Banche dati professionali (ex 3270)
Stampa giuridica

Documento


111971
IDG770600776
77.06.00776 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
treu tiziano
obbligo dell' imprenditore a trattare, diritti sindacali e principio d' eguaglianza
Riv. trim. dir. proc. civ., an. 26 (1972), fasc. 3, pag. 1395-1420
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
d7113
si affronta il problema della liceita' della differenza di trattamento che si ha nel caso in cui l' azienda riconosca come agenti contrattuali solo certe rappresentanze sindacali escludendone altre, oppure quando si dichiari disposta a trattare con queste ultime soltanto in sede separata ed in tempo successivo. a tal uopo innanzitutto si distingue questa problematica da quella relativa all' obbligo di trattare con i sindacati, in quanto l' imprenditore non e' in ipotesi contrario ad avviare le trattative, anzi le avvia, ma differenziando fra le diverse controparti sindacali. successivamente si esaminano le argomentazioni addotte dalla giurisprudenza per negare l' esistenza di discrezionalita' nell' ipotesi in esame, ritenendo pertanto illeciti i comportamenti discriminatori dell' imprenditore nella conduzione delle trattative e nella concessione di benefici sindacali. per quanto riguarda un primo ordine di motivi che ritiene tali comportamenti violatori del principio di liberta' sindacale in quanto sarebbero atti a tradursi per i lavoratori interessati al conseguimento dei vantaggi dipendenti dalla stipulazione del contratto, in un efficace stimolo a rinunziare all' esercizio del proprio diritto ad essere rappresentati dal sindacato discriminato, se ne sostiene l' illogicita' in base alla considerazione che la stessa giurisprudenza nel contempo conviene sulla liceita' del rifiuto tout court di trattare con tutti, che certo costituisce un ostacolo dello stesso tipo, e piu' generale, all' azione sindacale in azienda. per quelle motivazioni che dichiarano l' illiceita' della discriminazione rifacendosi all' art. 17 dello statuto dei lavoratori, da cui deriverebbe un generale divieto per il datore di lavoro di operare discriminazioni, in quanto questa sarebbe uno dei mezzi piu' insidiosi per costituire o sostenere un sindacatodi comodo, si rileva che la norma in oggetto ha l' obiettivo di vietare non qualunque differenza di trattamento fra le varie controparti, ma soltanto quelle che concretano il favoreggiamento di una di esse tale da farla rientrare nel modello del sindacato di comodo, cioe' da pregiudicare la sua capacita' di tutela autonoma dei propri aderenti e dei lavoratori. ne' un divieto generale di discriminazione fra sindacati potrebbe desumersi dall' art. 15 dello statuto il quale senza dubbio indica come beneficiari della tutela i singoli lavoratori. cosicche' sarebbe del tutto incongrua l' applicazione del principio dei rapporti collettivi.
Scuola perf. dir. civile - Univ. Camerino



Ritorna al menu della banca dati