| l' a. annota favorevolmente una decisione della corte suprema nella
quale si afferma che agli effetti del reato di evasione, la custodia
conseguente all' arresto o a cattura non sia attua con la semplice
dichiarazione di arresto rivolta alla persona assoggettata al
provvedimento di coercizione, ma con lo impossessamento fisico di
quest' ultima, sicche' la fuga precedente all' impossessamento, anche
se successiva alla dichiarazione di arresto, non costituisce il reato
di evasione. anzitutto, viene precisato come non si tratti di un c.d.
reato proprio in quanto non si tratta di una qualifica particolare
attribuita ad un soggetto in virtu' di un sua funzione o di altro
status, ma di un accadimento cui consegue la qualifica, la quale
viene quindi a costituire elemento della fattispecie criminosa. l' a.
concorda con la decisione che annota in quanto sottolinea come nella
ipotesi di esecuzione di provvedimento coercitivo del magistrato non
sia sufficiente la sola notificazione in senso lato al destinatario
del provvedimento per creare in costui lo stato di soggezione e di
vincolo personale, mancando oltretutto nel soggetto destinatario il
dovere di assoggettarsi sua sponte al provvedimento. occorre, invece,
che sia assicurata la sua disponibilita' fisica, e che dopo tale
impossessamento, egli si dia alla fuga. ove queste condizioni non
siano verificate, si versera' al piu' in una ipotesi di latitanza,
cioe' nell' ipotesi di colui il quale, pur essendo a conoscenza del
provvedimento coercitivo emesso nei suoi confronti, si dia
volontariamente alla fuga al fine di sottrarsi alla restrizione.
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