| escluso che il pretore, col provvedimento di cui al secondo comma
dell' art. 825 codice di procedura civile, decida, o concorra a
decidere nel merito la controversia, oggetto del lodo arbitrale e che
da tale erronea premessa possa dedursi, come vorrebbe la cassazione,
la pretesa natura decisoria del provvedimento che neghi invece la
esecutorieta' del lodo, l' a. si pone il problema se la natura
decisoria dell' autonomo provvedimento con cui il pretore (od il
presidente del tribunale, in sede di reclamo ex art. 825 ultimo
comma) dichiara esecutivo il lodo, ovvero ne nega l' esecutorieta',
possa essere dimostrata altrimenti; e se, in specie, il pretore od il
presidente del tribunale siano chiamati a decidere (rispettivamente,
in forma di decreto, o di ordinanza) una controversia, sui
presupposti per l' attribuzione al lodo arbitrale di una efficacia
pari a quella di una sentenza, del tutto distinta dalla controversia
sottoposta alla decisione degli arbitri. la risposta negativa a
questo interrogativo e' confortata, a giudizio dell' a., da tutta una
serie di considerazioni, e, alla mancata espressa disciplina nel
nostro ordinamento, sotto il profilo di una eventuale prescrizione
del diritto controverso, dell' ipotesi di un lodo rimasto inefficace
in seguito al rigetto del reclamo proposto in base all' ultimo comma
dell' art. 825, non si puo' porre rimedio considerando impugnabile
per cassazione l' ordinanza del presidente del tribunale. infatti, il
diritto accertato dagli arbitri, rispetto al quale fosse trascorso,
nelle more del procedimento, il termine di prescrizione, rimarrebbe
ugualmente prescritto, ogniqualvolta la inesistenza dei presupposti,
di cui al secondo comma dell' art. 825, risultasse confermata
attraverso il rigetto del ricorso contro il provvedimento del
presidente.
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