| l' a., analizzando la situazione attuale, nota come la violenza che
appare all' esterno e' solo l' assetto d' urto di tutta una serie di
violenze perpetrate in silenzio ma con continuita'. tra tali violenze
sotterranee, ma non per questo meno aberranti, l' a. elenca la
poverta', il diniego di posti di lavoro per discriminazioni sociali,
il cinico insabbiamento di tutti i processi per scandali. il motivo
profondo di questo stato di cose e' ravvisato dall' a. nell' aver
smarrito quella dimensione autenticamente pluralista, che la
costituzione aveva inteso salvaguardare. il costituente infatti,
mantenendo nella costituzione le tre componenti socialista, liberale
e cattolica, aveva inteso proiettare nelle istituzioni un pluralismo
vero che le salvaguardasse da unilateralismi fanatici. ritornando
allora al problema particolare del fermo di polizia, e' necessario
considerarlo in una prospettiva piu' ampia. e' vero infatti, come
hanno affermato numerosi costituzionalisti, che la nostra
costituzione ne consentirebbe l' adozione, condizionata pero', in
base all' art. 13, dalla previsione dei "casi eccezionali di
necessita' ed urgenza". questo e' lo scoglio insuperabile, per l' a.,
se non si vuole fare piombare l' italia nell' atmosfera di uno stato
dittatoriale. d' altra parte l' a. ritiene che la crisi dell'
autorita', che e' la matrice vera di tutte le violenze manifeste o
nascoste, non si risolve certamente con qualche potere in piu' alla
polizia. la crisi dell' autorita' non e' crisi di una forma
giuridica, bensi' e' una crisi morale.
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