| con riguardo alla responsabilita' "diretta" (per fatto proprio) dello
stato per i danni conseguenti dall' operato dei suoi dipendenti, l'
a. rileva, innanzitutto, come essa sia ammissibile soltanto nel caso
di danni conseguenti all' esplicazione di un "potere" giuridico. ma
l' esplicazione di un tale "potere" da' luogo al fenomeno della
"degradazione" ad "interessi" dei diritti sui quali esso venga ad
incidere, con conseguente inammissibilita' di una responsabilita'
dello stato, mancando la condizione necessaria data dalla lesione di
"diritti". parimenti, se l' operato dannoso non costituisce
esplicazione di una funzione pubblica, manca la base per una azione
di responsabilita' direttamente contro lo stato, in quanto manca la
possibilita' di una riferibilita' diretta all' ente del comportamento
lesivo. sembrerebbe, quindi, esser messa in crisi la teoria di una
responsabilita' diretta dello stato. l' a. supera l' "impasse"
richiamandosi al principio dell' apparenza giuridica" (di una realta'
giuridica, cioe', inesistente come tale, alla quale, purtuttavia, in
certe circostanze deve riconoscersi valore giuridico di realta') ed
applicandolo alla materia dei rapporti fra stato ed "amministrati".
conclude osservando come per la concreta attuazione del principio
dell' apparenza giuridica e quindi per l' ammissibilita' di una
azione di responsabilita' diretta contro lo stato, nelle singole
concrete fattispecie occorrera' il concorso di 2 condizioni: 1) che
il comportamento lesivo provenga effettivamente da organi dell'
amministrazione; 2) che ci si trovi in presenza di un comportamento
che appaia esternamente ed oggettivamente come esplicazione di una
funzione pubblica.
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