| l' a. prende in esame una sentenza della corte costituzionale avente
ad oggetto la questione di legittimita' dell' art. 9 della legge 1
dicembre 1970, n. 898. esaminate le ordinanze di rimessione dei
giudici di merito, riassume nella seguente alternativa i quesiti
posti al vaglio della corte: o analizzare, in base all' art. 3
costituzione, la razionalita' della differente disciplina
processuale, prevista dall' art. 9 della legge citata e dall' art.
710 codice procedura civile per la tutela di situazioni
presumibilmente omogenee (ed infatti l' art. 9 per la revisione delle
disposizioni contenute in una sentenza di divorzio e relative all'
affidamento dei figli ed alle misure e modalita' dei contributi
patrimoniali dei coniugi, ritiene idoneo un provvedimento camerale
preceduto da una cognizione del tutto sommaria; mentre l' art. 710
codice procedura civile per la revisione di disposizioni di identica
natura, ma contenute in una sentenza di separazione personale dei
coniugi, impone le forme del processo ordinario); oppure verificare,
alla luce dell' art. 24 costituzione, se le modalita' e le forme d'
indagine istruttoria regolate nella norma denunziata fossero di
irragionevole pregiudizio per i diritti di difesa delle parti, tenuto
conto delle caratteristiche del tipo di procedimento previsto. la
corte, prosegue l' a., in merito alla prima prospettiva, ha ritenuto
che la divergente scelta del rito processuale nelle 2 norme risponda
ad una differenziazione di portata sostanziale, che si ricollega
razionalmente alla eterogeneita' delle situazioni disciplinate. con
riguardo alla seconda prospettiva, invece, non ha contestato
globalmente la legittimita' della procedura camerale, ma ha ritenuto
carente il sistema creato dalla legge n. 898, laddove limita la
regolamentazione dei poteri officiosi di istruzione alla mera
"assunzione d' informazioni" (interpretando cosi' in modo restrittivo
la formulazione legislativa), e cioe' ad un mezzo atipico d'
indagine, sfociando cosi' in una sentenza di accoglimento parziale.
l' a. critica la pronuncia della corte, che condizionando la scelta
di una soluzione intermedia, sovverte le strutture processuali dell'
art. 9 della legge n. 898 nella misura in cui lascia presumere che il
rito camerale ivi previsto debba essere integrato con l' inserimento
dei mezzi probatori tipici e formali. "de iure condendo" auspica una
soluzione piu' radicale che coinvolge l' intera norma.
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