| affinche' il nuovo ordinamento penitenziario, approvato con la legge
26 luglio 1975, n. 354, raggiunga effettivamente il traguardo
propostosi di assicurare ai detenuti e internati un particolare aiuto
nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e
per un congruo periodo a questa successivo, e' necessario rivedere la
disciplina relativa alla conoscibilita' dei precedenti penali del
cittadino, e alle preclusioni che da essa nascono al reinserimento
sociale del dimesso dal carcere. l' a. capovolge quindi le premesse
ideologiche che debbono ispirare la materia in esame e sottolinea l'
esistenza di un conflitto tra 2 istanze, delle quali una e' di
livello costituzionale (come conseguenza del principio enunciato
dall' art. 27 comma 3 costituzione) ed e' costituita dall' esigenza
del condannato a che la condanna non sia di ostacolo al suo
reinserimento; l' altra, e cioe' l' opportunita' che i terzi siano
messi in condizione di conoscere le condanne riportate da un altro
cittadino, risponde (almeno per quanto concerne i privati) a un mero
interesse di fatto, che non trova alcuna tutela nella costituzione, e
che pertanto deve essere sacrificato alla precedente istanza. per
realizzare questo obbiettivo, l' a. indica la via dell' abrogazione
dell' art. 607 codice di procedura penale (e consseguentemente dell'
art. 608). discorso parzialmente diverso viene fatto, infine, per
quanto concerne la pubblica amministrazione. quest' ultima, infatti,
puo' vantare uno specifico e piu' marcato interesse a che certi
uffici siano affidati solamente a persone di comprovata moralita'
sociale, data la responsabilita' e la delicatezza delle mansioni: e
questo interesse e' innegabilmente di livello costituzionale anch'
esso, poiche' l' art. 97 costituzione stabilisce che "i pubblici
uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon
andamento e l' imparzialita' dell' amministrazione".
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