| l' a. compie un' analisi delle posizioni giurisprudenziali e
dottrinali sul fenomeno dell' incapacita' transitoria a testare. a
questo proposito, l' interpretazione data all' art. 591, n. 3 codice
civile dalla giurisprudenza, e' piu' ampia rispetto a quella della
dottrina. si ritiene, infatti, che si abbia incapacita' transitoria a
testare quando si verifica nel testatore un' infermita' od un' altra
causa che alteri il suo normale processo intellettivo o volitivo,
tale da impedirgli anche soltanto una seria valutazione dell' atto
che sta compiendo. la dottrina, invece, sostiene che, essendo la
capacita' di testare un aspetto della capacita' di agire, non
qualsiasi alterazione esclude la suddetta capacita', ma solo quella
di un tale grado di intensita' da privare totalmente il soggetto al
momento di disporre per testamento della facolta' di concepire ed
esprimere la propria volonta'. non solo, mentre la giurisprudenza
ritiene che la prova dell' incapacita' transitoria a testare possa
trarsi sulla base di una presunzione, cioe' valutando le condizioni
mentali anteriori e posteriori al momento in cui fu redatto
testamento, la dottrina e' dell' opinione, quasi unanime, che la
suddetta prova debba essere fornita soltanto con riferimento al
momento di formazione dell' atto successorio. infine, circa il
problema se gli stati passionali costituiscano o meno causa di
incapacita' la giurisprudenza ed una parte della dottrina rispondono
positivamente, ove tali stati producono nel testatore un disordine
psichico talmente intenso da privarlo della capacita' di intendere o
volere.
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