmente gravi e commessi in data
recente.
In particolare l'ordinanza si sofferma sui colloqui che
l'Illiano, parte lesa, ha tenuto con il Panico, provvedendo a
effettuarne di nascosto la registrazione. Da tali colloqui
risultano non solo numerosi riferimenti al sindaco e
all'onorevole Cito, ma anche riscontro della consegna della
somma di lire 30 milioni, asseritamente destinata
all'onorevole Cito. Le registrazioni hanno inoltre trovato
riscontro nella cadenza e nel contenuto degli atti
amministrativi relativi all'aggiudicazione dell'appalto (in
particolare il giudice segnala la "singolarità" della
procedura adottata dal comune che prima bandì una nuova gara
d'appalto e poi, in modo immotivato e repentino, rinnovò il
contratto già esistente con la ditta Cervelli). Vi sono
inoltre riscontri dei prelievi effettuati dall'Illiano in
occasione degli asseriti pagamenti agli indagati.
L'ordinanza mette inoltre in evidenza le strettissime
connessioni che l'onorevole Cito, anche dopo essere cessato
dalla carica di sindaco, ha continuato a mantenere con
l'amministrazione comunale di Taranto. Egli, infatti, sospeso
dalla carica di sindaco a partire dal 18 dicembre 1995, a
causa del rinvio a giudizio disposto nei suoi confronti per il
reato di concorso in associazione mafiosa rassegnava le sue
dimissioni in data 21 aprile 1996 al fine di presentare la sua
candidatura alle elezioni politiche. In data 22 aprile e 11
maggio 1996 veniva comunque nominato assessore alla Polizia
municipale e ai lavori pubblici nonostante le diffide del
prefetto. Infine, veniva eletto deputato nell'aprile 1996.
Quanto alle esigenze cautelari il G.I.P. mette in evidenza
le situazioni di concreto e attuale pericolo per
l'acquisizione e la genuinità della prova che derivano
dall'enorme influenza nei confronti dei dipendenti comunali
che, in virtù dei rispettivi ruoli, continuano a detenere gli
indagati. Il giudice ravvisa, inoltre, la sussistenza del
pericolo di reiterazione del reato in virtù del "vero e
proprio sistema di diffusa illiceità, caratterizzato da una
vera e propria prassi operativa" che vedeva interessati sia il
De Cosmo sia l'onorevole Cito e in virtù dei numerosi
procedimenti penali e delle numerose condanne pendenti nei
confronti del secondo.
Dopo l'invio dell'ordinanza di custodia cautelare il
G.I.P. di Taranto ha trasmesso ulteriori documenti relativi
agli interrogatori degli imputati nei cui confronti era stata
eseguita la misura cautelare e di ulteriori persone informate
sui fatti. Da tale documentazione risultano sostanzialmente
confermati i gravi indizi di reato e le esigenze cautelari
alla base della ordinanza in questione.
Gli indagati hanno negato ogni addebito tendendo ad
accreditare la tesi secondo cui il denaro sarebbe stato
percepito dal Panico (in una misura minore rispetto a quanto
prospettato dall'accusa) in virtù di una sua iniziativa
millantatoria personale, senza che fossero minimante coinvolti
tanto il De Cosmo quanto l'onorevole Cito con il quale, in
particolare, il Panico non avrebbe avuto nessun rapporto in
virtù di un'antica ruggine familiare.
Da numerosi riscontri risulta invece in primo luogo non
fondata la tesi secondo cui il Panico, cognato dell'onorevole
Cito, fosse del tutto estraneo - cosi come tanto il primo,
quanto il secondo hanno sostenuto - al movimento politico e,
in generale, all' entourage del deputato indagato. In
secondo luogo, sempre dagli interrogatori delle persone
informate sui fatti (cfr. in particolare quelli dei signori
Secondo e Coda) risultano altresì sconfessate sia la tesi
secondo cui gli amministratori del comune fossero del tutto
estranei alle determinazioni relative al rinnovo dei contratti
(secondo gli indagati asseritamente riservate ai tecnici) sia
quella secondo cui non vi fosse alcun rapporto di consuetudine
tra l'Illiano da un lato e il De Cosmo e l'onorevole Cito
dall'altro.
