| l' a. annota criticamente la decisione secondo cui la mancata
citazione del coimputato non appellante, il quale non riveste la
qualita' di parte processuale, non e' causa di nullita' del giudizio
stesso, bensi' di semplice irregolarita'. tracciato un panorama
giurisprudenziale in materia di effetto estensivo delle impugnazioni,
l' a. individua, nell' indirizzo seguito dalla sentenza annotata, 2
premesse "discutibili": in base alla prima, la legge subordinerebbe
l' effetto estensivo all' accoglimento in concreto dell'
impugnazione, con la conseguente completa irrilevanza di tutto cio'
che si verifica prima di tale momento, compresa la citazione ex art.
517 codice procedura penale; in base alla seconda, non configurandosi
nulla di giuridicamente rilevante prima dell' accoglimento del
gravame, il coimputato non appellante non e' parte con i relativi
diritti, e nei suoi confronti la sentenza sarebbe gia' passata in
giudicato. a quest' ultimo proposito l' a., passate in rassegna le
tesi giurisprudenziali sulla "formazione progressiva del giudicato",
le critica, concludendo che, per la sua funzione preventiva, l'
istituto dell' effetto estensivo deve percorrere la via piu' breve,
usufruendo del meccanismo dell' irrevocabilita' congiunta. per quanto
attiene, in particolare, al problema della citazione del coimputato
non appellante ai sensi dell' art. 517 codice procedura penale, l'
a., partendo dalla premessa del permanere della qualita' di imputato
nel soggetto non appellante, ritiene che il giudice abbia sempre l'
obbligo di citarlo: quando i motivi sono inestensibili, sempreche' il
soggetto non possa dimostrarne l' estensibilita', la reformatio in
melius della sentenza avverra' con le modalita' operanti d' ufficio;
anche in questo caso, comunque, sussistera' un interesse ad essere
presente in giudizio in capo al non appellante, che andra' dunque
citato.
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