| premesso che il diritto oggettivo e' norma, norma agendi, l' a. si
propone di chiarire cosa si intenda per norma: in proposito egli
afferma di rifiutare, nell' impostazione del problema, il ricorso
alla nozione-idea di dover essere, e di rifarsi piuttosto alle teorie
del linguaggio e alle varie distinzioni che possono cogliersi fra le
sue funzioni. egli dunque distingue: la funzione
semantico-rappresentativa, che fa sapere al fruitore la funzione
descrittiva, volta a far credere cio' che si fa sapere; la funzione
precettiva volta a far fare; la funzione espressiva che agisce sull'
intelletto del fruitore e rivela i sentimenti; la funzione emotiva
che suscita i sentimenti; infine la funzione sintomatica diretta a
far credere, ed esercitata direttamente con linguaggio descrittivo o
espressivo, e, indirettamente con le altre forme di linguaggio. e'
sulla base di queste distinzioni fondamentali e di una loro ulteriore
articolazione e facendo particolare riferimento alla funzione
precettiva, che l' a. ritiene che le disposizioni di diritto sono
espressioni della stessa solo indirettamente, avuto riguardo allo
scopo per cui vengono emanate. successivamente, per decidere se le
disposizioni giuridiche possono avere una funzione precettiva
diretta, l' a. identifica due tipi di precetto in senso stretto: il
"comando" e il "richiamo ad una norma o precetto morale", e svolgendo
alcune considerazioni, perviene ad una chiarificazione della
nozione-idea di norma: norma e' una nozione-idea nel senso che
consiste nella convinzione socialmente diffusa che certi
comportamenti siano dovuti. esaminato poi il rapporto fra diritto e
morale, sottolineata la definizione di precetto morale come precetto
che fa leva su una norma, l' a. conclude che ci sono disposizioni
giuridiche che sono precetti morali. in definitiva la norma non e' un
espressione linguistica e le disposizioni giuridiche non sono norme
proprio perche' risultano essere espressioni linguistiche.
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