| l' a. premette una analisi del meccanismo di composizione dinamica
dei rapporti di forza fra capitale e lavoro, rilevando che la
crescita del potere sindacale non deve trasmodare sino a provocare l'
eliminazione dell' impresa come colonna portante del sistema
produttivo. l' a. pone in evidenza l' attuale situazione di profonda
crisi del capitalismo industriale, in cui impresa e sindacato
appaiono come elementi antagonisti: se prevale la forza padronale
essa tendera' a ridurre i salari per uscire dalla crisi, salvando l'
impresa, ma creando disoccupazione; se prevale la parte sindacale,
secondo l' esperienza fatta dal 1969 in poi, essa tende a
salvaguardare il livello dell' occupazione e la quota dei salari, ma
mette in crisi l' impresa come istituzione. l' a. accenna pure all'
intervento statale come correttivo del capitalismo: la distribuzione
da parte delle imprese di redditi non prodotti ha creato un vuoto
inflazionistico e l' illusione di una societa' opulenta. l' a. si
chiede quindi se la partecipazione intesa come partecipazione all'
esercizio e non come partecipazione agli utili, perche' utili non ci
sono da ripartire ma perdite, sia una soluzione. a suo parere essa
rappresenta una speranza in quanto apre la via alla comprensione
reciproca dei partecipanti al processo produttivo; precondizione e'
pero' che vi sia un' intesa sulle funzioni dei vari attori: l'
obiettivo e' quello di eliminare le origini della rincorsa
salari-prezzi; si deve riaffermare il principio che l' impresa non
puo' sfuggire alla sanzione del fallimento o della chiusura quando
perde il suo capitale; deve stabilirsi effettiva solidarieta' fra le
parti sociali; inoltre, per le imprese a partecipazione statale, ove
non vi e' un imprenditore cui bisogna riconoscere il profitto, puo'
sperimentarsi la via del risanamento mediante l' autogestione.
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