Si tratta indubbiamente di indizi. Essi sono tuttavia tali
da confermare il complessivo quadro accusatorio nei confronti
dell'onorevole Cito. Non può tacersi, infine - con riferimento
al pericolo di inquinamento delle prove -, il fatto che
recentemente l'Illiano ha subito un grave attentato
Pag.4
dinamitardo alle sue attrezzature di lavoro. Non vi sono
elementi per collegare tale attentato alla sua testimonianza:
esso è tuttavia un indice del clima complessivo nel quale
l'intera vicenda si svolge.
* * *
La Giunta per le autorizzazioni a procedere ha espresso, a
maggioranza il parere che debba essere concessa la richiesta
autorizzazione a procedere all'arresto dell'onorevole
Giancarlo Cito.
Tale decisione è stata assunta nella piena consapevolezza
della gravità del fatto di proporre l'arresto di un
parlamentare.
E' il caso di rammentare che, in proposito, acquista
rilevanza soprattutto la valutazione dell'esistenza o meno di
un fumus persecutionis che solo può autorizzare il
diniego o la concessione della chiesta autorizzazione.
Com'è noto, il concetto di fumus è stato così
definito in dottrina: "tutti quegli elementi e indizi che
possono far ritenere che l'imputazione sia stata elevata
falsamente contro il parlamentare per colpirlo nella sua
attività politica o che comunque si proceda contro di lui con
un rigore ingiustificato o dovuto a ragioni politiche" (cfr.
G. LONG, Commento all'articolo 68, in Commentario alla
Costituzione a cura di Branca, Bologna, 1986, 229).
Non appare consentito alla Camera, infatti, alla stregua
dell'attuale quadro costituzionale, soprattutto dopo la
riforma costituzionale del 1993, svolgere un esame del merito
dell'accusa nel senso di pervenire ad un giudizio di eventuale
discolpa o di affermazione di responsabilità in quanto, se
così operasse, invaderebbe il campo riservato alla autorità
giudiziaria con inammissibile esproprio di potere.
Ciò non di meno l'esame per così dire di merito può essere
effettuato sia pure in termini affievoliti al solo ed
esclusivo fine di rilevare l'eventuale sussistenza del
richiamato fumus persecutionis.
Orbene, la Giunta ha escluso che, nella specie, risultino
fatti idonei a far ritenere o semplicemente presumere la
sussistenza di inimicizia tra l'Autorità giudiziaria
richiedente e l'incolpato, essendo del tutto infondato e
pretestuoso l'assunto del parlamentare in ordine ad un preteso
malanimo nei suoi confronti da parte dei magistrati della
Procura di Taranto, in quanto già condannato e più volte
processato per reati gravissimi, fra cui anche quello di cui
all'articolo 416- bis c.p., che ne provocò la sospensione
dalla funzione di Sindaco.
Ovviamente, e come detto, i limiti della verifica del
merito in questa sede sono ben diversi di ben diversa e più
limitata pregnanza di quelli propri della sede giudiziaria.
Epperò rileva che:
a) non è punto discutibile, la esistenza a carico
del parlamentare di gravi indizi di reità in ordine all'accusa
di concussione continuata, la quale è, come agevolmente si
comprende, oggettivamente e soggettivamente grave.
Dalla stessa ordinanza emerge un complesso quadro
concussivo che faceva capo all'onorevole Cito prima come
sindaco e poi come sostanziale dominus degli interessi
che muovevano, per così dire, l'appetizione concussiva tramite
il di lui cognato, Panico Giuseppe, ora coimputato e per mezzo
del suo successore sindaco, Gaetano De Cosmo, che appare un
attivo strumento nel mantenere la rete di potere e di
illegittimità nonostante il trasferimento dell'onorevole Cito
all'incarico di assessore. Al riguardo oltre i puntuali
riferimenti specifici del denunciante Illiano vi sono i
riscontri di riferimento delle registrazioni audio e gli
episodi specifici di interventi diretti del medesimo onorevole
Cito. Si ripete che, in questa sede, doverosamente e
necessariamente ci si limita a siffatte generali
considerazioni poichè il loro accertamento particolare rientra
nello spettro esclusivo dell'attività dell'Autorità
giudiziaria.
b) ricorre anche l'altra condizione del pericolo
dell'inquinamento delle fonti di prova o di perturbazione
della indagine in corso (la qualità dell'agente, l'accertato
intreccio collusivo-corruttivo tra politica e affarismo
criminale; il controllo che il parlamentare ed i suoi soci
Pag.5
esercitano sull'ambiente).
