| la giurisprudenza e' concorde nel ritenere che i presupposti per l'
applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall' art. 13 della
legge n. 765 del 1967 siano l' abusivita' della costruzione, per
essere stata eseguita senza licenza o in contrasto con essa, e l'
impossibilita' di procedere alla riduzione in pristino o alla
demolizione. da notare che la valutazione dell' impossibilita' della
demolizione non puo' prescindere dall' interesse pubblico all'
abbattimento. il problema dell' applicabilita' della sanzione
pecuniaria alle costruzioni abusive preesistenti all' entrata in
vigore della legge n. 765 del 1967 e' stato risolto in senso positivo
dal consiglio di stato, dopo un mutamento di indirizzo. i
provvedimenti repressivi di illeciti edilizi possono essere rivolti
non solo al proprietario dell' area, ma anche ad ogni altro soggetto
che, in varie vesti, abbia preso parte al compimento dell' opera. la
sanzione pecuniaria deve essere rigorosamente motivata, e deve avere
un importo tale da rappresentare, per il privato, l' equivalente
economico della demolizione dell' immobile. tale sanzione, che non ha
natura penale ma amministrativa, non equivale ad una sanatoria, non
elimina cioe' il carattere illegittimo della costruzione. la legge
urbanistica non stabilisce, in materia, alcuna specifica procedura;
in giurisprudenza e' ammesso che i comuni possano avvalersi della
procedura ingiuntiva prevista dal testo unico per la riscossione
delle entrate patrimoniali dello stato e degli enti pubblici. sia i
giudici ordinari che quelli amministrativi hanno sempre ritenuto
manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell' art.
13 della legge n. 765 del 1967. la rassegna si conclude esaminando il
problema della giurisdizione sulle controversie relative alla
sanzione pecuniaria, argomento che ha dato luogo in giurisprudenza a
pronunce discordanti.
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