| l' a., nell' evidenziare come il termine 'terrorismo' nella storia
del dopoguerra italiano stia ad indicare un complesso di fenomeni
eterogenei non riconducibili ad unitarieta', ritiene piu' corretto
definire la realta' culminata con l' assassinio di aldo moro con il
concetto di 'criminalita' politica' (intesa come ipotesi, progetto
politico di opposizione rivoluzionaria allo stato, passante
attraverso il ricorso alla illegalita'). in questo concetto -che
conosce al suo interno una vasta gamma di articolazioni- si puo'
inserire l' esperienza del movimento operaio e della sinistra dal
momento che prassi illegali, creazioni di contropoteri in fabbrica,
ricorso alla violenza, sono rintracciabili nel contesto di tante
lotte operaie e sociali degli ultimi 30 anni. senonche' gli istituti
della democrazia politica, le garanzie in questi conflitti non sono
stati messi in discussione, al contrario il loro massimo utilizzo
permette di rivendicare la legittimita' sostanziale dei comportamenti
vietati. a questa ricchezza di contenuti si contrappone la lotta
armata, clandestina, priva di appoggi di massa, impegnata in uno
scontro diretto (quasi feticistico) contro lo stato. peraltro, pur
cosi' diverse le espressioni di illegalita' politica sopra indicata,
esse attualmente, con la fine dell' opposizione parlamentare di
sinistra e l' avvio della 'grande coalizione, rischiano di essere
assimilate e confuse in un crescente processo di liquidazione di ogni
opposizione sociale.
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