Non è condivisibile la tesi - che pure è stata sostenuta
nell'ambito della Giunta - del supposto bilanciamento fra
gravità della condotta ed il bene della tutela della pienezza
del "plenum" assembleare, con una prevalenza di tale bene su
ogni altra considerazione relativa alle esigenze di diversa
indole poste a base della misura coercitiva della libertà del
parlamentare.
La conseguenza estrema cui tale orientamento condurrebbe -
è questa una ragionevole verifica della infondatezza della
tesi - sarebbe quella della sostanziale inconcedibilità in
assoluto dell'autorizzazione all'arresto di un membro del
Parlamento. Il che non è sostenibile perchè esplicitamente
contraddetto dalla chiara formulazione dell'articolo 68
Costituzione, che espressamente prevede "l'arrestabilità" del
parlamentare, subordinando soltanto la esecuzione del
provvedimento coercitivo all'autorizzazione del Parlamento.
Peraltro va ricordato che quest'ultimo, in tutti i casi
sottoposti al suo esame, anche nel tempo in cui la norma,
nella vigenza della previsione della generale autorizzazione a
procedere, era soggetta a più restrittiva applicazione, anche
quando non ha autorizzato l'arresto ha comunque riconosciuto,
in linea di principio, la concedibilità alla esecuzione di
tale misura.
D'altronde, se si volesse ritenere che solo la eccezionale
gravità dei fatti (la genericità del riferimento rende
estremamente disagevole la determinazione del concetto della
eccezionale gravità) attribuiti al parlamentare possa
giustificare il sacrificio della sua libertà personale, senza
alcuna considerazione di altri elementi, si potrebbe sostenere
che anche una incolpazione palesemente infondata e, perciò,
chiaramente persecutoria dovrebbe, per la sola sua astratta
gravità, consentire una irragionevole ed addirittura
illegittima misura coercitiva.
Il criterio di valutazione, quindi, rimane solo quello del
fumus persecutionis.
Ora, a parte le considerazioni più sopra svolte, va
sottolineato che, nella specie, sul punto della limitazione
della libertà personale dell'onorevole Cito si è espresso il
P.M. che ha chiesto la misura, il G.I.P. che l'ha concessa,
altro G.I.P. che ha respinto la richiesta di revoca proposta
dagli altri coimputati e, quel che è più, anche il Tribunale
del riesame, specificamente adito sulla questione "de
libertate" sollevata dagli altri arrestati.
La convinta e motivata uniformità dei giudizi e delle
valutazioni espresse sul medesimo tema da varie e diverse
Autorità giudiziarie esclude qualsiasi ipotesi di
persecuzione, a meno che non si voglia immaginare o per dir
meglio suscitare dal nulla una sorta di congiura "anti-Cito"
posta in essere dall'intero "sistema giustizia" di Taranto. Il
che è davvero arduo e addirittura impossibile sostenere.
Per tutti questi motivi la Giunta propone all'Assemblea di
concedere l'autorizzazione all'arresto nei confronti
dell'onorevole Cito.
Silvana DAMERI, Relatore.
| |
| RELAZIONE DELLA GIUNTA
PER LE AUTORIZZAZIONI A PROCEDERE IN GIUDIZIO
(Relatore: BERSELLI)
sulla
DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE ALL'ARRESTO
nei confronti del deputato
CITO
per concorso - ai sensi dell'articolo 110 del codice
penale - nel reato di cui agli articoli 81 e 317 dello stesso
codice (concussione continuata); per concorso - ai sensi
dell'articolo 110 del codice penale - nel reato di cui agli
articoli 81 e 317 dello dello stesso codice (concussione
continuata)
TRASMESSA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI TARANTO
l'11 novembre 1997
Presentata alla Presidenza il 17 febbraio 1998
Pag.2
Onorevoli Colleghi! - Il G.I.P. presso il Tribunale di
Taranto con nota del 6 novembre 1997 chiedeva al Presidente
della Camera dei deputati di avviare la procedura per la
concessione dell'autorizzazione a procedere all'arresto del
deputato Giancarlo Cito.
L'ordinanza di custodia cautelare allegata alla richiesta
riguarda, per i capi di imputazione che ci interessano, il
deputato Cito, il signor Giuseppe Panico, cognato
dell'onorevole Cito, ed il signor Gaetano De Cosmo, sindaco
del comune di Taranto.
