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125114
IDG780900735
78.09.00735 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
lamberti alfonso
attivita' sportiva e comunita' europea
Giur. merito, an. 10 (1978), fasc. 4-5, pt. 4, pag. 1009-1024
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
d18302; d18303; d87009; d87023; d8712
l' a., spiegato che la decisione 14 luglio 1976 della corte di giustizia delle comunita' europee ha natura di pronuncia pregiudiziale interpretativa, ad effetti limitati fra le parti in causa e non ha, quindi, come tale, efficacia obbligatoria erga omnes e non vincola la figc in modo diretto e immediato; che la figc, avendo natura pubblicistica, come organo del coni, deve attendere gli indirizzi del coni medesimo nell' esercizio del suo potere regolamentare e disciplinare; che la figc, essendo un organismo associativo pubblico e non una libera associazione sindacale, esercita poteri amministrativi nei confronti delle societa' e dei tesserati, in un rapporto di dipendenza pubblicistica che, ai sensi del trattato cee, esclude l' applicazione delle norme sulla libera circolazione dei lavoratori e la libera prestazione dei servizi; che le societa' di calcio, essendo per loro natura non rivolte a perseguire scopi di lucro, non esplicano "l' attivita' economica" necessaria per essere destinatarie delle norme cee e, di fatto, perseguono guadagni non configurabili come profitti; che i giocatori di calcio svolgono attivita' subordinata di natura professionale solo nei campionati a e b, mentre i giocatori delle serie c e d, essendo per loro natura semiprofessionisti, non rivestono la qualifica necessaria per essere considerati lavoratori subordinati in senso stretto; che il coni, essendo per sua natura un ente pubblico, organizza e potenzia lo "sport nazionale con particolare riferimento al miglioramento fisico e morale dei cittadini", donde si deve escludere il carattere sia privatistico sia economico dell' attivita' svolta dalle federazioni ed, ergo, dalle societa' sportive; che, come ultima e inevitabile conseguenza, 2 ipotesi sono prospettabili e cioe' che lo stato italiano modifichi la sua legislazione ovvero che il principio enunciato dalla corte di giustizia delle comunita' sia errato "in punto di fatto", se applicato dall' italia; conclude il suo ragionamento nel senso che, fino a quando non intervengano le modifiche sopra indicate, la figc non e' obbligata al rispetto della sentenza della corte e puo', invece, continuare a dare applicazione ai suoi regolamenti, escludendo gli stranieri dal tesseramento.
dec. cgce 14 luglio 1976 l. 16 febbraio 1942, n. 26 d.p.r. 2 agosto 1974, n. 507
Ist. dir. penale - Univ. TO



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