| l' a. pone, preliminarmente, in luce le tendenze presenti nel nuovo
diritto di famiglia che riassume in una concezione della famiglia
basata non piu' sulla coercizione ma sul consenso; sulla eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi; sulla solidarieta' e sulla
collaborazione nell' interesse del gruppo familiare; sul potere
congiunto dei coniugi di decidere l' indirizzo della vita familiare;
sul superamento della predeterminazione dei ruoli all' interno della
famiglia. a tutti questi principi, prosegue l' a., oltre che al nuovo
regime patrimoniale della comunione dei beni, si ispira anche la
disciplina relativa all' impresa familiare. di tale disciplina egli
da' una interpretazione che tende a contemperare e coordinare le
ragioni della famiglia con le ragioni dell' impresa. sostiene,
infatti, che l' art. 230 bis codice civile, parlando della impresa
familiare, intende disciplinare esclusivamente i rapporti interni tra
i familiari che a tale impresa collaborino, senza portare vere e
proprie modifiche alla regolamentazione dei rapporti "esterni all'
impresa". la qualita' d' imprenditore, quindi, lungi dal dover essere
attribuita a tutti i familiari che prestano il lavoro nell' impresa
familiare, nei rapporti esterni competera' ad un unico soggetto che
sara' esclusivo titolare dei debiti e crediti relativi alla gestione
d' impresa oltreche' dell' effettivo esercizio dei poteri di
ordinaria amministrazione. non muta il regime della titolarita' dei
beni (i quali potranno cadere in comproprieta' col coniuge solo per
effetto del nuovo regime legale dettato per i rapporti patrimoniali o
di altre convenzioni); resta distinto insomma l' aspetto della
proprieta' dei beni da quello della partecipazione dei componenti la
famiglia o dei parenti e affini agli utili dell' impresa gestita in
comune. l' insieme delle posizioni spettanti ai familiari, che l'
art. 130 bis qualifica come "diritto di partecipazione", puo'
riassumersi in una sorta di diritto di credito nei confronti dell'
imprenditore; diritto che viene tutelato dai poteri di intervento
nella gestione dell' impresa. tali poteri riguardano le decisioni
concernenti l' impiego degli utili e degli incrementi nonche' quelle
inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e
alla cessione dell' impresa. per quanto riguarda infine gli usi, che
ai sensi dell' ultimo comma dell' art. 230 bis codice civile
dovrebbero disciplinare le comunioni tacite familiari, in quanto
pero' "non contrastino con le precedenti norme", l' a. e' dell'
avviso che di essi ben poco sia destinato a restare applicabile,
perche', formatosi sotto il precedente ordinamento, finirebbero
inevitabilmente per contrastare con i piu' generali principi del
nuovo diritto familiare.
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