In sostanza, l'onorevole Cito è indagato in concorso con
Panico e De Cosmo nel reato di concussione continuata per aver
indotto Domenico Illiano, gestore di una ditta di traslochi di
cui è titolare la moglie Rosa Cervelli: a) a
corrispondere la somma di lire 50 milioni versata direttamente
e materialmente dall'Illiano al Panico, al fine di concedere
alla ditta Cervelli il rinnovo di altri due anni di un
contratto di appalto già stipulato con il comune di Taranto
per il servizio di fornitura, manovalanza e mezzi di
trasporto, rinnovo avvenuto con delibera n. 87 del 19 gennaio
1996 emanata dalla Giunta comunale presieduta dal sindaco De
Cosmo, b) a corrispondere la somma di lire 30 milioni
materialmente consegnata al Panico per garantire la effettiva
esecuzione dei lavori previsti dal contratto di facchinaggio e
trasporto stipulato tra il comune di Taranto e la ditta
Cervelli in data 9 febbraio 1996.
La Giunta nella seduta del 10 dicembre 1997 a maggioranza
si esprimeva per la concessione dell'autorizzazione
all'arresto dell'onorevole Cito, mentre l'Assemblea il 14
gennaio 1998 decideva per la restituzione degli atti alla
Giunta medesima la quale in data 11 febbraio 1998 si esprimeva
questa volta per il diniego dell'autorizzazione all'arresto
del suddetto parlamentare.
L'articolo 273 c.p.p. prevede, al primo comma, che
"nessumo può essere sottoposto a misure cautelari se a suo
carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza". Occorre
quindi preliminarmente verificare se gli indizi a carico
dell'onorevole Cito siano così gravi da giustificare il suo
arresto.
Alla pagina 5 dell'ordinanza del G.I.P. si legge
testualmente che "la parte lesa (cioè l'Illiano) unitamente
alla denuncia ha depositato 5 audiocassette relative ai
colloqui avuti con il Panico Giuseppe dal febbraio al maggio
1996 e ad una conversazione telefonica relativa al febbraio
dello stesso anno".
Ebbene, in tali registrazioni non compare mai la voce
dell'onorevole Cito e quella del De Cosmo, che non possono
quindi venire in modo alcuno coinvolti da colloqui intervenuti
tra terzi.
E' peraltro davvero assai strano che, mentre sostiene di
avere avuto incontri con l'onorevole Cito e con il sindaco De
Cosmo, l'Illiano, così esperto in registrazioni, non abbia
registrato le suddette pretese conversazioni, così come aveva
fatto con il Panico.
Occorre altresì rilevare che allorché sarebbero
intervenuti fatti contestati e cioè nel 1996 l'onorevole Cito
non era più sindaco di Taranto, perché sospeso da tale
funzione il 16 dicembre 1995, e quindi, aldilà delle facili e
strumentali illazioni, non aveva alcun effettivo potere per
influire sulle determinazioni della locale amministrazione
comunale.
In sostanza, davanti alla negativa dell'onorevole Cito
restano soltanto le affermazioni dell'Illiano non suffragate
Pag.3
da alcun serio e concreto elemento di effettivo riscontro.
Il Panico ha peraltro ammesso le proprie responsabilità,
inquadrandole però in un quadro corruttivo e non concussivo, e
ribadendo l'assoluta estraneità alla vicenda dell'onorevole
Cito e del De Cosmo.
L'onorevole Cito ha ricordato che i propri rapporti con il
cognato Panico non erano mai stati buoni e che nel 1991 era
stato da lui aggredito e che solo recentemente essi si erano
riconciliati per accontentare il suocero.
L'onorevole Cito non si è limitato a sostenere la propria
estraneità ai fatti contestatigli, ma in data 11 novembre 1997
ha presentato alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Taranto una circostanziata denuncia nei confronti
dell'Illiano per il reato di calunnia.
