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109035
IDG760900277
76.09.00277 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
presutti adonella
nuovi profili delle impugnazioni nel processo di prevenzione
Riv. it. dir. proc. pen., an. 18 (1975), fasc. 2, pag. 455-505
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
d507; d63
l' a. affronta il problema relativo all' applicabilita' delle regole generali sulle impugnazioni penali ai "ricorsi" previsti dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423: dopo aver esposto come la giurisprudenza, per parecchio tempo, si sia basata, per negare la suddetta applicabilita', sull' esplicito rinvio operato dall' art. 4, ultimo comma, della legge del 1956 alla normativa delle impugnazioni esperibili in sede applicativa delle misure di sicurezza, l' a. chiarisce come si sia giunti ad una posizione piu' aperta, secondo cui le norme generali sulle impugnazioni penali sarebbero applicabili in quanto non inconciliabili con la struttura dei processi di sicurezza e di prevenzione. l' a. passa poi ad analizzare le questioni piu' significative che si prospettano in materia. particolare importanza riveste il problema della individuazione dei soggetti legittimati a proporre ricorso: l' a. illustra come, da un primo orientamento che negava l' autonomo diritto di impugnazione del difensore ai sensi dell' art. 192, ultimo comma, codice procedura penale, si sia pervenuti a riconoscere l' operativita' di tale norma, per assicurare un' integrale attuazione del diritto di difesa, sulla scia delle sentenze costituzionali n. 53 del 1968 (sul processo di sicurezza) e n. 76 del 1970 (sul processo di prevenzione) ed anzi superandone l' ambito, che riguardava solo la difesa in primo grado. altro problema e' quello relativo all' enunciazione dei motivi a sostegno del ricorso: attraverso un panorama della giurisprudenza, l' a. espone come la cassazione abbia stabilito l' obbligatorieta' dei motivi, ed avanza alcune riserve in ordine al procedimento d' appello, in quanto la delimitazione dell' ambito di cognizione ai motivi proposti, mal si concilia con l' ampia liberta' di iniziativa, nel riesame complessivo della pericolosita' del prevenuto, che caratterizza l' appello nel processo di prevenzione; analoghe osservazioni vengono avanzate dall' a. in ordine all' estensione del divieto della reformatio in peius, operata da alcune recenti pronunzie, al settore delle sanzioni ante delictum. nelle considerazioni conclusive, l' a., dopo aver sottolineato le contraddizioni insite nella ricostruzione del processo di prevenzione iniziata dalla giurisprudenza, la quale non ha spesso tenuto conto delle diverse caratteristiche strutturali del processo di prevenzione rispetto al processo penale ordinario, e' indotto a ritenere che l' attivita' giurisprudenziale nasconda il tentativo di coprire i vizi di fondo del processo di prevenzione, attribuendo un' apparenza di costituzionalita' ad un sistema preventivo che viola i principi di tassativita' e di legalita'. il vero obiettivo da realizzare rimane sempre quello di "attuare una ristrutturazione del sistema della difesa sociale" in ossequio al dettato della costituzione.
l. 27 dicembre 1956, n. 1423 art. 190 c.p.p. art. 151 c.p.p. art. 214 c.p.p. art. 515, comma 3, c.p.p. art. 640 c.p.p. art. 641 c.p.p. art. 642 c.p.p. art. 643 c.p.p. art. 644 c.p.p. art. 645 c.p.p. art. 646 c.p.p. art. 647 c.p.p.
Ist. dir. penale - Univ. TO



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