| l' a. commenta una clamorosa sentenza che ha stabilito che per aversi
separazione di fatto, ai sensi dell' art. 3 n. 2 lett. b della legge
sul divorzio, occorre la consensualita' di entrambi i coniugi. tale
decisione secondo l' a. e' dettata da spirito antidivorzista, specie
nei confronti di un coniuge che aveva abbandonato la moglie per
andare a vivere con l' amante, e non tiene conto della ratio della
legge, che, per le situazioni del passato, consiste nel consentire
una generale sanatoria per tutti coloro il cui matrimonio era
definitivamente fallito, ma che, per vari motivi, non avevano chiesto
la separazione, e ricorda che le dottrine e legislazioni piu'
recenti, tra cui l' art. 151 del nuovo testo del codice civile,
subordinano separazione e divorzio non gia' alla colpa del coniuge
contro cui e' fatta la richiesta, o alla consensualita' di questa, ma
alla rottura della comunione di vita fisica e spirituale, cioe' ad
uno stato di fatto. inoltre, osserva l' a., se il legislatore avesse
voluto il requisito della consensualita', avrebbe dovuto affermarlo.
l' esclusione di tale requisito deriva poi dalla constatazione che
esso non e' certo richiesto laddove, come nell' art. 314/2 codice
civile che vieta l' adozione speciale ai coniugi separati, la legge
usa la stessa espressione "separazione di fatto". infine l' a.
ricorda una recente sentenza, cui aderisce, che ha stabilito che la
semplice coabitazione, costituita solo dall' uso materiale della
stessa casa, nel totale disinteresse reciproco, non esclude la
separazione di fatto dei coniugi.
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