| la prima parte dello scritto utilizza la scriminante dello jus
corrigendi come mezzo di scandaglio di alcuni temi in teoria generale
emergenti. in quest' ottica constata l' emarginazione dogmatica,
storicamente ascendente, della scriminante nel mondo delle
disposizioni penali; sostiene la duplicita' della funzione della
norma penale, in senso incriminante e tutorio, fino a tradurre in
malam ogni allegazione di scriminanti in bonam, asserisce, premessa
l' inconfutabilita' diagnostica della ratio assimilativa, induttiva
dell' analogia, l' impredicabilita' di momenti opzionali puri, da
risolvere normativamente, tra l' argomentazione assimilativa e quella
dissimilativa, l' indifferenziabilita' dell' interpretazione
estensiva e di quella analogica rispetto all' oggetto, nonche' la
traducibilita' immediata della ratio di assimilazione analogica dal
piano logico a quello normativo; nega la sperimentabilita' dell'
analogia oltre che nelle norme odiosae anche in quelle favorabiles,
supposto il divieto non gia' come effetto della riserva di legge ma
come ragione della sua esaltazione fino all' assolutezza. la seconda
parte dello scritto, rilevato il condizionamento dell' usuale
inquadramento dogmatico dello jus corrigendi da un retroterra
ideologicamente propenso a sussumere al modello del "potere"
situazioni giuridiche apparentemente sovraordinate, anche se
incarnanti doveri, esplorato il diritto vigente alla ricerca di
indizi segnalanti la doverosita' dell' attivita' normativa, conclude
per l' inserimento dello jus corrigendi nella categoria scriminante
dell' adempimento del dovere.
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