| secondo l' a. l' estensione del rito del lavoro ai rapporti di
collaborazione non subordinata, prevista dall' art. 409 n. 3 del
codice di procedura civile, muove dal presupposto di una sostanziale
assimilazione di tali rapporti al rapporto di lavoro subordinato. l'
a. ritiene che la norma in questione imponga una considerazione
unitaria dei rapporti in essa citati, cosicche' i requisiti della
continuativita', della coordinazione e dell' apporto prevalentemente
personale, richiesti esplicitamente per gli "altri rapporti di
collaborazione" debbono intendersi riferiti anche ai contratti di
agenzia e di rappresentanza commerciale. dopo aver notato che al rito
del lavoro sono assoggettati anche rapporti di collaborazione
instaurati con soggetti non imprenditori, l' a. esamina i tre
requisiti richiesti dall' art. 409 per l' applicazione di tale rito.
analizzando il primo, cioe' il carattere prevalentemente personale
della prestazione d' opera, l' a. osserva che l' apporto del
prestatore di lavoro autonomo e' prevalentemente personale quando l'
attivita' lavorativa e' ad esso riferibile; nel senso che costui,
anche se non direttamente, ne sia l' artefice. constatando poi che la
nozione di prevalenza richiamata dall' art. 409 e' parzialmente
diversa da quella rilevante ex art. 2083 codice civile per la nozione
di piccolo imprenditore, l' a. asserisce che l' area coperta dal rito
del lavoro non si estende certamente quanto l' area coperta dalla
nozione di piccolo imprenditore. il secondo requisito, molto
controverso, e' quello della continuita'. l' a. ritiene che
continuita' significhi protrazione dell' attivita' in un tempo
sufficientemente lungo, anche se trattasi di prestazioni non piu'
destinate a ripetersi. infine, la coordinazione, ultimo dei requisiti
in esame, richiede, secondo l' a., che la prestazione dell' attivita'
lavorativa sia finalizzata alla realizzazione dello scopo del
creditore di lavoro.
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