| l' a. rileva in primo luogo che nel caso dell' art. 145, comma 2
codice civile non si puo' parlare di rilevanza giuridica del
conflitto di interessi nella fattispecie legislativa, ma si ha una
mera divergenza di opinioni in rapporto alla valutazione di un
medesimo interesse; secondariamente che tale divergenza rende
possibile e necessaria l' instaurazione del contraddittorio ex art.
24 costituzione. ravvisa quindi nel caso in esame un fenomeno di
giurisdizione volontaria, proprio perche' non c' e' un vero conflitto
e la presenza del contraddittorio non suggerisce alcuna
controindicazione al riguardo. solleva, poi, una serie di problemi
relativi al profilo strettamente processuale. sottolinea,
innanzitutto, come competente ad emettere i provvedimenti previsti
nell' art. 125 codice civile sia il pretore del mandamento del luogo
in cui e' stabilita la residenza familiare, cosi' come risulta dall'
art. 222 della legge di riforma che ha sostituito l' art. 41
disposizioni di attuazione. per quanto concerne il procedimento
ritiene applicabile al caso dell' art. 145 codice civile la procedura
camerale prevista negli artt. 737 ss. codice procedura civile. circa
l' ambito dei poteri istruttori del giudice e' dell' avviso che, nel
silenzio della norma, valga il generale principio inquisitorio che
presiede ai procedimenti di volontaria giurisdizione. infine, dopo
aver affermato che il provvedimento (il quale dovrebbe avere la forma
del decreto) non e' suscettibile di esecuzione forzata, ammette pero'
la possibilita' che il pretore si serva della forza pubblica per
porre in esecuzione i propri ordini, giacche' la natura
sostanzialmente pubblicistica dei provvedimenti di volontaria
giurisdizione consente l' esecuzione amministrativa.
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