L'onorevole Cito sostiene di essere vittima di una vera e
propria persecuzione da parte dei magistrati di Taranto ed ha
prodotto i seguenti esposti con cui, in epoca non sospetta,
aveva denunciato la situazione che si era creata in suo danno
e chiedendo che venissero disposte ispezioni alla Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Catania:
1) esposto 19 dicembre 1995 al Presidente del Consiglio
dei ministri onorevole Lamberto Dini, all'epoca Ministro di
grazia e giustizia ad interim, ed al Consiglio superiore
della magistratura;
2) Esposto 3 gennaio 1996 al Presidente del Consiglio
dei ministri onorevole Lamberto Dini, all'epoca Ministro di
grazia e giustizia ad interim, ed al Consiglio superiore
della magistratura;
3) Esposto 18 gennaio 1996 al Presidente della
Repubblica nella sua qualità di Presidente del CSM, al
Consiglio superiore della magistratura, al Presidente del
Consiglio dei Ministri on. Lamberto Dini, nella sua qualità di
Ministro di grazia e giustizia ad interim, ed al
Procuratore generale presso la Corte di cassazione;
4) Esposto 9 marzo 1996 al Presidente della Repubblica
nella sua qualità di Presidente del CSM, al Consiglio
superiore della magistratura, al Presidente del Consiglio dei
ministri, al Ministro di grazia e giustizia, al Procuratore
generale presso la Corte di cassazione;
5) Esposto 23 giugno 1997 al Presidente della Camera dei
deputati ed al Ministro di grazia e giustizia;
6) Esposto 1^ luglio 1997 al Presidente della Camera dei
deputati ed al Ministro di grazia e giustizia.
Non solo, ma quale deputato l'onorevole Cito ha presentato
numerose interrogazioni al Ministro di grazia e giustizia
denunciando anche in quella sede le persecuzioni che erano
state poste in essere nei suoi confronti e chiedendo che
fossero disposte ispezioni alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Taranto.
Tra esse si segnalano le seguenti:
1) interrogazione n. 4-00477 del 29 maggio 1996;
2) interrogazione n. 4-01549 del 2 luglio 1996;
3) interrogazione n. 4-01951 del 10 ottobre 1996;
Il vecchio codice di procedura penale prevedeva la
necessità di "sufficienti" indizi di colpevolezza per
l'adozione di misure cautelari mentre, come si è visto, per
quello attualmente in vigore gli indizi non devono essere più
sufficienti ma "gravi" e cioè indizi di indubbia maggior
consistenza.
Un indizio può essere "sufficiente" per sostenere l'accusa
ma non per poter disporre la custodia cautelare.
Per la Suprema Corte (cfr. Cass. S.U. 21 aprile 1995,
Cass. 11 gennaio 1993, n. 4807, Cass. 25 ottobre 1995 e Cass.
15 maggio 1992, n. 1198) gli indizi debbono essere tali che
consentano di pervenire ad un giudizio di alta probabilità di
commissione del reato e di attribuibilità all'indagato.
Pag.4
Occorre pertanto, così come insegna la Suprema Corte, un
prudente apprezzamento del Magistrato.
Noi non crediamo alla congiura prospettata dall'onorevole
Cito e in qualche misura documentata con esposti ed
interrogazioni, ma è certo che da parte della magistratura
tarantina sia mancato proprio quel "prudente apprezzamento"
che ha finito per risolversi in un vero e proprio accanimento
giudiziario nei suoi confronti, con cui si sono trasformati
semplici indizi in gravi indizi, tali da determinare la di lui
custodia cautelare.
Il G.I.P. assume che nella specie le esigenze cautelari
sarebbero quelle previste dalla lettera a) (pericolo di
inquinamento delle prove) e dalla lettera c) (pericolo
di reiterazione dei reati) dell'articolo 274 c.p.p.
Per quanto riguarda il pericolo di inquinamento
probatorio, il G.I.P. ne sostiene la sussistenza sul
presupposto che sarebbero necessarie ulteriori indagini per
individuare responsabilità di altri dipendenti del comune di
Taranto e di altri imprenditori coinvolti in altre vicende.
Secondo il G.I.P. "l'ascolto dei predetti potrebbe essere
gravemente pregiudicato dalla permanenza in libertà di Cito
Giancarlo, De Cosmo Gaetano e Panico Giuseppe i quali (a dire
del Panico) possono fare il bello ed il cattivo tempo e che
per i rispettivi ruoli hanno dimostrato di avere enorme
influenza nei confronti dei dipendenti comunali costretti a
sottostare al loro volere anche quando riscontravano
l'illegittimità delle procedure (denuncia Illiano)".
