| l' a. rileva come la letteratura su alf ross tenda a far risaltare,
nelle teorie dello stesso, 2 problemi schiettamente collocati entro
la cultura giusteorica normativistica: la "norma" e la "validita'";
laddove tali problemi sono assolutamente marginali nella elaborazione
rossiana. cio', osserva l' a., fa si' che la teoria originale di ross
sia messa in ombra e scada a mera variante del kelsenismo. propone,
quindi, una riesposizione alternativa delle teorie di ross dalla
quale risulta come questi muova da un terreno problematico del tutto
diverso da quello del normativismo. infatti, prosegue l' a., le
conclusioni cui ross giunge dimostrano che: "diritto" non e'
pensabile al di fuori di un "apparato coercitivo" e che, pertanto, il
"campo del diritto" non e' separato da quello della statualita' o
politicita'; e, piu' in particolare, "diritto" non e' tanto cio' che
regola l' agire dei privati, ma piuttosto cio' che regola (;
organizza) il funzionamento della "staatsmaschine". le teorie
rossiane, quindi, conclude l' a., lungi dall' esserne una variante
mettono in discussione la teoria giuridica normativistica, tutta
dedita a delimitare il diritto cosi' della morale come della
politica, alla ricerca della "purezza".
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