| l' a. presenta le tesi principali della scuola storica facente capo a
savigny, nonche' i rapporti con la scuola anti-storica. ma lo scopo
del saggio e' mostrare quanto si contrapponga il pensiero di hegel
alla scuola storica. soprattutto nella prefazione hegeliana sono
contenuti i principi fondamentali della polemica contro savigny e
hugo, polemica orientata soprattutto al dover essere e l'
affermazione, invece, della razionalita' del reale. le posizioni
combattute sono quelle della filosofia dell' intelletto astratto, del
dover essere, e la filosofia dell' immediatezza, del sentimento
soggettivo. come dice l' a., da una parte, quindi, l' estrema
rivoluzione, dall' altra, l' estrema conservazione. da un lato
rousseau, kant e fichte, dall' altro hugo, savigny, haller: cioe', da
un lato l' intelletto astratto e il dover essere, appunto, e dall'
altro, sentimento soggettivo e particolarita' storica. nel mezzo
hegel, che si giustifica col suo superamento dialettico degli
estremi, e si pone come mediatore tra ragione pura e nuda empiria,
scoprendo la razionalita' reale che e' l' idea. hegel critica
giuristi storici come hugo e savigny soprattutto per il fatto che
essi considerano se un precetto giuridico possa essere pienamente
fondato e conseguente; li critica anche perche' parlano di concetti
pur non discutendo di concetti ma solo di determinazioni giuridiche
generali, di principi intellettualistici, di massime, di leggi e
simili. i giuristi, secondo hegel, ricavano un precetto da un altro o
da certe circostanze storiche. alla concezione della scuola storica
del diritto come consuetudine, frutto spontaneo della vita di un
popolo, hegel oppone una stretta definizione del diritto come legge;
in cio' consiste, secondo hegel, la positivita' del diritto: solo la
legge significa determinazione universale e pensiero. su questi
argomenti, e altri come il problema dell' amministrazione della
giustizia, si fondano i motivi di scontro di hegel con la scuola
storica del diritto e con il pensiero romantico conservatore. l' a.
conclude osservando che, in verita', le differenze riscontrabili non
sono tra ragione e irrazionalismo, ma piu' esattamente su concrete
scelte politiche motivate da generali premesse di carattere culturale
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