In sostanza, il G.I.P. fa discendere il pericolo di
inquinamento delle prove non da elementi concreti ma
unicamente da quanto riferito dall'Illiano nella propria
denuncia e non confermato da alcuno tant'è che il G.I.P., come
si è visto, per argomentare il pericolo di inquinamento
probatorio fa riferimento sempre e soltanto al denunciante.
La Corte di cassazione ha statuito che "in tema di misure
cautelari il pericolo per l'acquisizione e la genuinità della
prova deve essere concreto e va indentificato in tutte quelle
situazioni in cui si possa desumere secondo la regola
dell' id quod prerumque accidit, che l'indagato possa
realmente turbare il processo formativo della prova
ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti. E'
necessario che il giudice indichi con riferimento all'indagato
le specifiche circostanze di fatto con le quali è desunto e
fornisca sul punto adeguata e logica motivazione (Cass. n.
1460 del 19 aprile 1995).
Tutto ciò nel caso dell'onorevole Cito non è però
accaduto.
Il precedente relatore di maggioranza onorevole Silvana
Dameri nelle ultime righe della pagina 3 della propria
relazione scriveva: "non può tacersi infine - con riferimento
al pericolo di "inquinamento delle prove" - il fatto che
l'Illiano ha subìto un grave attentato dinamitardo alle sue
attrezzature di lavoro. Non vi sono elementi per collegare
tale attentato alla sua testimonianza: esso è tuttavia un
indice del clima complessivo nel quale l'intera vicenda si
svolge".
O si hanno elementi per sostenere che tale preteso
attentato sia riferibile alla vicenda che ci interessa e
allora è giusto richiamare tale episodio, ma se essi mancano
(e mancano clamorosamente) allora certe cose è opportuno non
dirle e non scriverle.
Per quanto riguarda il pericolo di reiterazione di reati
da parte dell'onorevole Cito, ribadiamo che quest'ultimo non
solo non è più sindaco di Taranto, ma non riveste più alcuna
carica presso quella amministrazione comunale e non si trova
quindi in una posizione tale da poter svolgere ulteriori
attività concussive, sempre che in passato egli le abbia
davvero poste in essere.
Per concludere, gli indizi non sono gravi, vi è solo la
denuncia dell'Illiano denunciato a sua volta per il reato di
calunnia dall'onorevole Cito.
Non sussistono in concreto pericoli di inquinamento delle
prove o di reiterazione di reati, anche perché dai fatti
contestati ad oggi sono trascorsi circa due anni.
Recentemente sono emerse peraltro due circostanze decisive
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per escludere il permanere di esigenze cautelari, sempre che
in passato esse ci fossero state.
Davanti al G.I.P. presso il Tribunale di Taranto il 19
dicembre 1997 si è tenuto un incidente probatorio che ha
rappresentato un significativo momento di confronto tra
denunciante ed indagati.
A seguito di ciò, in data 20 dicembre 1997 il G.I.P.
dottoressa Santella ha revocato l'ordinanza di custodia
cautelare nei confronti dei coindagati Panico Giuseppe e De
Cosmo Gaetano, sul presupposto che non esistevano più pericoli
connessi all'acquisizione delle prove od alla reiterazione di
reati, anche in funzione dell'acquisizione dell'"acquisizione
di un considerevole supporto documentale".
Se non sussistono più esigenze cautelari per i coindagati
(tra cui il De Cosmo, attuale sindaco di Taranto che in
funzione di tale carica ha certamente più poteri all'interno
della locale amministrazione comunale rispetto all'onorevole
Cito che non ne ha alcuno) non si riesce davvero a comprendere
perché si voglia continuare a richiedere l'arresto di un
deputato.
Non solo. Come già detto, l'Assemblea nella seduta del 14
gennaio 1998 a larghissima maggioranza decise di restituire
gli atti alla Giunta. Ciò avvenne sulla scorta dell'ordinanza
8 gennaio 1998 del Giudice per le indagini preliminari presso
il Tribunale di Taranto che dichiarò inammissibile l'istanza
di revoca dell'ordinanza di custodia cautelare avanzata dai
difensori di fiducia dell'onorevole Cito e fondata: a)
su una rilettura dei gravi indizi di reità posti a base della
misura cautelare, in senso favorevole agli indagati all'esito
dell'ascolto in data 19 dicembre 1997 della parte lesa,
Illiano Domenico, con le forme dell'incidente probatorio,
b) sulla ritenuta cessazione delle esigenze cautelari di
cui all'articolo 274 c.p.p., dedotta dall'intervenuta
scarcerazione degli indagati in data 20 dicembre 1997. Il
G.I.P., in sostanza, ha argomentato che nella specie non
avrebbe potuto disporre la revoca della ordinanza di custodia
cautelare in quanto l'onorevole Cito "non ha interesse a
chiedere la revoca di una misura cautelare in itinere,
che potrà essere eseguita solo se, e quando, la Camera dei
deputati rilascerà autorizzazione a procedere". Il G.I.P.
