| l' a. rileva come sia entrato in crisi l' atteggiamento che aveva
indirizzato l' interpretazione delle leggi di esecuzione e di
applicazione dei patti lateranensi e, segnatamente, della cosiddetta
legge matrimoniale. l' elaborazione dottrinale ed un atteggiamento
sempre piu' diffuso delle magistrature di merito hanno determinato
una lenta erosione di quei principi. l' a. ritiene che ogni tentativo
di unificare la disciplina dell' atto matrimoniale da un lato e'
destinato a fallire sul piano giuridico, dall' altro induce ad
equivoci nelle coscienze e auspica una convenzione fra stato e
chiesa, fondata su pochi punti essenziali e svincolata da ogni
preminenza nell' ordinamento statale dell' istituto matrimoniale
canonico rispetto alle forme di celebrazione di altre confessioni
religiose. sara' quindi conveniente svincolarsi da ogni fattispecie
di unificazione del rito. l' atto costitutivo di un vincolo
matrimoniale civile e l' atto sacramentale canonico sono per loro
natura, secondo l' a., irriducibili ad unum. il problema fondamentale
pero' e' quello della possibilita' che un medesimo soggetto
costituisca, nell' ordinamento civile ed in quello religioso, due
rapporti matrimoniali in posizioni di conflitto. per questo problema
non sembra risolutivo limitarsi a dire che ciascun rapporto
matrimoniale rappresenta per un ordinamento diverso, un rapporto di
mero fatto. in un grado di civilta' quale il nostro, non si puo'
consentire di vivere un rapporto familiare in direzioni soggettive
diverse. se si riconosce alla famiglia una sua intrinseca misura di
giuridicita' indipendente da un intervento qualificativo dell'
ordinamento giurudico, bisognera' considerare legittimo che un
ordinamento tenga conto, nel conferire la sua tutela o nel negarla,
di eventuali altri rapporti di tipo familiare che vincolino il
soggetto, sia pure in un ordinamento diverso.
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