| l' a. trae lo spunto dall' apparizione nel 1972 di un intero numero
della piu' prestigiosa rivista di sociologia dedicato al rapporto fra
storia e sociologia. problemi di tale ampiezza finiscono
inevitabilmente, secondo l' a., per coinvolgere non solo l' intera
concezione di due discipline di rilievo come queste, ma anche l'
intera visione del mondo che lo studioso assume come propria.
definire infatti gli oggetti di studio di queste due discipline, i
loro limiti, i loro campi d' indagine significa, secondo l' a.,
compiere una "scelta" di valori e significati che necessariamente
deve avvenire in un ambito metascientifico. non tenere conto allora
di questa inevitabile "scelta" che sostiene quella scientifica, porta
ad esporre, cosi' come e' successo nel dibattito in questione, un
semplice elenco di posizioni diverse: neokartiane, marxiste,
esistenzialiste, fenomenologiche, ognuma delle quali e' chiusa in
se', in una rigida inconciliabilita' con le altre. l' a. auspica
invece un mutamento nel "modo" di porre il problema del rapporto fra
storia e sociologia. cio' potra' avvenire, secondo l' a., solo se si
tiene conto che non esiste una storia al singolare, ma che esistono
invece singole storie particolari; che non esiste neppure una
sociologia, come insieme di leggi assolutamente valide e quindi anche
essa fosse vista come scienza delle "forme" di associazione, essa
rimarrebbe un' astrazione, se non si riferisse contemporaneamente ad
altre teorie sociologiche formatesi sulla base di ipotesi
concorrenti, ciascuna delle quali e' frutto di un particolare punto
di vista assunto dall' osservatore. solo se posto in questa mutata
prospettiva il problema del rapporto fra storia e sociologia potrebbe
presentarsi in forme nuove che, nella consapevolezza del loro
necessario legame con scelte di valori, non si fondino piu' su
idealizzate posizioni scientifiche "pure".
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