aggiunge altresì che "tale richiesta (di revoca) potrà invece
essere formulata quando la misura diventerà esecutiva e prima
della sua materiale esecuzione e notifica, o subito dopo. Solo
in quel momento potrà essere rivalutato il quadro
indiziario...".
Il G.I.P. sostiene quindi che essendosi incardinato il
procedimento presso la Camera dei deputati egli non potrebbe
più revocare la misura cautelare, sicché si dovrebbe attendere
la relativa autorizzazione e, addirittura, la materiale
esecuzione dell'ordinanza cautelare medesima prima di poterla
revocare. Il G.I.P. vorrebbe quindi prima l'arresto
dell'onorevole Cito e poi, magari subito dopo, disporre la sua
rimessione in libertà.
Alla Giunta è parso a questo punto di estrema evidenza
l'intento persecutorio nei confronti del predetto
parlamentare. Questi, comunque, nella circostanza non si è
comportato in modo esemplare in quanto assai prima della
seduta dell'Assemblea dell'11 febbraio 1998 avrebbe potuto
rendere pubblico il contenuto dell'ordinanza 14 gennaio 1998
in modo da consentire ai componenti della Giunta di
intervenire all'inizio della discussione in Aula per
modificare l'orientamento in precedenza assunto allorché ne
ignoravano l'esistenza. L'onorevole Cito invece ha diffuso
tale provvedimento soltanto a discussione avviata rendendo
così necessaria la restituzione degli atti alla Giunta
medesima.
Come già detto, se non siamo in presenza di una congiura
ci troviamo di fronte però ad un vero e proprio accanimento
giudiziario che sulla base di semplici indizi e in assenza di
esigenze cautelari evidenzia quel fumus persecutionis in
funzione del quale la richiesta di arresto non può che venire
respinta.
Un'ultima considerazione.
Se il titolo del reato (concussione) è indubbiamente
grave, il relativo preteso provento (complessivamente lire 80
milioni da dividersi tra Cito, De Cosmo e Panico) non appare
di particolare rilievo patrimoniale.
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Nella cinquantennale storia repubblicana non è mai
accaduto che per un siffatto reato sia stata concessa
l'autorizzazione all'arresto. Nell'undicesima legislatura
ventotto richieste di arresto presentate alla Camera e 17
richieste di arresto presentate al Senato furono tutte
respinte. In cinquant'anni solo in 4 casi è stato concesso
l'arresto e tra questi per l'onorevole Abbatangelo si trattò
di dare esecuzione ad una sentenza irrevocabile e fu quindi
una decisione sostanzialmente dovuta.
Negli altri tre casi si trattava di reati gravissimi:
l'onorevole Francesco Moranino doveva rispondere, tra
gli altri, dei seguenti reati: omicidio continuato doppiamente
aggravato, occultamento continuato ed aggravato di cadavere,
tentato omicidio continuato;
l'onorevole Sandro Saccucci doveva rispondere, tra gli
altri, dei reati di omicidio e di tentato omicidio;
l'onorevole Antonio Negri doveva rispondere, tra gli
altri, dei seguenti reati: insurrezione armata contro i poteri
dello Stato, formazione e partecipazione a più bande armate,
promozione, costituzione, organizzazione e direzione di
associazioni sovversive, sequestro di più persone
pluriaggravato, devastazione e saccheggio aggravati.
Ci rifiutiamo di credere che il caso dell'onorevole Cito
possa avvenire anche lontanamente paragonato a quelli sopra
ricordati e ci rifiutiamo di credere che la Camera dei
deputati si voglia discostare da tale consolidata
giurisprudenza per ragioni che francamente ci sfuggono.
La Giunta propone quindi all'Assemblea di non concedere
l'autorizzazione all'arresto nei confronti dell'onorevole
Cito.
Filippo BERSELLI, Relatore.
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