| l' a. propone dapprima osservazioni sul tema del rapporto teorico
intercorrente in savigny tra "diritto" e "tempo storico". il diritto,
proiettato nel tempo storico, riceve da questo una potente "forza
convalidatrice". ma se dunque quella "temporale" e' una
caratteristica costitutiva del diritto, il sistema giuridico puo', in
savigny, essere compreso solo nella storia: storia e sistema
divengono momenti distinti, ma inseparabili, di un processo
conoscitivo che e' unico. si tratta, per l' interprete, di compiere
una sola operazione, in qualche modo innovatrice: quella di separare
definitivamente "cio' che e' morto" da cio' che e' ancora
"storicamente" vivo. in questo contesto si pone il problema della
"tradizione", di cui il diritto romano e' parte integrante. in che
modo -si chiede savigny- il diritto romano, ricollegandoci a un
grandioso passato, ci tiene fermi sul terreno di una viva realta'?
savigny crede che l' interprete debba accogliere le fonti tramandate
-quasi "calandosi" in esse- in modo cosi' pieno da far loro
riacquistare una vita contemporanea. qui sta - conclude l' a. - il
valore di "modello", esemplare e pedagogico, che e' proprio del
diritto romano nella concezione storicista: un "modello" per
costruire una scienza giuridica "organicamente evolventesi" adeguata
allo sviluppo ottocentesco delle nazionalita' nell' ambito di una
coscienza europea.
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