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| IDG760900237 | |
| 76.09.00237 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
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| piacentini claudio
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| nota a trib. napoli 3 ottobre 1974
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| Giur. it., s. 7, an. 127 (1975), fasc. 5, pt. 2, pag. 275-278
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| (Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
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| d501; d51114
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| l' a., prendendo spunto da una sentenza di merito, pone in rilievo
come la giurisprudenza affermi in via di principio che la condotta
spiegata dall' autore dell' illecito sulla cosa ottenuta mediante il
compimento di quel dato reato non soggiace ad ulteriore punizione per
un titolo diverso. ma la giurisprudenza richiede che la condotta
svolta dall' autore sull' oggetto suddetto non si risolva in un
attacco alla sfera giuridica altrui e che non oltrepassi quindi i
confini posti a tutela dei beni giuridici dei terzi; e da queste
premesse la sentenza che lo scrittore esamina afferma che il reato di
omissione o rifiuto di atti d' ufficio si presenta come un non factum
non punibile quando sia preceduto dalla commissione del reato di
sottrazione di cose soggette a pignoramento. l' incriminazione per
omissione o rifiuto di atti d' ufficio ha, dunque, carattere generico
e sussidiario e trova luogo solo quando un determinato fatto di
rifiuto non costituisca uno speciale reato: mentre l' art. 334 codice
penale si concreta con la sottrazione della cosa pignorata, il reato
di cui all' art. 328 codice penale ha per presupposto il rifiuto, l'
omissione o il ritardo nel compimento dell' atto che al pubblico
ufficiale e' imposto da una norma giuridica. secondo la prevalente
giurisprudenza per la sussistenza del reato di cui all' art. 334
codice penale e' sufficiente la presenza del dolo generico, e per
quanto riguarda l' elemento materiale dello stesso reato non occorre
la appropriazione della cosa ma solo la amotio di essa.
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| art. 328 c.p.
art. 334 c.p.
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| Ist. dir. penale - Univ. TO
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