| l' a. compie un accurato esame della sentenza della corte di
cassazione, in cui sostanzialmente si enuncia che il compenso per il
lavoro straordinario, ove abbia carattere continuativo, assume la
natura di normale componente della retribuzione e, come tale, deve
essere calcolato non soltanto ai fini della quantificazione delle
indennita' di preavviso e di anzianita', ma anche in ogni situazione
in cui sussista il diritto del lavoratore a percepire la retribuzione
medesima, pur in assenza di effettive prestazioni lavorative. l' a.,
dopo aver enumerato le cause della frequente litigiosita' in materia
retributiva, critica la motivazione su cui si fonda la sentenza in
esame, accusando la corte di aver ricavato un principio generale
partendo da un presupposto sbagliato. la corte, infatti, crea un
principio di calcolo generalmente applicabile a tutti i casi di
quantificazione della retribuzione, utilizzando delle ipotesi di
"attribuzioni" di cui la legge disciplina i criteri di computo, senza
considerare che l' eterogeneita' della natura giuridica di quelle
attribuzioni non consente una simile costruzione. piu' precisamente
si osserva che nei casi in cui la legge prevede l' obbligo
retributivo, ma non i criteri di computo o la misura della
attribuzione economica rispetto alla ordinaria retribuzione
periodica, la determinazione della stessa non puo' essere affidata ai
criteri previsti dal contratto collettivo o individuale applicabile
al caso di specie. l' unica tesi della corte che viene condivisa
pienamente e' quella relativa al concetto giuridico di retribuzione,
inteso non piu' come mero corrispettivo della prestazione di lavoro,
ma come generale e generico compenso per il coinvolgimento della
persona umana del lavoratore nell' attivita' lavorativa.
| |