| l' a. riprende la tesi di bobbio secondo la quale vi sono state due
interpretazioni della resistenza: una liberale e l' altra marxista.
l' interpretazione liberale ha concepito l' antifascismo come lotta
contro la dittatura, l' interpretazione marxista come lotta contro un
regime borghese dittatoriale. l' a. ammette che questi due filoni
sono stati recepiti in un quadro politico molto generale. tuttavia
dall' osservazione della storia e della cronaca di alcune istituzioni
(qui egli indica esplicitamente le forze armate, la polizia e la
magistratura), egli rileva come in esse non sia stata recepita
nessuna delle due concezioni dell' antifascismo. pur non pretendendo
l' a. che esse facessero proprio l' antifascismo marxista, vi era da
aspettarsi che esse si impossessassero dell' antifascismo liberale.
invece queste istituzioni, secondo l' a., hanno fatto blocco di
potere illiberale, non gia' fascista ma pur sempre illiberale. tre
sono i fattori che hanno prodotto questa situazione: la "continuita'"
che vi e' stata all' interno delle istituzioni tra prima e dopo la
caduta del fascismo; l' estrazione e la carriera conservatrici; la
prerogativa del potere. questi fattori hanno d' altro canto dato vita
sia ad uno spiccato qualunquismo, rivestito dal primato dei tecnici,
sia alla formazione di focolai di autocrazia, dato l' assunto
decisamente piramidale di queste istituzioni. presa consapevolezza di
questo stato di cose, e' necessario, conclude l' a., che tutto il
movimento democratico assuma su di se' il peso di questo problema,
senza rifugiarsi, per rimandarlo, nella crisi economica. anzi esso e'
tanto piu' urgente perche' e' prorpio nei momenti di crisi economica
che partono gli attacchi alla liberta' ed ai diritti dei lavoratori.
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