| l' a. in primo luogo esamina la sistemazione tradizionale data dalla
dottrina tedesca ai rapporti contrattuali di fatto. secondo tale
dottrina i rapporti di fatto si riconducono a tre categorie: rapporti
derivanti da contatto sociale, rapporti derivanti da inserzione in
una organizzazione comunitaria, rapporti derivanti da un obbligo
sociale. l' a. critica questa sistemazione tradizionale e contrappone
alla tripartizione della dottrina tedesca una bipartizione. secondo
l' a., ex artt. 2126 e 2332 del c.c., il rapporto (di lavoro o di
societa') non sempre trova la sua fonte in un contratto; e' quindi
necessario studiare il rapporto indipendentemente dall' atto. la
singolarita' dell' art. 2126 sta nel fatto che la norma produce,
attraverso l' esecuzione, gli effetti finali corrispondenti alla
funzione tipica del contratto, per cui le parti hanno la possibilita'
di realizzare attraverso le nuove situazioni giuridiche lo scopo
pratico perseguito, senza che si sia prodotto l' effetto negoziale.
l' a. sostiene pero' che il discorso sui rapporti di fatto non puo'
esaurirsi nel contratto di lavoro invalido e nella societa' di fatto,
come la dottrina tradizionale afferma, poiche' la grande rilevanza
dei rapporti di fatto sta in tutti quei casi, non espressamente
considerati dalla legge, in cui un rapporto giuridico viene creato e
produce effetti contrattuali anche senza che sia intervenuto un
contratto. numerosi sono i casi in cui si ha contratto senza accordo
e quindi si crea un contratto al di fuori delle ipotesi che ad esso
vengono tradizionalmente assegnate. pertanto, conclude l' a., l'
intera concezione del negozio giuridico deve impegnarsi sul criterio
oggettivo.
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