| l' a. si intrattiene sul problema della partecipazione che, da piu'
parti auspicata come alternativa al decadimento delle istituzioni
tradizionali, sembra attraversare un momento di notevole crisi mentre
i nuovi istituti partecipativi, come ad esempio gli organi collegiali
delle scuole, sono sottoposti a crescenti critiche. l' a. si domanda
se in una societa' che "strutturalmente" nega la partecipazione
questa possa rappresentare una seria ipotesi di lavoro. infatti le
scelte politiche sembrano essere privilegio di una elite che,
attraverso i partiti politici e le istituzioni pubbliche, appare
rivolta ad invadere il civile e le aree del privato sopravvissute
all' avvento dello stato assistenziale. d' altra parte i destinatari
del processo di partecipazione sembrano indifferenti nei confronti
della gestione della societa' preferendo barattare quote di liberta'
con servizi o sicurezza di redditi. secondo l' a. occorre battere le
degenerazioni dello stato assistenziale per rivendicare, attraverso
la partecipazione, il primato del civile. perche' cio' sia possibile
occorre che alla partecipazione corrisponda un quantum di concreta
decisionalita', cioe' un "potere"; che la partecipazione non
significhi fuga in avanti; che la partecipazione significhi gestione,
capacita', cioe', di recuperare un senso di appartenenza verso l'
oggetto della partecipazione stessa; infine che nel rapporto col
sistema la partecipazione si proietti nel secondo per animarlo e non
risolversi in un conflitto tra "civile" e "politico".
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